“Argentina, 1985” – Nunca mas

«Señores jueces: quiero renunciar expresamente a toda pretensión de originalidad para cerrar esta requisitoria.
Quiero utilizar una frase que no me pertenece, porque pertenece ya a todo el pueblo argentino.
Señores jueces: “Nunca más”»

«Signori giudici, vorrei rinunciare all’originalità nel chiudere quest’arringa.
Perciò vorrei usare una frase non mia, poiché già appartiene a tutto il popolo argentino:
Mai più!»

Con queste parole si chiude l’arringa del Procuratore Julio César Strassera, chiamato a raccogliere prove e testimonianze nel processo contro Jorge Rafael Videla, Emilio Eduardo Massera, Roberto Eduardo Viola, Armando Lambruschini, Orlando Ramón Agosti, Omar Graffigna, Leopoldo Galtieri, Jorge Anaya e Basilio Lami Dozo, esponenti di primo piano della dittatura militare instauratasi in Argentina dal 1976 al 1983 e resasi responsabile del sequestro, della tortura e della scomparsa di circa 30.000 persone.

E’ il Presidente neo-eletto Raùl Alfonsin a incaricare Strassera e il suo assistente, Luis Moreno-Ocampo, di istruire un processo complesso e articolato, in cui verranno presentati più di 700 casi e verranno chiamate a testimoniare 833 persone, e che si concluderà con due condanne all’ergastolo (per Videla e Massera) e varie condanne per gli altri membri della giunta militare. Ma non è tanto nelle condanne che si misura la grandezza dell’avvenimento, quanto nel fatto che per la prima volta in Sudamerica una dittatura viene processata per i propri crimini, peraltro in tempi molto ristretti rispetto alla conclusione del proprio operato.

Argentina, 1985 è un film essenziale, a tratti documentaristico, che ha sicuramente il pregio di riuscire a condensare in due ore una vicenda giudiziaria molto articolata, in cui centinaia di faldoni vennero riempiti di prove e testimonianze che urlavano il proprio dolore, che parlavano di scomparse, violenze, torture e minacce.

E’ in questo contesto che il Procuratore Strassera muove i propri passi. All’inizio incerti, in parte per la frustrazione di non essere riuscito a fare nulla negli anni della dittatura e in parte per la paura di venire ostacolato, se non addirittura ucciso, durante l’iter processuale, poi sempre più spediti, principalmente per via del supporto che trova nei propri collaboratori, una squadra giovane, entusiasta e priva delle scorie del passato, con la medesima brama di giustizia che pervade buona parte del Paese.

E’ proprio nel giovane pool di avvocati e praticanti che Strassera trova il più valido collaboratore, Ocampo, giovane avvocato figlio di una famiglia conservatrice vicina agli ambienti militari. La simbiosi tra i due è totale, tanto che nei momenti di scoramento o paura di uno è l’altro a infondere coraggio e a dare nuova spinta all’indagine.

Fondamentale peraltro il ruolo di Ocampo nell’andare a intercettare gli umori della classe media, troppo spesso tollerante, se non addirittura connivente, verso ogni tipo di dittatura. Ed è proprio lui, un figlio della borghesia, a essere il più incisivo e autorevole nel tentativo di perseguire la giustizia, fino a convincere la madre, amica di Videla, con cui si trovava a messa ogni settimana, che le accuse alla giunta non avevano solo dei fondamenti, ma erano basate su solidissime e inconfutabili prove.

Altro ruolo fondamentale è quello giocato della famiglia di Strassera, la moglie e i due figli, che non lo invitano mai a indietreggiare davanti a un’impresa che all’inizio sembra sconsiderata, ma anzi, lo spingono, ognuno a modo proprio, ad affrontare le proprie insicurezze e le minacce ricevute, per far sì che la verità emerga in tutto il suo orrore.

Sicuramente un film molto bello con una regia solida e degli attori di livello. Non scopriamo oggi Ricardo Darin, a mio avviso uno dei migliori interpreti contemporanei, ma al suo fianco nessuno sfigura, anzi. E se all’inizio della pellicola riusciamo persino a sorridere, con il passare dei minuti ci immergiamo sempre di più nelle testimonianze, nelle parole, nel dolore, fino ad arrivare all’arringa finale, vero climax del film, in cui Strassera mostra tutte le sue doti umane, inchiodando i militari sulla croce delle proprie responsabilità e gli spettatori alla sedia.

Non era facile sintetizzare quello che è successo in quel tribunale di Buenos Aires, Santiago Mitre ci è riuscito perfettamente, tanto da entrare nella cinquina dei migliori film stranieri alla notte degli Oscar.

RM

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