Emergenza Sgomberi a Milano: azioni e reazioni

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A proposito della situazione delle case popolari a Milano e degli sgomberi di questi giorni, riceviamo e volentieri pubblichiamo  da un operatore sociale questo pezzo, che la redazione di Milano in Movimento trova molto condivisibile. E’ un po’ lungo e la lettura richiede qualche minuto in più di quanto siamo abituati a dedicarne a un pezzo di cronaca, un tempo che crediamo vada speso perché la gravità e la complessità della situazione esigono che la necessaria radicalità delle lotte si accompagni all’approfondimento e alla riflessione.

I 200 sgomberi promessi alla fine non sono arrivati: Regione e Prefettura sono state costrette a ritrattare frettolosamente quello che nelle settimane passate è stato il tormentone mediatico e ha alimentato il dibattito politico non solo a Milano. Per quanto riguarda la Prefettura, da un lato l’impressione è che si sia resa conto dell’impossibilità di perseguire l’obiettivo dichiarato per una questione di mero ordine pubblico e dall’altro che abbia toccato con mano il fatto che la questione delle occupazioni è la diretta conseguenza della totale assenza e inefficienza di Regione e Comune sulle politiche abitative complessive.

Non è certo un caso che proprio dalla Prefettura venga ripreso il dato aggiornato sul numero di alloggi sfitti, che sarebbero oggi 9.754, come a suggerire agli altri interlocutori istituzionali che non sarà un’operazione militare su larga scala a risolvere i problemi causati da anni di totale mancanza o insufficienza degli interventi di Regione e Comune in merito a riqualificazione dei quartieri, ristrutturazione dello sfitto, offerta abitativa, graduazione dei provvedimenti di esecuzione degli sfratti e interventi a lungo termine sulla questione delle occupazioni.
Certo è particolarmente avvilente e quantomeno paradossale trovarsi nella situazione in cui sia il Prefetto a far presente a opinione pubblica e interlocutori istituzionali che il problema delle occupazioni è un problema sociale e non esclusivamente di ordine pubblico.

Nonostante le dichiarazioni di intenti sugli sgomberi mirati e chirurgici da effettuare solo in casi di flagranza e ordine pubblico è di ieri (24/11 ndr) la notizia diffusa dall’Unione Inquilini dello sgombero di una famiglia in stato di forte necessità, seguita dai servizi sociali e che con ogni probabilità aveva anche presentato una richiesta di regolarizzazione: la dimostrazione che sgomberare senza attivare meccanismi di valutazione delle condizioni dei nuclei occupanti caso per caso non solo è profondamente ingiusto, ma costringe il comune a farsi carico, anche economicamente, della collocazione di nuclei familiari che hanno già una casa e che vivono condizioni tali di emergenza da poter regolarizzare la loro posizione già in base agli accordi sindacali e alla normativa vigente.
Nel frattempo, in ogni caso, gli sgomberi manu militari stanno avvenendo. Per il momento sembra di assistere alle prove generali di un’operazione che, nonostante le dichiarazioni di questi giorni, potrebbe partire in maniera massiccia da un giorno all’altro. La versione ufficiale è che si stia procedendo solo con gli sgomberi programmati da tempo e che le operazioni di questi giorni nulla abbiano a che fare con i proclami folli dell’assessore Bulbarelli. In realtà, chi nei quartieri ci vive davvero sa che sono anni che non si interveniva in maniera così violenta e sistematica: ogni giorno arrivano notizie di famiglie sgomberate, e se la tensione mediatica si è un po’ allentata, nelle strade di Milano c’è la guerra praticamente ogni giorno.
Nonostante gli sgomberi avvengano ormai quotidianamente, l’operazione della Prefettura è iniziata bene, con una battuta d’arresto, una bella prova di resistenza che ha visto il quartiere del Giambellino rispondere unito – con inquilini, occupanti e militanti tutti insieme – a quello che poteva essere il primo degli ormai famosi 200 sgomberi e che invece è stato bloccato grazie alla solidarietà di tutto il quartiere. Nonostante questo successo iniziale gli sgomberi sono proseguiti e la strategia sembra essere quella di attaccare le famiglie insediate da poco tempo, occupazioni “meno difendibili”, magari poco radicate nei quartieri e quindi con meno possibilità di essere difese come è invece stata difesa egregiamente quella del Giambellino.

Il 12/11 hanno sgomberato due famiglie in via degli Etruschi, rumeni, secondo quanto riferito dagli inquilini dello stesso stabile, nessuna resistenza, niente solidarietà dagli inquilini regolari alcuni dei quali, uscendo di casa per andare al lavoro si complimentavano con la Polizia per le case liberate “che così poi almeno le danno agli Italiani”. Brutte scene che, come dimostra la resistenza di via Lorenteggio, non rappresentano la realtà di tutti i quartieri, ma sono sicuramente segnali del fatto che una frattura fra occupanti e regolari esiste e in questo momento è il peggior nemico di tutti quelli che credono che questi sgomberi si possano contrastare per davvero.

