Casale Monferrato, 16 dicembre 2011 – Un male comune.

 

Esco di casa alle 20.50. Comincio a camminare e mi ritrovo fra i tanti corpi in movimento avvolti in bandiere italiane con sopra scritto “ETERNIT: GIUSTIZIA”.

L’appuntamento è alle 21.00 sotto al Municipio. Quando arrivo è appena iniziato l’ingresso. Mi affretto e mi infilo nel movimento. Ci sono circa 400 persone. Le scale sono già tutte occupate e la testa del gruppo affaccia sulla sala consigliare.

 

Il Consiglio Comunale si svolge a porte aperte, non è aperto alla popolazione casalese ma moltissime sono le persone che vi si sono recate per esprimere il proprio dissenso e la grande preoccupazione. Verte sull’ipotesi di accettare un accordo con lo svizzero Stephan Schmidheiny imputato con il belga Louis de Cartier De Marchienne, in un processo iniziato due anni fa a Torino, come autore della strage dell’Eternit, strage che conta solo a Casale, 1800 vittime. La sentenza del processo è prevista per il 13 febbraio, Schmidheiny e Jean Louis De Cartier, sono imputati di disastro ambientale doloso e rimozione volontaria di misure di sicurezza provocanti circa tremila morti fra Casale, Cavagnolo, Rubiera e Bagnoli, dove l’Eternit Spa aveva le sue sedi. I pm Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli hanno chiesto per loro una condanna a venti anni. Le persone fisiche che si sono costituite parti civili sono 736 a cui si aggiungono 29 enti e organizzazioni, fra cui il Comune di Casale, che fino a ieri ne rappresentava la parte più forte.

Dalla proposta di accordo si legge “18.300.000 a condizione che il Comune proceda alla revoca della costituzione di parte civile nel procedimento penale in essere e alla rinuncia ad ogni altro diritto e/o azione anche riguardo ad eventuali ulteriori procedimenti”.

Solo lo scorso giugno il Comune di Cavagnolo (To) ha accettato una uguale proposta di Schmidheiny in cambio di 2.000.000 di euro e proprio in quell’occasione l’amministrazione pubblica di Casale aveva dichiarato che mai avrebbe accettato simili compromessi.

 

Il Consiglio sta per iniziare quando parte l’urlo collettivo “Vergogna!”, seguito da “Venduti! Complici!” indirizzato ai consiglieri di maggioranza favorevoli.

Infatti siamo tutti qui perché la posizione del Comune corrisponde alla volontà di accettare la proposta portando come ragioni l’ininfluenza sulla vertenza penale, la disponibilità di risorse certe e immediate per ricerca, bonifiche e sviluppo della città. I consiglieri della minoranza condividono la posizione contraria e il sentimento di indignazione davanti alla scelta dalla maggioranza, mettendone in luce anche l’assenza di congruità: l’assenza cioè di stime reali che valutino la congruità della proposta rispetto al danno subito dalla città. Stime richieste in questi mesi dalla minoranza e mai arrivate. Le sole stime depositate infatti sono state eseguite diversi anni fa dal Comune in procinto di costituirsi nel processo come parte civile.

 

La questione è complessa e si pone su diversi livelli.

La prima porta di accesso alla questione è il punto di vista etico, morale.

Vista da qui la percezione è che l’amministrazione comunale stia lasciando soli, nella battaglia legale così come dal punto di vista simbolico ma soprattutto umano, i famigliari delle vittime; di fatto la città, accettando la proposta, si ritira dalla lotta.

Ma va detto che questa non è la posizione della città. A scegliere questa via non è la città ma il Sindaco Giorgio Demezzi, assieme alla Giunta Comunale.

La città infatti è fatta prima di tutto dai cittadini, ed in moltissimi ieri sera abbiamo chiaramente espresso, a gran voce, che in questa politica non ci riconosciamo e che questo Sindaco non rappresenta più tutta la città, ma solo quella parte che ritiene che i soldi possano comprare qualsiasi cosa. Perché di questo si tratta, di essere comprati, di sostituire al valore sociale, umano e culturale il valore economico. Di capitalizzare una tragedia. Non si tratta di una trattativa ma di un ricatto, di una offerta senza possibilità di confronto: prendere o lasciare.

