“The Great”, dalla Russia con amore (disfunzionale)
Negli ultimi mesi si è parlato molto di Russia, e non per motivi incoraggianti. Da quando il 24 febbraio Putin ha deciso l’invasione dell’Ucraina, le prime pagine di media e social si sono riempite di notizie riguardanti il Paese. Nella bulimia mediatica è capitato spesso di sentir citare il nome di Odessa, splendida città portuale cosmopolita ucraina sulle rive del Mar Nero. E, di sfuggita, si è parlato anche della sua fondatrice: Caterina II la Grande, Imperatrice di tutte le Russie dal 1762 al 1796.
E proprio della figura di Caterina (e non solo) parla “The Great”, una pièce teatrale trasformata in serie televisiva: una commedia leggera che punta a strappare qualche sorriso in settimane così cupe, anche se risalente ovviamente a ben prima dello scoppio del conflitto che stiamo seguendo in questi giorni.
Il primo elemento da segnalare è che la serie non è una fedele ricostruzione storica dell’Impero zarista del Settecento, tanto è vero che fin dall’apertura lo si dichiara apertamente attraverso il sottotitolo “an occasionally true story”.
La protagonista, Caterina, (sia quella storica che quella della serie) nasce in Prussia, il regno destinato a unificare la Germania di lì a 150 anni, Paese già militarista e impegnato in guerre continue sotto il regno di Federico il Grande per estendere il proprio predominio sugli stati tedeschi e rovesciare l’egemonia austriaca.
Caterina viene data in sposta al futuro zar Pietro III: un matrimonio dinastico che nasconde un raffinato gioco geopolitico, che vede, a metà del Settecento, ribaltarsi alcune storiche alleanze europee, con la Francia che si avvicina al nemico asburgico e la Prussia che stringe amicizia con l’Impero britannico. Il sempre più ingombrante orso russo, da poco uscito dal lungo regno modernizzatore (col consueto pugno di ferro) di Pietro il Grande, si fa conoscere con la sua partecipazione alla Guerra dei Sette anni. Prussia e Russia iniziano il conflitto da avversari e lo finiscono da alleati.
La futura zarina, fervente illuminista, sostenitrice della razionalità e sfegatata fan di Voltaire giunge quindi in un Paese che rappresenta l’estremo opposto della sua formazione culturale: un luogo dove irrazionalità, ferocia e crudeltà la fanno da padroni uniti a un potente spirito religioso fatto di superstizione e misticismo, il tutto condito con un culto della forza e della guerra continua (che sia contro ottomani, svedesi o prussiani poco importa), che riporta immediatamente alla mente la celebre frase di Federico di Prussia: “I russi è più facile ucciderli che sconfiggerli”. E qui si rischia di cadere nell’orientalismo e nei peggiori stereotipi, se non fosse che alcuni di questi luoghi comuni hanno una basa di verità storica. Quando si rimane stupiti dello stretto rapporto tra le masse povere dei contadini russi e l’autocrate di turno ci viene in aiuto proprio la tradizione letteraria popolare russa, che vede il popolo alleato dello zar, visto come protettore della povera gente di fronte alle angheria dei nobili.
Caterina inizia la sua personale battaglia per cambiare la Russia, ma forse sarà la Russia a cambiare Caterina. A questo punto vediamo comparire sulla scena alcuni personaggi, che sembrano rimandare ad alcune figure storiche e rappresentano i poteri che reggono il Paese, con i quali Caterina dovrà allearsi e scontrarsi di volta in volta come in un ballo di corte.
C’è Orlo, abile politico che rappresenta la burocrazia imperiale. Velementov, un generale (un po’ caricaturale e buffonesco) che rappresenta l’esercito e che potrebbe essere stato ispirato da figure come Suvorov o Kutuzov, due grandi generali della storia russa tra Settecento e Ottocento. Archie, il patriarca della potentissima Chiesa ortodossa russa da sempre sostegno della monarchia. C’è poi Elisabetta, che dietro le sue apparenti stranezze e i suoi gusti sessuali stravaganti nasconde un raffinato acume politico (personaggio ispirato probabilmente alla zarina Elisabetta che guidò la Russia dal 1741 al 1762). E, ovviamente, ci sono i nobili e le nobili di corte. Infine c’è lui: Pietro III.
E qui entriamo nel vivo dell’opera che vede l’incontro-scontro, sia umano che politico, tra marito e moglie. Ognuno dei due rappresenta infatti una faccia di quell’enigmatica medaglia che è lo “spirito russo”. La Russia, Paese enorme da sempre diviso tra attrazione verso l’Europa e spinta verso l’Asia con tutte le tensioni che ne derivano. A seconda della fase storica, un’anima vince sull’altra senza però mai risultare definitivamente trionfatrice. E così vale per Pietro e Caterina. I due si scontrano senza esclusione di colpi per la conquista del potere scoprendosi alla fine innamorati l’uno dell’altra. Un amore disfunzionale e tossico, ma non per questo meno potente.
Una commedia che con la scusa della narrazione storica ci parla delle umane passioni (e miserie) e, di pari passo, con la scusa dell’analisi umana ci racconta la storia della Russia e di una Caterina frustrata dal fallimento continuo del suo tentativo di far diventare i russi come gli occidentali (frustrazione di tanti occidentali anche oggi).
Per chi fosse interessato alla vicenda del matrimonio tra Pietro III e Caterina II (che ha tratti assai meno romantici della commedia) e alle guerre di potere nella Russia del Settecento rimandiamo a libri e siti storici specializzati.
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