Non è possibile pensare che a ogni sgombero ci sia una resistenza organizzata, soprattutto se i numeri saranno quelli finora millantati dalle istituzioni: senza il sostegno di chi nei palazzi popolari ci vive non si va da nessuna parte ed è di sicuro solo un caso che a pochi passi da via degli Etruschi, il giorno prima dello sgombero, un gruppo di persone abbia sanzionato una sede del PD in cui era in corso un’assemblea del Sunia, il sindacato inquilini della Cgil. I motivi del blitz, anche se non dichiarati e rivendicati esplicitamente, sono facilmente immaginabili: il Pd ha da sempre posizioni indifendibili su occupazioni e vendita del patrimonio immobiliare pubblico e il Sunia, allineato grossomodo sulle stesse posizioni, ha la grande responsabilità di aver girato troppe volte la testa dall’altra parte di fronte alle evidenti colpe di una Giunta comunale che in quanto amica non può mai essere attaccata direttamente. Quello di cui (forse) non si sono resi conto i partecipanti all’azione dell’ 11/11 è che il Sunia ha circa 20mila iscritti a Milano, quasi tutti inquilini delle case popolari, e un’azione come quella dell’altro giorno non può avere altro effetto che spaventare e indignare chi, magari solo per abitudine, nel sindacato trova ancora oggi uno strumento di rappresentanza. Se il Sunia e il PD possono essere considerati nemici da contrastare, con i loro iscritti bisogna trovare il modo di conviverci, anche partecipando alle assemblee, entrando nei comitati e magari ricordandogli che 20 anni fa gli occupanti e gli immigrati erano loro e che questa è una battaglia da combattere tutti insieme. Le posizioni di chi avvalla più o meno esplicitamente questa campagna di sgomberi e l’assenza di politiche abitative devono essere attaccate nel merito perché è nel merito che Pd e Sunia hanno torto. Invece un’azione come quella dell’altro giorno non può essere rivendicata pubblicamente, non può essere spiegata agli abitanti del quartiere o quantomeno non è stata spiegata e ha l’unico risultato di alzare la tensione in un quartiere in cui pochi mesi fa gli inquilini regolari scendevano in piazza contro alcune recenti occupazioni da parte di nuclei familiari, guarda caso, rumeni. Benzina sul fuoco insomma, e pur accettando la teoria per cui alzare la tensione sia funzionale a sollevare i quartieri popolari, non è spaventando a morte quattro vecchietti che si alza il livello dello scontro nei confronti di Regione, Comune, Prefettura e relativi bracci armati. La risposta, poco originale ma facilmente prevedibile, è stata la militarizzazione del quartiere: chi evidentemente rappresentava un elemento di conflitto e resistenza alle operazioni di polizia è stato sgomberato e proprio in quei giorni la città, tutta, ha subito una ferita che sarà difficile da rimarginare. Quanto detto sopra, ovviamente, non vuole essere un’accusa a chi in questi giorni è in prima linea nel fronteggiare gli sgomberi, ma un invito a riflettere sull’opportunità di esporsi così tanto per attaccare fisicamente chi rappresenta il fallimento della politica abitativa di questa città convinto che, così facendo, si forniscano alibi e argomentazioni a chi non ne ha, a chi deve essere smascherato pubblicamente e obbligato a prendersi le proprie responsabilità di fronte a tutta la città.
Nonostante i polveroni, nonostante inquilini e militanti siano impegnati ogni giorno a fronteggiare la Polizia nelle strade, nonostante i drammi delle famiglie sgomberate e di chi ha perso ben più di un tetto sopra alla testa, visto che non siamo allodole, è necessario guardare oltre lo specchietto, perché nascosti dietro al sensazionalismo e alle commissioni antimafia si celano le vere cause dell’emergenza abitativa e i numeri, oggi più che mai, ci danno l’idea di quali siano le dimensioni del problema, oltre che suggerirci qualche precisa responsabilità politica.

