Italiani
Ci sono un italiano, un albanese e un marocchino.
Sembra l’inizio di una barzelletta, e invece succede davvero: arrivano una sera allo Sportello Legale del Naga tre tamarretti, un po’ sbruffoni, un po’ intimiditi; non sanno se dare del “tu” o del “lei”, ed entrando se la cavano con un “salve”.
Il più grande ha 21 anni, è nato in Marocco ed è qui da un paio d’anni; ha frequentato la terza media, ma all’ultimo gli hanno fatto sapere che l’esame non poteva farlo perché gli mancava il permesso di soggiorno, ed era già maggiorenne: è per lui che sono qui, vengono da un paese ai confini della provincia e gli amici l’hanno accompagnato in macchina fino al Naga.
Gli altri due hanno 20 e 19 anni, e solo l’ultimo ha un regolare pedigree da “vero italiano”: i genitori dell’altro infatti sono albanesi, arrivati in Italia durante la grande crisi degli anni ’90, prima che lui nascesse; ad un certo punto mi racconta di aver visto sul suo libro di storia le immagini degli sbarchi degli albanesi e io cerco sul telefono le foto di quel giorno del 1991 in cui ne arrivarono 27.000 tutti insieme; lui ha sentito parlare di quei tempi, e anche della paura che gli italiani avevano di loro, e con semplice quanto sagace deduzione conclude: “Proprio come oggi con i neri”.
Ad ogni modo sia lui sia i suoi sono ormai cittadini italiani, e di problemi non ne hanno più; ne ha, invece, il suo amico, che il permesso di soggiorno non ce l’ha; in breve, qualche sera fa erano insieme in macchina; c’è un posto di blocco dei carabinieri, li fermano, li perquisiscono; hanno addosso un po’ di hashish, poca roba per la serata, e infatti il verbale di sequestro si limita a certificare che non sono perseguibili, 0,6 “per uso personale”, dice.
Per chiunque altro sarebbe finita lì, ma c’è un problema: i carabinieri chiedono i documenti, lui dice di averli lasciati a casa, ed è una tattica che in passato ha sempre funzionato… ma stavolta c’è di mezzo il fumo, e poi in paese è appena cambiato il maresciallo, e sta facendo di tutto per farsi rispettare; conclusione: lo portano in caserma, dove lo trattengono per 17 ore, durante le quali accertano che ha già un decreto di espulsione, ricevuto non appena entrato in Italia, quando nell’hotspot in Sicilia hanno decretato che essendo marocchino non aveva diritto di chiedere asilo e gli hanno dato un foglio di via con scritto “Respinto alla frontiera”; alla fine non fanno altro che dargliene un altro, un altro pezzo di carta che allontana di un altro po’ il suo sogno di vivere in pace.
C’è poco da fare, purtroppo, e glielo spieghiamo subito: dal punto di vista della legge vigente ha torto, non ci sono appigli per ricorrere contro l’espulsione e comunque non servirebbe a niente, perché ce n’è già una precedente e in ogni caso il ricorso non sospende l’esecuzione; viene a quel punto il momento di rispondere all’inevitabile domanda, la più difficile: e allora che cosa si può fare? La risposta: niente.
Cerco di essere più chiaro che posso, spiego che la legge non prevede nessun modo per entrare regolarmente in Italia, che purtroppo i decreti flussi non funzionano più; mi ascoltano attenti, e il più giovane, l’italiano doc, è sbigottito e incredulo, mi chiede mille spiegazioni: è all’ultimo anno di liceo, sta per fare la maturità con una tesina sulle trasformazioni dell’economia americana dal fordismo alla terziarizzazione, ma questo non gliel’ha mai detto nessuno, non riesce a crederci, non è possibile. Non so dire altro che: “Questa è la merda in cui siamo, ragazzi, mi spiace”.
