Dhl, sequestro di 20 milioni di euro per frode sull’Iva e contributi non versati

Ventitré false cooperative sono state usate per esternalizzare 1.573 lavoratori, non pagare i loro contributi, abbattere il carico fiscale ed evadere l’Iva. Contro questo sistema del subappalto, dello sfruttamento e della concorrenza sleale creato dalla Dhl Supply Chain Italy spa, la società della multinazionale della logistica Dhl che distribuisce in Italia anche il vaccino Astrazeneca, i sostituti procuratori di Milano Paolo Storari e Giovanna Cavalleri hanno disposto ieri il sequestro d’urgenza di 20 milioni di euro dopo un’inchiesta condotta dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Milano, insieme all’Agenzia delle Entrate, nelle provincie di Milano, Monza-Brianza, Lodi e Pavia. La richiesta dovrà essere convalidata da un Gip.

L’Operazione «Mantide» ha scoperto una presunta «complessa frode fiscale caratterizzata dall’utilizzo di fatture inesistenti e dalla stipula di fittizi contratti di appalto per la somministrazione di manodopera in violazione della normativa di settore». La ricostruzione della filiera della manodopera ha permesso di scoprire che i rapporti di lavoro con la società committente venivano «schermati» da un consorzio che si avvaleva a sua volta di 23 società cooperative (società serbatoio), che si avvicendavano nel tempo trasferendo la manodopera dall’una all’altra, omettendo sistematicamente il versamento dell’Iva e, nella maggior parte dei casi, degli oneri di natura previdenziale.

Sono due le persone indagate: Fedele De Vita, presidente della società fino al 2018, Antonio Lombardo, presidente dal maggio 2018. La Procura ipotizza per entrambi reati fiscali per «evadere l’Iva, avvalendosi di fatture per operazioni giuridicamente inesistenti emesse dal Consorzio Industria dei Servizi, simulando contratti di appalto invece di contratti di somministrazione di mano d’opera, nelle dichiarazioni Iva della DHL Supply Chain (Italy) spa relativi alle annualità dal 2017 al 2020, indicavano elementi passivi fittizi (Iva indetraibile) per oltre 20,7 milioni di euro». Secondo la Procura di Milano la filiera così creata ha mascherato «somministrazioni irregolari di manodopera a favore di committenti più o meno conniventi», Dhl in questo caso, «massimizzando guadagni illeciti in virtù del mancato pagamento delle imposte (dirette ed indirette), delle ritenute da lavoro dipendente e dei contributi previdenziali ed assicurativi».

Il sistema, non isolato nella sola logistica lombarda, è costruito su «contratti di somministrazione illecita di manodopera fatti passare come contratti di appalto», tariffe «imposte dal committente, che non sono in grado di remunerare la manodopera» e l’omesso versamento «dell’Iva e contributi da parte dei serbatoi di dipendenti, come condizione necessaria per remunerare il lavoro, condizione sostanzialmente «imposta dal committente», cioè Dhl. Dalle email, riportate nel decreto di sequestro, emerge come «il personale dipendente sia stato spostato da un consorzio all’altro con estrema flessibilità, sulla base delle mere esigenze organizzative della committenza e a prescindere dalla volontà e dalle esigenze dell’appaltatore/subappaltatore, formale datore di lavoro delle maestranze impiegate nei simulati appalti». Questo sistema ha impedito il «recupero per l’erario, essendo le cooperative nullatenenti; nessuna tutela per i lavoratori, costretti a passare da una cooperativa all’altra, pena la perdita del posto di lavoro».

I magistrati annotano anche che «per contrastare questo fenomeno, il 14 Ottobre 2019, si è aperto in Prefettura a Milano un tavolo con le principali istituzioni, associazioni e player di settore per stipulare un “Patto per il rispetto pieno dei diritti dei lavoratori e della concorrenza leale» nella logistica. Dhl è stato «attore principale di questo tavolo». Nel maggio del 2019 il Tribunale di Milano, su richiesta del pm Storari, aveva posto «in amministrazione giudiziaria Ceva Logistics per il reato di caporalato in seguito all’inchiesta sul consorzio Premium Net, che gestiva la movimentazione della Città dei Libri di Stradella». Nacque allora il «tavolo» contro il caporalato.

di Roberto Ciccarelli

da il Manifesto dell’8 giugno 2021

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