Mestiza Occupato S.P.A. – Spazio Polivalente Autogestito

 1521566_604686449580123_620223573_nE’ nato il 22-12 a Taranto Mestiza Occupato S.P.A. Spazio Polivalente Autogestito al quartiere Taranto 2, ex scuola Martellotta

In una città offuscata da una crisi economica, ambientale, sociale sempre più drammatica, un gruppo di donne e uomini, precarie e precari, invisibili, si riappropriano di uno spazio abbandonato, la ex scuola Martellotta nel quartiere Taranto2. Davanti ad un’amministrazione comunale miope e sorda rispetto ai diritti e alle esigenze dei cittadini tutti, liberiamo spazi per riempire quel vuoto sociale, politico e culturale in cui Taranto è sprofondata da anni. Pretendiamo per tutte quelle donne e quegli uomini che continuano a pagare sulla propria pelle le misure di austerity imposte dall’alto, il diritto alla felicità e a un’esistenza degna, il libero accesso alla cultura e alla socialità, slegate da qualsiasi forma di mercificazione. Contrapponendo alla politica generata nelle stanze dei bottoni, quella autenticamente dal basso, slegata dai lacci del partitismo e del falso movimentismo. Consapevoli che la politica non possa essere un mezzo di potere e imposizione nelle mani di pochi, e convinti che debba essere, invece, uno strumento per tutti quelli che vogliono essere attori di un reale processo di cambiamento e costruzione di un altro mondo possibile, consideriamo questa giornata un momento di democrazia partecipata. Per immaginare la città di Taranto come un laboratorio metropolitano aperto a tutte quelle soggettività e comunità, territoriali e nazionali, che hanno scelto di lottare a favore di un modello di sviluppo alternativo ed ecocompatibile, attraverso pratiche rinnovate di conflitto e di consenso.

Dalla città schiava dell’acciaio, e dalla sua emblematica devastazione ambientale e sociale, ci ricongiungiamo con tutti quei conflitti a difesa della salute, dell’ambiente e dei beni comuni che si danno oggi in Italia, che attraversano il Paese da Nord a Sud, dalla Val Susa a Venezia, dalla Campania alla Sicilia. Perché siamo contro tutto ciò che possa minare la libertà di esistenza, per ognuno di noi. Sia esso un treno ad alta velocità che buca una montagna, un gasdotto, o una fabbrica di morte, siamo al fianco di chi vuole continuare con forza a minare le fondamenta di un sistema che è guasto. Anche per questo, scegliamo di rappresentarci con un nome “Mestiza” che evoca “mestìs”, cioè il meticciato, un mondo a colori ma senza confini. Perché il mondo che vogliamo e per il quale intendiamo batterci, è un mondo che rispetta i diritti di tutte e tutti. Perché crediamo che, come i nostri fratelli e sorelle che arrivano dai Sud del mondo, abbiamo vissuto in questa città, anche se su una scala meno drammatica, lo sfascio delle politiche neoliberiste e colonialiste che il modello di sviluppo capitalista occidentale ha imposto al mondo.

A distanza di oltre un anno dall’esplosione della vicenda giudiziaria legata all’Ilva, dalle giornate in cui migliaia di donne e uomini hanno sparso il seme della dissidenza contro il mostro di acciaio e la sua imposizione di un modello di accumulazione capitalista, fondato sullo sfruttamento dei territori e dell’essere umano in ragione del profitto, la Città sembra non avere fatto nessun passo in avanti. Nonostante ciò, figli di un posto che appare senza futuro, che ha contaminato e sfruttato le nostre vite, continuiamo ad avere testa e cuore per immaginare e proporre un’alternativa praticabile e trasversale, dal basso e autogestita, alla devastazione causata dai poteri forti. E crediamo che solo un modello di società diversa, svincolato dalla massimizzazione dei profitti, possa garantire un futuro dignitoso e la fine del biocidio, cioè quel virus che, da Napoli a Taranto, da Brescia alla Sardegna, continua ad avvelenare il nostro patrimonio genetico in nome di fabbriche che da più di 50 anni producono morte e malattie. Per questo, gridiamo a gran voce, come abbiamo fatto il 16 novembre scorso a Napoli alla grande manifestazione “Fiume in piena”, “Stop biocidio”, qui e ovunque in Europa e nel mondo. Abbiamo studiato, viaggiato, siamo fuggiti, e poi ritornati. Per ripartire ancora. E per dire basta all’isolamento in cui gli uomini e le donne di questa città si sono sentiti condannati. E lo facciamo con un gesto di riappropriazione collettiva. Liberando uno spazio abbandonato per liberare noi stessi dall’incertezza imposta alle nostre esistenze. Siamo la “Generazione P.” (precaria) e pretendiamo diritti, reddito, welfare, salute e ambiente. Vogliamo essere protagonisti di quella crisi in cui abitiamo, attraversandola e respingendola. Occupare per noi significa riprenderci ciò che è nostro. Cominciare a liberarci da quello schema capitalista ed individualista che ci è stato imposto come imprescindibile modello di organizzazione sociale ed economica, mentre ogni giorno si palesa la violenza delle diseguaglianze che ha prodotto. Alle macerie generate da questo sistema, rispondiamo liberando un nuovo spazio pubblico, di parola e di azione. Coltivando una nuova partecipazione politica, oltre la delega; allo stesso tempo credendo che la costruzione di una nuova democrazia, svincolata dalle speculazioni, sia ancora possibile. Già a partire dalla difesa e della affermazione dei beni comuni, intesi, qui, come autogoverno, crediamo sia possibile rovesciare il primo dei ricatti, quello della precarietà, trasformandolo in un processo di riappropriazione collettiva. Che possa, attraverso la riconquista di uno spazio sociale liberato e messo a disposizione di tutti, costruire un percorso che parli di diritto all’abitare, di libero accesso ai saperi, di diritto alla salute, all’ambiente, e di reddito di esistenza. Perchè i beni comuni sottraggono il potere alle mani di quei pochi, nelle quali è stato mal riposto come le vicissitudini di questa ex scuola dimostrano, per diffonderlo nella disponibilità di tutti. Perché solo il reddito di esistenza può permettere di uscire dal meccanismo dello sfruttamento e dal ricatto occupazionale. . Reddito contro la povertà, per sfuggire ai ricatti. Per riaffermare l’unica grande opera che ci interessa: casa, reddito e dignità per tutt*!

Collettivo Mestiza S.P.A. 22/12/2013

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