Quando il genocidio è sessuato

Dopo Il femminismo o la morte torna in Italia, tradotta per la prima volta, una nuova opera di Françoise d’Eaubonne, prolifica autrice e militante francese ideatrice dell’ecofemminismo. Si tratta di Il sessocidio delle streghe (Prospero Editore 2024) di cui qui ospitiamo un estratto della prefazione all’edizione italiana.

Mai nella storia le donne sono state sottoposte a un così massiccio assalto ai loro corpi, organizzato a livello internazionale, legalmente sancito e religiosamente benedetto.
[…] la caccia ha creato un regime di terrore per le donne, dal quale è emerso il nuovo modello di femminilità a cui dovettero conformarsi per essere accettate nella nascente società capitalista.
Silvia Federici, Caccia alle streghe, guerra alle donne

[…] Con il documento Noi ricordiamo: una riflessione sulla Shoah il 12 marzo 1998 Papa Giovanni Paolo II riconosceva la responsabilità della Chiesa cattolica in relazione alla tragedia della Shoah. Quello stesso giorno Françoise d’Eaubonne festeggiava – si fa per dire, l’immagine che mi si produce nella mente è quella di lei, sola con l’immancabile macchina da scrivere, nel suo piccolo appartamento sociale in uno dei cuori pulsanti dell’arte parigina che è, o meglio è stata, rue du Montparnasse – il suo settantottesimo compleanno. E quale modo migliore, per celebrare, se non scrivere al Pontefice chiedendogli, dunque, di riconoscere ugualmente il ruolo della sua istituzione nella cosiddetta “caccia alle streghe”?
Fin qui, nulla di strano; si tratta di un’iniziativa assolutamente nelle corde di Françoise, una di quelle proteste che potremmo definire quasi performative. Quello che però non ci si aspetterebbe è di scoprire che il 12 marzo 2000, mentre compiva i suoi ottant’anni, avrebbe ascoltato dallo stesso appartamento l’Angelus per la Giornata del perdono in cui lo stesso Giovanni Paolo II si sarebbe ufficialmente – quindi con le dovute precauzioni, come vedremo – scusato per le altre ingiustizie perpetrate dalla Chiesa, compreso il trattamento riservato alle donne dall’Inquisizione. Nel 1999 era uscito Le Sexocide des sorcières. Immagino che qualche soddisfazione Françoise d’Eaubonne l’abbia provata.
Tuttavia, non è così facile. Quello che nei fatti afferma Giovanni Paolo II è che “Non si tratta di un giudizio sulla responsabilità soggettiva dei fratelli che ci hanno preceduto: questo compete a Dio solo […]. L’atto oggi compiuto è un sincero riconoscimento delle colpe commesse dai figli della Chiesa nel passato remoto e in quello recente, e un’umile implorazione del perdono di Dio”. Ugualmente, nel testo del documento Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato redatto dalla Commissione teologica internazionale – presieduta dall’allora Cardinale Joseph Ratzinger – in occasione di quella giornata, ma ancor più in vista del Giubileo di quello stesso anno, ci si pone molto retoricamente la seguente domanda: “si può investire la coscienza attuale di una ‘colpa’ collegata a fenomeni storici irripetibili [corsivo mio], come le crociate o l’inquisizione? Non è fin troppo facile giudicare i protagonisti del passato con la coscienza attuale, quasi che la coscienza morale non sia situata nel tempo?”. Dopodiché, si sottolinea la problematicità di aver fatto ricorso, nel millennio trascorso, a “mezzi dubbi per conseguire fini giusti”.

