Compagni che sbagliano

Compagni che sbagliano

Giorni fa il primo mondo si indignava di fronte alle immagini dell’ennesima tragedia dell’immigrazione, le immagini di un bambino kurdo, privo di vita sul bagnasciuga di una spiaggia Europea.
Qualche giorno fa Charlie Hebdo, si proprio #JeSuisCharlieHebdo il simbolo della lotta alla censura del “grande popolo” della rete, pubblica delle vignette che  chi ne mastica definirebbe al vetriolo, raffiguranti quel bambino e che qui ripubblichiamo.
Immediato si scatena il dibattito in rete sull’opportunità di fare satira su un bambino (l’ennesimo) morto annegato e improvvisamente scatta il bisogno di censura, ahi noi va detto pure a sinistra. Anche  in mezzo a noi infatti si alzano voci di sdegno e richieste di censura.
Comunque la pensiate pubblichiamo di seguito due contributi molto diversi per stile, ma che rappresentano a pieno il punto di vista della redazione sull’argomento.

Se ci leggete dell’astio allora siete lettori attenti perché di astio ce n’è.

Buona lettura.

Compagni indignati

Charlie Hebdo pubblica due vignette prendendo spunto dalle foto del piccolo Aylan e di altri bimbi morti in mare. Si scatena un’ondata di indignazione tra i più, così trasversale da coinvolgere anche compagni, attivisti, antirazzisti di varia natura. La prima vignetta ritrae il corpicino di Aylan davanti ad un cartellone pubblicitario di Mc Donald’s che offre 2 baby-menù al prezzo di uno; il titolo recita “quasi arrivato”. La seconda mostra invece un Gesù che cammina sulle acque mentre un bimbo musulmano annega in mare, il tutto sotto l’insegna delle “radici cristiane dell’Europa”.
In rete si leggono forti critiche che tirano in ballo il mancato rispetto per la morte di un bambino, sulla quale non si dovrebbe scherzare. Ma troppe cose non tornano, Compagni…
Intanto, la morte di un bambino vale di più di quella di un adulto? E poi, cosa significa rispettare la morte? Capisco il rispetto per il dolore, capisco il rispetto per la vita, ma non riesco proprio a concepire cosa voglia dire rispettare la morte, non in questo caso. Queste vignette (si) interrogano sulle contraddizioni della nostra parte di mondo, che sono causa della morte di chi vive in quella opposta. Queste vignette ci rendono con amarezza l’assurdità di affrontare un viaggio di morte nell’abbaglio di potersi costruire vite migliori, ricordandoci che una volta arrivati non si troverà altro che la possibilità di consumare e produrre per lo stesso sistema che ci ha indotti a partire. Certo, sono prese in giro, non certo dei bambini annegati ma di noi occidentali che ci indignamo per una foto come se ci accorgessimo per la prima volta che sì, senza canali umanitari sicuri, senza possibilità di migrare in maniera legale e guarda caso senza saper camminare sulle acque come ci narra la Bibbia, ops… i bambini muoiono in mare! Ma lo sappiamo che questo succedeva anche prima di vedere il piccolo Aylan riverso su una spiaggia, o no? Arriviamo perfino ad indignarci, Compagni, perchè tra le pochissime iniziative di solidarietà efficaci attivate in questi mesi (pochissime in relazione alla gravità e urgenza del fenomeno) quelle più partecipate sono le marce a piedi scalzi, dove salviamo a malapena la nostra visione del mondo dicendoci che un rifugiato ha lo stesso diritto di emigrare di un cosiddetto “migrante economico”, ma davanti ad una vignetta che svela il cinismo capitalista che ci vuole consumatori e sfruttati riusciamo ad offenderci per la “dignità della morte”? Non è forse invece un modo di rendere giustizia al piccolo kurdo Aylan e alle altre migliaia di bambini e adulti e anziani morti in mare, individuare le vere frontiere che andrebbero abbattute, quella delle disuguaglianze e quella dei facili moralismi lava-coscienze, vere responsabili di queste vite spezzate?
Per lavoro, io ne incontro tanti di bimbi che arrivano dopo aver visto la mamma o il fratellino annegare. Vedo bambine terrorizzate che non si fidano nemmeno degli operatori umanitari. Vedo donne e uomini spaventati, preoccupati, umiliati, arrabbiati e comunque determinati. Vorrei incontrarli in un’altra vita e chiedergli scusa per la nostra indignazione da salotto, vorrei chiedergli se lo sanno che una volta arrivati in Europa nella migliore delle ipotesi saranno gli ultimi della fila, poco dopo tutti i migranti che come loro hanno attraversato il mare qualche anno fa ed oggi lavorano in nero negli ortomercati o come badanti nelle nostre case, magari con una laurea non riconosciuta nel cassetto. Vorrei anche dirgli che io come operatrice non ho un contratto di lavoro e prendo meno di 5€ netti l’ora. Vorrei dirgli che rispettare la morte dei loro cari è raccontargli la verità e non le cazzate dell’accoglienza solidale che li vuole ammassati nei centri o con i numeri scritti sulle braccia. Vorrei dirgli che una volta arrivati dove vorranno, l’unica possibilità di costruire un futuro migliore sarà farlo per tutti, noi e loro insieme, e che ammesso di trovarci d’accordo la strada sarebbe comunque lunga e il risultato tutt’altro che certo…

