Tempi di pandemia globale: gli ultimi rimangono ultimi
In piena emergenza da Covid-19 stanno emergendo le gravi carenze del sistema neoliberista, con le quali avevamo “imparato” a convivere.
È ormai dagli anni ’70 che si assiste alla massificazione e omogeneizzazione della società, paradossalmente complementare ad un crescente individualismo. Questa dicotomia dello sviluppo recente pervade ogni ambito sociale (istruzione, impiego, sanità, terzo settore e via dicendo) mettendo in risalto il reale peso della ricchezza, e quindi del capitale, individuale.
I servizi statalizzati sono sì al servizio di ogni cittadino, ma la competizione generata dal nascente settore privato ha creato un gap non indifferente tra coloro che possono permettersi di affidarsi all’efficienza dei privati e chi deve invece mettersi in coda ed aspettare che l’apparato burocratico italiano faccia il suo corso.
Dal momento che le politiche economiche sono andate incontro alle esigenze capitalistiche, soprattutto da 30 anni a questa parte, tagliando progressivamente gli investimenti al settore pubblico, oggi ci troviamo di fronte a un sistema ospedaliero che nel fronteggiare l’emergenza è sull’orlo del baratro: il Servizio Sanitario Nazionale solo negli ultimi dieci anni ha registrato tagli che ammontano a 37 miliardi di euro, complementari a un incremento delle sovvenzioni alle strutture private convenzionate, alle quali ha possibile accesso solo una piccola fetta della popolazione.
L’altra faccia critica delle recenti manovre economiche riguarda il lavoro. Il doppio gioco della politica per mantenere sia lavoratori che imprenditori in un certo clima di sopportazione reciproca è risultato carente nel momento in cui ha dovuto affrontare questa emergenza sanitaria.
Abbiamo assistito a vari diverbi tra Confindustria e i sindacati finiti a discapito dei milioni di lavoratori che continuano a lavorare nonostante non ci siano le giuste condizioni igienico-sanitarie.
Gli scioperi hanno infatti dimostrato l’inadeguatezza dei provvedimenti presi fino ad ora.
Purtroppo queste lacune rendono evidente il fatto che i decreti statali non vadano a favore di tutti i 60 milioni di italiani, ma solo a favore delle imprese, delle classi agiate, di chi non si fa problemi a rimanere in casa, perché ha abbastanza spazio per svolgere qualsiasi attività di svago e non si ritrova chiuso in una situazione di insicurezza dovuta a violenze fisiche e psicologiche del/la coabitante. Da contare anche chi non può permettersi una connessione internet o un pc, riscontrando così disagi scolastici e/o lavorativi.
Le situazioni di disagio non possono più essere nascoste come la polvere sotto al tappeto: in Italia stanno crescendo vertiginosamente e la precarietà, frutto delle politiche economiche neoliberiste, è una delle cause.
Le vittime di questo sistema sociale sono le stesse che vengono controllate strettamente dalle Forze dell’Ordine.
Il vortice della povertà colpisce sistematicamente lo strato sociale più debole, lo stesso che i politici si ostinano a considerare troppo poco. Bisogna essere consapevoli che il benessere non è gratis, ma il prezzo più salato lo pagano coloro che ne rimangono esclusi; nonostante molti ne siano ben coscienti da tempo e fingano di non saperlo, il sistema classista dei privilegi è più che secolare e siamo aggrappati ad esso solidamente.
Chi ne beneficia non accetterà mai di vederselo togliere dalle mani: è necessario che si prenda subito posizione senza mezzi termini perché la situazione si smuova a favore di ultimi e penultimi.
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