Torniamo all’oggi e al senso di questa pubblicazione. Dopo tutte le guerre di “esportazione della democrazia” che l’Occidente ha combattuto, le migliaia di morti, per mare e per terra, di esseri umani considerati pericolosi per il nostro equilibrio sociale, di fronte alle violazioni dei diritti umani che avvengono di continuo in tutto il mondo e alle ondate di protesta che i movimenti antirazzisti, delle donne e delle minoranze hanno scatenato dappertutto per opporsi, ancora e ancora, alle forme di discriminazione, violenza e oppressione che subiscono quotidianamente, possiamo davvero affermare con sicurezza che esistono fatti storici irripetibili? Pensando a eventi come l’Olocausto – ma la storia umana è piena di esempi altrettanto significativi, l’ultimo in ordine cronologico mentre scrivo è, guarda caso, il genocidio della popolazione della Striscia di Gaza – non possiamo che augurarci sia così. Ma, d’altra parte, constatare che non si bruciano più le persone sul rogo – affermazione comunque discutibile, se si pensa alle pene capitali inflitte in certi luoghi del nostro avanzato globo, questioni di fronte alle quali spesso l’esportazione della democrazia chiude un occhio senza troppi problemi – o nei forni è sufficiente per rassicurarci del fatto che le motivazioni profonde di questi atti siano state, una volta per tutte, debellate?
Non è certo un caso che a fare eco a Il Sessocidio delle streghe esistano scritti – precedenti e successivi – di studiose come Barbara Ehrenreich, Deirdre English e Silvia Federici che rispondono a tale quesito con un secco “no”. E questo “no” rappresenta la ragione per la quale credo abbia senso rileggere questo saggio di Françoise d’Eaubonne, interrogandosi innanzitutto sul termine che sceglie di utilizzare come sostituto del più generico “genocidio”. Perché, a parte la sua comprovata passione per i neologismi (alla sua penna si deve anche il termine “ecofemminismo”, così come l’aggettivo “fallocrate”), l’autrice vuole sottolineare che questo evento storico, questa persecuzione è stata, più di ogni altra cosa, sessuata? Tutto ruota, secondo d’Eaubonne, attorno alla paura dell’“altro” e della minaccia che costui, o costei, rappresenta – politicamente, socialmente, moralmente – per l’ordine delle cose.
Così, veniamo per esempio accompagnati lungo la storia delle discipline mediche e curative – tema in comune con Ehrenreich, a riprova della sua importanza esemplificativa – per scoprire il ruolo centrale che avevano, nella società del primo Medioevo, le “fisiche” e le “miresse” che condividevano con i monaci la delega alla cura di uomini e bambini, e si occupavano di quella delle donne che non potevano essere esaminate dai chierici. Incontriamo figure come Ildegarda di Bingen, esperta di teologia, musica, medicina e fondatrice del monastero di Bingen am Rhein in Germania, e Sarah de Saint-Gilles, così nota a Marsiglia e in Francia per le sue doti mediche da spingere la Facoltà di medicina a proibire a tutti gli ebrei come lei di dedicarsi alla professione. Per quanto riguarda l’Italia, sappiamo che la Scuola di Salerno, nata nel IX secolo e pertanto considerata la prima istituzione scientifica europea, formò anche donne medico, le Mulieres Salernitanae, tra le quali la più nota è certamente Trotula De Ruggiero, divenuta famosa in tutta Europa come esperta di medicina delle donne. La scuola sarebbe stata messa da parte con la nascita delle università, in particolare di quella di Napoli, per vicinanza territoriale, e di Parigi per importanza politico-istituzionale […].

Insomma, alla fine

come Carlo Magno pose fine al potere dei monasteri femminili, che spesso diventavano piccoli principati, così Carlo VIII vietò la professione medica delle donne. Lo scopo era soprattutto quello di riservare la nobile arte a una categoria elitaria, la Facoltà.

Vale la pena inoltre ricordare, trattandosi anche quest’ultimo di un tema di una certa attualità, che:

la particolare lamentela rivolta alle “fisiche”, in un momento in cui ci si preoccupava del fatto che fossero così numerose, riguardava il problema dell’aborto, che per lungo tempo aveva lasciato indifferenti le autorità ecclesiastiche sulla base della distinzione agostiniana tra feto e neonato. Questa nuova accusa sarà ampiamente utilizzata nei processi alle streghe a partire dal XV secolo.

La possibilità, comunque non di poco conto in un mondo che si apprestava a diventare essenzialmente capitalista e individualista, di mantenere l’esclusiva su una professione che presto si sarebbe trasformata in una tra le più socialmente caratterizzanti e remunerative si radica a sua volta in motivazioni ben più profonde e antiche:

[…] la Chiesa farà pesare, per i due secoli successivi, l’accusa di eresia su un sesso minacciato da una proclamazione così manifestamente eretica.

Questa “proclamazione eretica” altro non è che la capacità del corpo femminile di suscitare nell’uomo il desiderio, quindi il peccato o l’allontanamento dalle “grandi questioni”, una minaccia tanto per il religioso, cattolico o protestante che sia, quanto per il genio illuminista, il filosofo, l’uomo di scienza.

Solo la donna, figlia di Lilith ancor più che di Eva – divenuta criminale da semplice peccatrice quale era, preda della Giustizia dopo essere stata semplice bersaglio del disprezzo –, sarà condannata al sessocidio.