Eppure no, non ci si può arrendere: in Marocco sono rimasti solo i genitori, che campano a stento con i lavoretti del padre, mentre entrambe le sue sorelle maggiori vivono in Italia; lui vive con la più grande, è sposata da 17 anni con un cittadino italiano e lei stessa ha chiesto la cittadinanza poco più di un mese fa; questa è una buona notizia, ma non basta: il ricongiungimento familiare di un fratello adulto è sostanzialmente impossibile, diverso sarà quando la sorella avrà ottenuto la cittadinanza, ma ci vorrà tempo, forse un paio d’anni… e nel frattempo?
Nel frattempo si aspetta, si cerca qualche lavoretto e si evita di mettersi nei guai; gli dò i consigli che dò a tutti gli irregolari: se c’è una rissa fottitene dell’orgoglio e scappa, non tenere addosso il fumo, non litigare col capotreno, una serie di cose così.
Uno degli amici ridendo gli dice: “Trovati la ragazza e sposati!”, e questo mi dà l’occasione per qualche altro consiglio: non comprare un matrimonio, non farlo mai perché è pericoloso e ti ritrovi con niente in mano, se ti dicono che pagando ti possono dare un permesso di soggiorno per lavoro non crederci, è uno stagionale e non è convertibile… tutte cose che ho imparato in anni di assistenza legale al Naga; aggiungo che invece se fosse un’amica, un’amica vera, ad accettare di sposarlo, questo andrebbe bene, anche se non stanno davvero insieme, ma bisogna dimostrare di convivere e non è una cosa così semplice; a questo punto aggiungo “o un amico”, e dopo la risata iniziale i due amici si guardano seri, credo che più forte dell’imbarazzo sia la sensazione di trovarsi davanti alla vita vera, quella dei grandi, con tutte le sue scelte e le sue responsabilità.
Tornerà al Naga, stavolta per vedere un medico, perché vuole fare qualche controllo e del pronto soccorso si fida fino a un certo punto, e poi c’è sempre il rischio che gli chiedano di pagare; con calma dopo la maturità del suo amico chiederà anche un appuntamento allo Sportello Immigrazione, chissà che a loro non venga in mente qualche altra possibilità.
E’ ora di chiudere; mentre ci avviamo fuori, uno dei tre mi chiede dove si può mangiare, precisando: “Non abbiamo tanto contante, ecco…”; spiego le varie alternative, poi aggiungo: “Beh, invece se volete venire con noi, noi andiamo a mangiare un panino qui di fianco”.
Accettano l’invito, ci sediamo insieme e chiacchieriamo ancora del più e del meno; ad un certo punto chiedo a quello di mezzo come si dice “Grazie” in albanese; lui tentenna, poi un po’ imbarazzato mi confessa che non lo sa: i suoi non glielo hanno insegnato, l’albanese; lo sente solo ogni tanto quando vengono i nonni, ma ci capisce così poco… mi commuovo, perché è la storia della mia famiglia: i miei nonni non insegnarono a mio padre il croato, e io ancor oggi quando lo sento parlare e mi accorgo di capirci solo poche parole mi sento come se mi avessero strappato qualcosa da dentro.
Dico che se vogliono una birra quella la offro io, ma bevono solo acqua: l’italiano è stato operato di appendicite un paio di settimane fa e non può bere, l’albanese è astemio, il marocchino è musulmano… non fa il ramadan, ma non beve alcol e non mangia maiale, così sceglie un panino col tonno, mentre gli altri lo prendono in giro perché in pubblico fa finta di digiunare.
E così eccola qua, l’Italia di oggi e di domani, riunita nonostante tutto il male a scherzare intorno al tavolo di una birreria; e con le loro leggi e i loro muri potranno farci tanto soffrire, ma non ci fermeranno: Salvini, hai perso; Grillo, hai perso; Minniti, hai perso. Il futuro è di queste ragazze e di questi ragazzi, voi fateci un favore, sparite dalla storia. Sparite, per sempre.
Riccardo Tromba
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