Per fare un po’ di chiarezza a proposito è sufficiente riportare uno stralcio della nota consegnata dai sindacati inquilini (Sicet, Unione Inquilini, Conia, Uniat e Sunia) alla commissione antimafia nell’audizione straordinaria avvenuta a Milano il 24/11: “Ci sembra opportuno anche in questa sede evidenziare alcuni elementi che caratterizzano l’emergenza abitativa nel contesto milanese.
Alcuni di questi dati, soprattutto quelli sulla consistenza del patrimonio pubblico sono conosciuti ed emergono anche dalla premessa contenuta nel Piano Operativo sulle occupazioni abusive firmato in Prefettura lo scorso 18 Novembre.
Riteniamo opportuno riprenderli per potere svolgere alcuni confronti sull’andamento della disponibilità dell’offerta nel corso di questi anni. […] Gli ultimi dati indicano un patrimonio alloggiativo complessivo di ERP di 89.946 e di questo 61.134 di ALER Milano e 28.362 del Comune.
Su questo patrimonio gli alloggi sfitti alla data odierna sono 9.754 (cioè il 10,8% del totale); al 31/12/2013 gli alloggi sfitti risultavano essere 8.076 come si evince dai bilanci ALER.
Non è del tutto fondata l’affermazione che tutti gli alloggi sfitti non abbiano caratteristiche di abitabilità, poiché all’interno dei quartieri persistono alloggi, Aler e comunali, che potrebbero essere assegnati immediatamente, ma che vengono sottratti all’offerta per le operazioni di mobilità interna, in relazione a progetti interminabili di riqualificazione.
I 1.300 alloggi indicati come in fase di ristrutturazione hanno ampiamente superato i tempi di ogni cronoprogramma preventivamente indicato.
Alla data del 31/10/2014 gli alloggi assegnati sono stati complessivamente 717 (341 Aler e 376 Comune), alla stessa data del 2013 gli alloggi assegnati furono 1.040 (501 Aler e 539 Comune).
Nell’anno 2012 gli alloggi assegnati sono stati complessivamente 1.495 mentre nell’anno 2013 sono stati complessivamente 1.177.
L’andamento delle assegnazioni alle famiglie in graduatoria o in emergenza porta un segno decisamente negativo, mentre di converso aumentano in modo decisamente preoccupante gli alloggi tenuti sfitti. […] Sono oltre 23mila le famiglie in graduatoria di bando per l’assegnazione di una casa popolare e ogni semestre vengono presentate circa 2.300-2.500 nuove domande.
Gli sfratti in corso nel Comune di Milano con richiesta di concessione della forza pubblica sono quasi 14mila, la grandissima maggioranza per morosità incolpevole delle famiglie.
Alla data attuale, nel Comune di Milano, non è ancora operativo alcun sistema di graduazione della concessione della forza pubblica, ai sensi di quanto previsto dalla D.L 102/2013 convertito con Legge 124/2013, nonché dal conseguente Decreto Ministeriale 14 Maggio 2014 attuativo della norma.
In questo momento a Milano sono almeno 240 le famiglie con sfratto eseguito con forza pubblica, in possesso di assegnazione sulla carta ma prive dell’offerta di una casa popolare. Non succedeva da almeno 30 anni.
Al 31/10/2014 i nuclei in attesa di offerta di una casa popolare, dopo tutte le procedure di verifica, sono 569 di cui 188 con assegnazione da bando e 381 con assegnazione in emergenza.
Dei 717 alloggi assegnati al 31/10/2014, al bando ne sono andati 400, alle deroghe in emergenza 237 e ai cambi in emergenza 80. […] Gli ultimi dati contenuti nel Piano Operativo firmato dalle diverse Istituzioni in Prefettura, indicano in 4.016 gli alloggi attualmente occupati senza titolo (4,4% sul totale) nel patrimonio pubblico di Aler e Comune di Milano.

Di seguito evidenziamo l’andamento del fenomeno delle occupazioni negli ultimi anni

anno Aler Comune totale
2009 2167 1199 3366
2010 1918 1106 2024
2011 1823 1131 2954
2012 1789 1174 2963
2013 2217 1315 3532

Come risulta evidente, i numeri sopra citati rendono chiaro il peggioramento graduale dell’intervento di Comune e Regione rispetto all’offerta abitativa, seppur insufficiente, degli anni passati e tornando alla più specifica questione degli occupanti, tale peggioramento risulta ancora più inaccettabile se consideriamo l’accordo sindacale siglato dalle rappresentanze degli inquilini e dal Comune di Milano nell’Ottobre 2012, in applicazione di una specifica norma regionale (art. 34/comma 8 l.r 27/2009) che stabilisce possibilità e modalità di regolarizzazione per quei nuclei occupanti ritenuti in stato di necessità. Pur trattandosi di una accordo imperfetto, che non risolve ad esempio la questione delle occupazioni più recenti, si tratta dell’unico strumento attraverso cui è possibile da domani iniziare a valutare la situazione delle circa 3mila famiglie che hanno già presentato domanda di regolarizzazione. Il Comune di Milano, in particolare, dovrà rispondere a tutte queste richieste o dovrà rendere conto della mancata applicazione dell’accordo. L’invito a tutti gli occupanti è di presentare richiesta di regolarizzazione, anche laddove non dovessero avere tutti i requisiti previsti dall’accordo, presso gli sportelli del settore assegnazione alloggi di via Pirelli 39: rivolgetevi alle sedi sindacali o richiedete direttamente in Comune il modulo per la domanda di regolarizzazione ai sensi dell’articolo 34 comma 8 in maniera da costringere il Comune a non potersi più girare dall’altra parte, in base al principio secondo il quale quando sei circondato dove ti giri ti giri…

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