Cronache dal Salone
Siamo stati a Torino per la prima giornata del Salone del Libro. Vi raccontiamo cosa abbiamo visto e sentito.
Arriviamo nel primissimo pomeriggio al Lingotto di Torino e la prima cosa che ci accoglie è un nutrito schieramento di camionette della Polizia posizionate lungo via Nizza di fronte alla struttura del Lingotto (che un tempo ospitava uno stabilimento FIAT e ora ospita fiere ed eventi di vario tipo). Oltre agli schieramenti fissi di Forze dell’Ordine (abbiamo contato più di dieci camionette), auto della Digos e jeep varie girano continuamente attorno al perimetro del Salone. Insomma: “Good morning Torino!”, si potrebbe sintetizzare. All’ingresso un presidio antifascista di Potere al Popolo distribuisce volantini contro CasaPound e Salvini.
Questo dunque il primo impatto con l’evento al centro delle cronache di questi giorni, ma tocca fare un passo indietro, anzi dieci.
L’affaire legato al Salone del Mobile esplode per la preannunciata presenza a Torino di Altaforte, casa editrice d’area CasaPound il cui pezzo forte è un libro intervista al Ministro dell’Interno “Io sono Matteo Salvini, intervista allo specchio”.
La presenza di Altaforte crea una serie di reazioni diversificate. Dalle dimissioni di Christian Raimo dal ruolo di consulente del Salone all’annuncio dell’assenza alla kermesse di Wu Ming e Zerocalcare che dichiara: “…mi è davvero impossibile pensare di rimanere 3 giorni seduto a pochi metri dai sodali di chi ha accoltellato i miei fratelli, incrociarli ogni volta che vado a pisciare facendo finta che sia tutto normale”, fino alla proposta di presenza attiva fatta da Michela Murgia.
Francesco Polacchi, uno dei fondatori di Altaforte, forse preso dall’entusiasmo, in un’intervista si dichiara fieramente fascista, parla di Mussolini come il più grande statista italiano e sostiene che il vero problema del paese è l’antifascismo. Si tratta del classico passo più lungo della gamba, un vero e proprio boomerang. Si determinano le reazioni durissime dell’ANPI e del Museo di Auschwitz che obbligano la politica torinese, ovvero Appendino e Chiamparino, fino a quel momento balbettante, a prendere posizione. In aggiunta a ciò i media accendono i riflettori sui carichi penali di Polacchi che si dimostrano essere cosa non di poco conto.
Nel frattempo poi, dopo che CasaPound è finita sui giornali per gli arresti relativi allo stupro di Viterbo, a Roma viene organizzato un vero e proprio assedio (un tempo si sarebbe definito pogrom) a Casal Bruciato nei confronti di una famiglia rom regolarmente assegnataria di una casa popolare. Le scene degli insulti e delle minacce di stupro di un branco di razzisti nei confronti della madre con una delle sue figlie che tenta di entrare in casa scortata dalla Polizia fa il giro del paese. Gli antifascisti si organizzano e si contrappongono ai fascisti nel quartiere, ma questo non viene raccontato perché non funzionale alla narrativa dominante.
Nel frattempo, un Ministro dell’Interno in evidente difficoltà (forse per la prima volta) sia sul caso Siri che sulle connessioni con CasaPound va in televisione e viene messo sulla graticola dalla Gruber su La7. Salvini fa il finto tonto fingendo di non sapere e non capire, ma non riesce a rispondere a come sia possibile che il Ministero dell’Interno, colui che deve garantire il rispetto delle leggi, l’ordine pubblico e la difesa dell Costituzione (sì…vabbé…) possa pubblicare con un’editrice organica a un gruppo fascista alcuni dei cui membri hanno fedine penali piuttosto consistenti. Salvini tenta di giustificare la celebre foto della sua cena del 2015 con la dirigenza di CasaPound e arriva a dichiararsi addirittura antifascista!
A quel punto i giochi, in qualche modo sono fatti, e il Salone decide l’esclusione di Altaforte il cui stand era stato già montato e spostato vicino a quello del Ministero della Difesa e della Polizia di Stato.
Polacchi ovviamente coglie la palla al balzo cercando di recuperare e nella tipica dinamica del lupo che si traveste da agnello di reca ai cancelli del Lingotto facendo la vittima e scagliandosi contro la censura e l’intolleranza della sinistra (surreale che un fascista si lamenti di censura e intolleranza visto i grandi esempi di tolleranza dati a Casal Bruciato…).
Immancabile nel frattempo la consueta presa di posizione-sermone di Gramellini di cui avremmo fatto volentieri a meno che nei confronti di nazisti e fascisti parla di tolleranza vigile…come se Hitler e Mussolini non fossero stati sconfitti con una guerra mondiale costata decine di milioni di morti…
Ma torniamo al pomeriggio di ieri al Salone del Libro.
Passati i controlli si entra.
Ed è subito evidente che molti editori hanno deciso di prendere posizione. Si tratta di editori indipendenti poiché i grandi editori, tra cui Feltrinelli al cui interno è in corso un dibattito molto acceso con molti librai che rifiutano di contribuire al finanziamento indiretto un gruppo fascista responsabile di molte violenze, non si sono schierati esplicitamente.
Molti dei presenti hanno sul proprio badge d’ingresso l’adesivo con scritto “Bella ciao” mentre, per esempio, sullo stand di Alegre e Eleuthera campeggia il “Qui c’è un editore antifascista”. Altri ospitano il cartello “Editoria antifascista” mentre qualcuno come Nero ha attaccato sul proprio stand i tipici adesivi dell’antifa. C’è chi ha stampato le norme costituzionali che vietano la ricostruzione del partito fascista e chi ne ha fatti dei volantini. Chi, come Laterza propone l’iniziativa: “Chi è fascista? Scrivilo in 20 parole” e chi come il Gruppo Abele il cartello “Editore defascistizzato”.
Ce n’è per tutti i gusti insomma!
La palma dell’iniziativa più brillante va, senza dubbio, a RedStar Press che, sul suo stand ha appeso, oltre alla bandiera del decennale dell’omicidio di Davide Cesare “Dax” una serie di “citazioni popolari” molto recenti contro fascismo, razzismo e intolleranza varie.
Parlando un po’ con gli editori sono emerse alcune posizioni interessanti.
Per alcuni tutto questo parlare di Altafonte ha fatto un sacco di pubblicità gratuita ai fascisti (della serie “bene o male, purché se ne parli”).
Altri hanno concentrato la propria attenzione descrivendo con acutezza la durezza del mercato editoriale, la precarietà lavorativa che la fa da padrona e le difficoltà di sopravvivenza per le piccole case editrici per cui il Salone del Libro può diventare una vera e propria boccata d’ossigeno per cui, un’eventuale scelta di non presenziare per protesta contro la presenza fascista, avrebbe costituito una vera e propria spada di Damocle sulla propria esistenza.
Qualcuno sottolineava l’importanza di contrastare i fascisti quotidianamente nelle strade più che al Salone visto che, nelle città, ci sono e ci sono ogni giorno.
Quello che ne viene fuori è un quadro articolato e interessante di un mondo comunque, almeno in una sua parte non proprio irrilevante, capace di schierarsi e prendere parola.
Qui sotto una gallery delle prese di posizione antifasciste al Salone:
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