La marea umana di Milano: «Un altro mondo è possibile»

Nel capoluogo lombardo un incrocio di generazioni. In 250 mila marciano dalla mattina alla sera.

Forse per la prima volta a Milano una manifestazione è partita in orario. Scelta obbligata perché alle 9.30 la piazza di Largo Cairoli era già piena di ragazzi e ragazze, ma anche adulti, insegnanti, genitori e persone di ogni età che hanno sentito di doverci essere. È questa è la prima novità della giornata: tanti adulti sono andati a guardare da vicino questo movimento giovane. «O ci salviamo tutti o non si salva nessuno» dice facendo sintesi una signora.

Mentre la testa del corteo si avviava lungo il percorso in altre zone della città i pre-concentramenti aspettavano ancora studenti dalle scuole: a Porta Venezia oltre 5 mila persone riempivano le strade attorno ai Bastoni proprio nei minuti in cui il corteo partiva da Cairoli. Chilometro dopo chilometro la manifestazione si è gonfiata e a fine mattinata gli attivisti di Fridays For Future hanno potuto dire «siamo in 200 mila, inarrestabili. Un altro mondo è possibile». 250 mila sommati a quelli della sera, perché Milano anche in questo terzo global strike for future ha raddoppiato con un corteo serale per chi non aveva potuto partecipare la mattina.

Ad aprire la manifestazione l’ormai immancabile risciò a pedali spinto a turno dagli studenti. Tra gli striscioni in prima fila uno con sopra scritto «stop speaking, start doing» sintetizzava il senso di questo terzo global strike.

Dopo aver portato il tema della crisi climatica causata dall’uomo sulla bocca di tutti, ora il movimento chiede a tutti, e soprattutto alla politica, di fare azioni concrete e passare dalle parole ai fatti: «stop speaking, start doing». Pochi giorni fa Greta Thunberg aveva detto in faccia ai potenti dell’Onu «non fate abbastanza» e questa piazza milanese non ha voluto fare sconti a nessuno. «Spesso usiamo lo slogan ‘salviamo il Pianeta’ ma in realtà dovremmo cambiarlo in ‘salviamo l’umanità’» dice Sergio Marchese. «Siamo noi il problema, la Terra c’era prima di noi e ci sarà anche dopo senza di noi».

A differenza di quanto  pensano alcuni adulti distratti come il filosofo Massimo Cacciari che ieri al Corriere ha detto che questi ragazzi sarebbe meglio stessero in classe ad ascoltare gli scienziati, uno dei tratti salienti di questo movimento è proprio quello di parlare direttamente con gli scienziati bypassando politici e adulti distratti. Basterebbe fare una veloce ricerca per vedere la quantità di convegni organizzati dai nodi locali di Fridays For Future insieme agli scienziati per non dire sciocchezze simili. Tra gli striscioni in piazza ce n’era uno molto grosso scritto in inglese sorretto da sei studenti che riportava dati e grafici presi proprio dai rapporti scientifici. «Noi siamo quelli che dicono ai politici che devono ascoltare gli scienziati e agire. Noi quei rapporti li abbiamo letti e abbiamo capito che non era più tempo di starcene da soli a casa ad aspettare che qualcuno facesse qualcosa» dice il gruppetto che sorregge il cartello «agire subito!».

Alcuni cartelli riprendono le grafiche dei meme che vediamo online, un altro aspetto interessante del rapporto reale-virtuale che la generazione post ’98 sta portando con se. Ci sono l’ironia e la leggerezza «No more toxic air, no more toxic waste. Only toxic by Britney Spears» ma anche la giusta pretesa che si parli in modo serio e rigoroso del cambiamento climatico e che si agisca. «Pretendi il futuro». Fuori dalla sede dell’Agenzia delle Entrate gli attivisti lasciano appesi alcuni striscioni: «Il Governo finanzia il fossile per 18 miliardi l’anno. Investiamoli in salute, trasporti, istruzione, territorio». E ancora «Basta incentivi al fossile. Giustizia climatica: chi si è arricchito inquinando deve pagare la riconversione». Dal megafono qualcuno urla «è troppo comodo essere dalla parte dei giovani con quattro post su Facebook».

Dopo averlo anticipato con un’intervista a Repubblica a un certo punto del corteo arriva anche il sindaco di Milano Beppe Sala. «Se scende in piazza ci deve dimostrare di fare qualcosa sennò nessuno gli darà mai retta» dice Miriam Martinelli ai giornalisti. Miriam ha 16 anni, studia all’Istituo agrario di Milano e fin dall’anno scorso è stata ribattezzata «la Greta di Milano» perché il venerdì salta la scuola. «Non lo fischieremo Sala» dice Miriam «ma vogliamo vedere i fatti». Conviene le ascolti queste parole il sindaco se non vuole restare vittima del proprio storytelling. I giovani non lo contestano ma chiedono scelte adeguate all’emergenza sanitaria e ambientale che Milano vive da anni.

Lungo il corteo piantano un albero contro la cementificazione, un’azione simbolica, un acero in piazza Baiamonti al centro di un’area verde di proprietà del Comune su cui è prevista la realizzazione di un nuovo edificio-piramide firmato dall’architetto Jacques Herzog. «È il simbolo della Milano che continua a cementificare, l’amministrazione potrebbe lasciare verde quest’area». La manifestazione si chiude in una piazza Duomo piena. Gli studenti mettono la struttura sferica di un pianeta Terra di carta in mezzo alla piazza e gli danno fuoco. La foto della Terra che brucia davanti alla cattedrale di Milano è di quelle che resteranno nella storia.

di Roberto Maggioni

da il Manifesto del 28 settembre 2019

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