Mi pare che in questo processo di accusa si percepisca chiaramente un’assonanza con le narrazioni mediatiche e giuridiche dell’ennesimo caso di stupro di una donna da parte di un uomo ancora ai nostri giorni: lo avrà certo sedotto; sicuramente era consenziente, poi si è pentita e ha denunciato.

In ogni caso, Françoise d’Eaubonne non ha certo bisogno dei miei sforzi di attualizzazione del suo pensiero e di questo saggio in particolare, dal momento che lei stessa chiude il testo con una sezione dedicato a “Streghe e modernità” in cui non potrebbe essere più chiara nell’esprimere come la superstizione, radicandosi, diviene cultura:

Non lo ripeteremo mai abbastanza: questa persecuzione, come quasi tutte, si radica nella paura. Si fa regnare il terrore perché si è terrorizzati. Cosa, nel “sesso debole”, può essere parso una tale minaccia per l’uomo di ieri? Malaparte ha scritto in Kaputt che i nazisti gli sembravano afflitti da un male curioso: avevano paura degli ebrei, degli infermi, dei pazzi, delle donne, insomma di ciò che è debole e sofferente. Questo tipo di riflessione, riferita alle donne, si può applicare perfettamente al patriarcato storico. E, al di là delle donne, si potrà rilevare anche un rifiuto del Femminile, storia di vecchia data.

Uno schema, quest’ultimo, […] che l’autrice riconosce come declinabile a piacimento:

Con un rovesciamento, del quale gli esempi abbondano sulla lista delle iniquità storiche – la vittima diventa assassino da punire, l’oppresso potenziale tiranno […].

Lo conferma il fatto che […] di sessocidio, nel tempo, si sono macchiati allo stesso modo cattolici, protestanti (Lutero ne fu uno dei più agguerriti sostenitori) e atei:

Secolarizzato da lungo tempo dopo l’avvento della filosofia illuminista, l’Occidente ha perso il significato soprannaturale di questo terrore, ma senza problematizzare quella malfidenza verso l’Altro che […] ha lasciato che i fuochi ardessero intorno a tanta carne femminile.

Là dove regna la paura, dove chi domina nasconde la propria vulnerabilità, risiede l’Altro, il capro espiatorio. In questo testo d’Eaubonne suggerisce che la “caccia alle streghe” non si sia estinta con l’ultimo rogo, ma si annidi, oltre che nel folclore, in ogni “esercizio abusivo dell’autorità nei confronti di una minoranza demonizzata”, così come “in una forma annacquata e seducente” da intrattenimento che nondimeno dimostra “l’attaccamento a un mito antichissimo” ben lungi dall’essere stato eradicato. Non da ultimo, in tutte quelle forme di svalutazione, a volte paternalistica altre violenta, che i membri di queste minoranze subiscono ogni giorno sul lavoro, a casa, nella sfera sociale.

[…] l’allergia all’Altro è ancora lì, in questa forma sessuale o razzista che è stata la disgrazia di un mondo cosiddetto civilizzato. Per questo non è inutile denunciarne la malsana persistenza, fosse anche solo evocando stragi così antiche, i cui germi sono sopiti anziché scomparsi.

[…] Dovremmo quindi accontentarci di rilevare l’utilizzo di “mezzi dubbi per conseguire fini giusti”? Come sottolinea evocativamente la prefazione all’edizione francese di Taous Merakchi che segue questa mia nota, riappropriarsi della definizione di “strega”, non solo collettivamente ma anche individualmente, è ancora oggi un gesto significativo. Studiose e studiosi – ma sì, soprattutto studiose – come d’Eaubonne e Federici hanno mostrato che la caccia alle streghe dev’essere considerata come un fenomeno sociale non isolato, inserito in un più ampio contesto di trasformazione del mondo che si dirigeva verso il Capitalocene: le Ipazia, le Ildegarda, le Sarah, le Christine de Pizan, così come le fisiche e le streghe senza nome, non erano solo vittime di esclusione, violenza, sessocidio, ma anche oppositrici minacciose della rimozione sociale che veniva loro imposta in quanto donne, contadine, povere, libere, Altre.
E aggiungono, utilizzando quasi le stesse parole, che la strega bruciata sul rogo nel XV secolo vede il proprio riflesso nel maccartismo di ieri così come nella “guerra al terrorismo” di oggi; diviene, nel migliore dei casi, un sinonimo di “femminista”, un film dell’orrore o un souvenir turistico, nei peggiori si reincarna subendo nuovi processi in Paesi che stanno mettendo in atto le stesse dinamiche di trasformazione socio-economica dell’Occidente.

Sara Marchesi

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