Inoltre è questa una decisione tardiva. Che arriva, a fronte di anni e anni di lotta, in prossimità della sentenza, prevista per il 13 febbraio, e che determina l’uscita dal processo in un momento decisivo. Quando il Comune, nel 2007, si costituì come parte civile del processo non lo fece per i soldi. Si legge dagli atti che le motivazioni principali erano chiedere giustizia a nome di tutti i cittadini che non hanno voce e reagire al danno ambientale causato dall’Eternit in quanto anche questo patrimonio è stato sottratto ai cittadini. E’ stata la cittadinanza attiva a determinare il processo, processo da cui Sindaco e Giunta con questo gesto di dissociano. I termini con cui ci si riferisce a Schmidheiny poi non sono quelli propri di un processo: si sente la parola filantropo infinite volte mentre imputato o criminale praticamente mai.

Viene da chiedersi quali siamo i valori in cui oggi ci riconosciamo socialmente e culturalmente. Quali sono i valori che vengono promossi politicamente? Forse è questo il risultato più grave della politica che abbiamo vissuto negli ultimi vent’anni: il credere che tutto abbia un prezzo, che con i soldi si possa comprare qualsiasi cosa. Crediamo per ogni cosa possa esserci un indennizzo, come se non ci fosse una responsabilità civile, come se non avessimo una coscienza morale.

 

Dal punto di vista politico e amministrativo poi questo è un gravissimo errore.

La città compie una rinuncia totale rispetto al futuro e dà un segnale di incoerenza rispetto al percorso fatto fino ad ora, spezza il patto di allineamento con le associazioni dei famigliari delle vittime e tutte le altre parti che si sono costituite civilmente. A livello globale inoltre, rinnegando quei valori di cui si è fatta portatrice in questi anni e perdendo l’autorevolezza in materia, si sottrae allo status di città simbolo nel mondo della lotta all’amianto – sono giunti nei giorni scorsi appelli a non lasciare la vertenza giudiziaria da Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Australia-. Status significativo per il mondo intero, poiché forse pochi sanno che attualmente, nel 2011, sono ancora molti i posti nel mondo dove si produce e commercializza l’amianto ed i pericoli mortali, certificati dalla metà del Novecento, sono taciuti. Fra tutti il Canada, che con il 22% della produzione totale d’amianto è oggi il secondo maggior produttore di crisotilo nel mondo – dopo la Russia -, e leader mondiale nell’esportazione. Le miniere canadesi sono pressoché tutte situate in Quebec, dove vengono prodotte circa 500.000 tonnellate di amianto annue che vengono ovviamente destinate ai paesi del terzo mondo. Rinunciamo quindi a essere capofila di una battaglia che presto coinvolgerà il mondo intero vincolandoci all’impossibilità di prendere parte a qualsiasi sviluppo futuro del processo in causa. Ma anche, cosa non da poco, creando il precedente per ulteriori ricatti in qualsivoglia processo, delegittimando la possibilità del Comune di Casale Monferrato di costituirvisi come parte civile.

 

L’ultimo livello è quello economico.

Sindaco e giunta parlano di questi 18.300.000 euro come di un’occasione per contribuire alle spese nella ricerca e nella bonifica.

Anche limitandosi a valutare il livello economico della cosa ci si sente presi in giro.

18.300.000 a cosa potrebbero bastare nei fatti?

Soprattutto considerando che per bonificare il tetto del solo ospedale S. Spirito ne sono stati spesi 10.000.000 e che per iniziare la ricerca ne sarebbero necessari più di dieci volte la cifra in discussione. Dato questo che viene avvallato anche da interventi della maggioranza in sede di Consiglio Comunale, in cui si specifica che questi soldi saranno utilizzati per impostare – non per avviare – la ricerca. Stiamo parlando di una cifra irrisoria, noccioline, soprattutto se paragonata al patrimonio personale del miliardario svizzero, che si aggira sui 2,23 miliardi di euro. Inoltre la procura sta attualmente indagando i manager delle Eternit Spa con l’accusa di omicidio colposo e i risarcimenti totali richiesti nel processo dovrebbero salire a 5 miliardi di euro. Casale, accettando la proposta, potrà ancora ottenere compensazioni da Louis de Cartier De Marchienne, ma non da Schmidheiny che con questa mossa si tutela da ulteriori rivalse.