@UnadiNoi

Le vignette su Aylan spiegate agli analfabeti funzionali

Aprendo Facebook o un qualsiasi social network questa settimana, è impossibile non essere sommersi dalle reazioni alle vignette di Charlie Hebdo che raffigurano Aylan – in particolare da post del tipo “Dite ancora #Jesuischarlie adesso?” o “Che cosa diranno quelli che dicevano #Jesuischarlie ora che Charlie prende in giro Aylan?”.

Beh, ecco cosa diciamo.
Diciamo che non capite un cazzo.

Non avete capito un cazzo delle vignette.
Non avete capito un cazzo di #jesuischarlie.
Non avete capito un cazzo di satira.

Non avete capito un cazzo delle vignette.
Diciamo, ad esempio, che basta il livello di comprensione del testo di un bambino di 6 anni per capire che le vignette di Charlie non sono su Aylan (non serve nemmeno sapere il francese). Ma procediamo comunque con una spiegazione. La vignetta di copertina, quella con Aylan morto sulla spiaggia e il cartellone pubblicitario di McDonalds: basta guardarla per capire che Aylan è il mezzo, e non l’oggetto, della satira. Il bersaglio è il sistema in cui i bambini sono visti solo come “prede” e come clienti invece che come bambini: non importa che tu sia nero, bianco, immigrato clandestino, residente… sei il benvenuto nel sistema capitalistico, basta che mamma e papà ti portino da McDonalds a comprare il tuo menu bambini. Ci vuole ancora più stupidità per non capire la seconda vignetta (ammesso che siate riusciti a trattenere la vostra fregola da tastiera abbastanza lungo da scoprire che sì, c’è anche una seconda vignetta), quella dove Gesù cammina sulle acque mentre i bambini musulmani affogano: anche qui, la morte di Aylan è il mezzo per far satira sulla carità cristiana dimostrata dai paesi europei nell’accogliere i profughi (occhio ragazzi, questa è ironia), e sul fatto che ci si accorge dei migranti annegati per la foto di un bambino, nonostante le migliaia di morti in mare avvenute solo quest’anno.

Non avete capito un cazzo di #jesuischarlie.
Dire #jesuischarlie ha significato, e significa, difendere il diritto di chiunque a fare satira su qualsiasi cosa: sui morti, sui vivi, su dio, su mia mamma, su tutto. #jesuischarlie significa che io posso anche avere un “recinto morale” di cose su cui non scherzerei mai, ma non ho l’assurda pretesa che questo recinto venga adottato da tutto il mondo, e che in base a esso si assegni o si tolga la libertà di parola. Per cui, anche se Charlie avesse fatto satira su Aylan (e, ripetiamo, non l’ha fatta), avrei probabilmente scosso la testa, ma non avrei rimangiato nemmeno un #jesuischarlie: se ammetto che Charlie debba avere il diritto di fare satira su qualcosa di sacro come lo è Maometto per un islamico, ammetto che la possa fare anche su qualcosa di “sacro” per me. Forse lo penso proprio perchè per me non c’è nulla di sacro, ma se non capite queste vignette non possiamo certo pretendere che capiate cosa sia il relativismo, o come applicarlo anche alla vostra vita.

Non avete capito un cazzo di satira.
Perché il vostro bisogno di dire cazzate quando vedete qualcosa che, a un primo superficialisismo sguardo, potrebbe sembrare coincidere con un vostro pregiudizio, non vi ha fatto ragionare. Fate la stessa cosa con i post sui migranti che prendono 40 euro al giorno, fate la stessa cosa con qualunque link sembri vicino a una vostra idea. L’unica cosa che non fate è accettare che anche le vostre idee si possano mettere in discussione, e che ci si possa scherzare, o che qualcosa che sostiene una vostra idea possa essere sbagliato o falso (e questa, cari miei, è la forma mentis del fascismo). La vostra ignoranza, la vostra superificialità, con cui siete soliti guardare il mondo (e si vede dai vostri status su Facebook, tranquilli), vi hanno messo un tappo da qualche parte nel cervello che vi impedisce di capire che queste vignette non fanno satira su Aylan: la fanno su di voi.

@AndreaParaParapini 

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