 

Stupisce poi sentire in più interventi della maggioranza la parola “bene comune” riferita ai soldi ed alle possibilità che, a detta loro, questi aprono. Stupisce e insinua il dubbio che non conoscano affatto il significato dei termini con cui si esprimono. Il “bene comune” infatti non è un concetto astratto, ma una nozione che emerge in una specifica contingenza spazio-temporale, quando una comunità a cui è stato sottratto un bene condiviso lotta per riappropriarsene, esulando dalla dicotomia proprietà pubblica- proprietà privata (dove pubblico è inteso come statale). Non serve aver fatto studi politici per capire che stando così le cose non è un concetto applicabile ai soldi.

La sensazione è piuttosto che i casalesi stiano facendo da anni i conti con un “male comune” e che tutto questo sia un’affronto alla lotta in corso.

 

Sulle scale le persone comunicano, si raccontano quello che sta succedendo in Consiglio, si confrontano e fanno informazione sui punti toccati nei vari interventi e sulla storia dell’intera faccenda Eternit.

Qualcuno dice “Questa notte dovremmo occupare il comune”, qualcun’altro risponde “Fai prima a comprartelo, l’hanno già messo in vendita, costa solo 18.000.000 di euro.”

Il Consiglio si è svolto in maniera molto difficoltosa. Tanta era la voce dei cittadini presenti per manifestare il dissenso, lo sdegno e anche la rabbia che è stato sospeso dal Presidente del Consiglio Comunale Grazia Bocca quattro volte. Sono passate quasi sei ore quando si avvicina alla sua conclusione e solo allora viene concesso a Romana Blasotti Pavesi, Presidente dell’Associazione familiari vittime dell’amianto, di fare un’intervento: un’ultima disperata richiesta di sostegno, un ultimo tentativo di risveglio delle coscienze e anche di denuncia delle modalità con cui l’intera faccenda è stata politicamente gestita, sottolineando come, lei stessa, sia venuta a sapere di questa trattativa fra Comune e imputato solo il 7 novembre 2011 dalla carta stampata. Il suo intervento resta inascoltato. Vengono espresse le votazioni, la maggioranza (Pdl, Lega e liste civiche di centrodestra) ha deciso di accettare, mentre l’opposizione, dalla sinistra al centro, no: la proposta passa con 19 voti favorevoli, 11 contrari e 0 astenuti.

 

Usciamo alle 3.30. Siamo rimasti in quaranta circa e salutiamo consiglieri e giunta manifestando ancora una volta dissenso, il Sindaco non esce. C’è amarezza. Soprattutto perché abbiamo la sensazione che quella che è una questione umana, etica e morale, sia stata affrontata come una questione politica, fatta di posizioni sovradeterminate e di partiti.

Sembra anche che questo sia un punto di non ritorno, chela bandiera recante la parola “GIUSTIZIA” andrebbe oggi sostituita con “VERGOGNA”, che la città abbia vissuto uno strappo che non potrà essere ricucito. Dalle posizioni prese ieri sera nessuno potrà più tirarsi indietro, e tutti saremo chiamati a risponderne come persone, Sindaco e Giunta compresi.

 

Una signora ha detto che “Casale Monferrato oggi non è più una città martire, è una città umiliata”. Io userei un’altra parola che in questi mesi sta circolando sulle labbra di tutti i cittadini del mondo, direi che oggi Casale è una città sempre più indignata. Quello che è successo ieri ha segnato la differenza. Una partecipazione così da parte di tanti cittadini non si era mai vista, una partecipazione che travalica generazioni e posizioni politiche, dove non c’è strumentalizzazione, non ci sono gerarchie, non ci sono ideologie. Non abbiamo bisogno di essere convinti, di comizi e dibattiti, sappiamo già che eravamo lì ieri sera tutti assieme e per la stessa ragione. Sappiamo che in quanto uomini, donne, cittadini e cittadine di Casale Monferrato condividiamo posizioni e contenuti e non ci fermeremo. Questo è un nuovo inizio.

 

 


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