La comunità che cura la società – Una riflessione da Curami, il Festival delle Brigate per l’emergenza

Riprendiamo il testo prodotto dalle Brigate Volontarie per l’Emergenza e che riporta gli aspetti più importanti emersi durante la discussione “Sanità & salute pubblica” tenutasi il 18 settembre durante Curami, la tre giorni di festival delle brigate.


La comunità che cura la società.

La fase pandemica nel contesto sociale globale ci obbliga a dotarci di nuovi strumenti, strategie e attitudini per affrontare l’esistente…e provare a trasformarlo.

Crediamo che l’unico mondo possibile debba essere quello dei desideri comunitari, della solidarietà e della giustizia sociale.

Sanità e salute pubblica

La pandemia di COVID-19 ha reso drammaticamente evidenti le conseguenze delle politiche socio-sanitarie portate avanti in Regione Lombardia negli ultimi 25 anni dalle giunte guidate da Comunione Liberazione (Legge 31 del 1997 di Formigoni) e Lega (Legge 23 del 2015 di Maroni). Dietro la retorica dell’eccellenza lombarda in materia di sanità – eccellenza reale, ma a disposizione dei pochi che possono permettersela – c’è una realtà fatta di sistematico trasferimento di risorse dalla sanità a quella privata, consistenti tagli al personale sanitario, progressivo smantellamento dei servizi territoriali (consultori, i servizi a domicilio e il medico di medicina generale). Il disastro cui è andata incontro la popolazione era già iscritto nelle condizioni strutturali.

La mancata istituzione di zone rosse nelle aree più a rischio, l’inefficienza nel monitoraggio delle catene di contagio, l’occultamento dei dati, la scarsità di DPI (dispositivi di protezione individuale) distribuiti, il disastro nelle RSA trasformate in ‘corridoi della morte’, l’assenza di attività d’igiene pubblica d’emergenza e la saturazione di posti letto negli ospedali hanno fatto il resto. Contiamo oltre 17mila decessi solo in Lombardia. E’ evidente che le scelte compiute da Fontana e Gallera siano direttamente collegate a queste morti, molti delle quali potevano essere evitate da interventi tempestivi e da procedure più efficienti. Non ci si prepara ad un’emergenza nel pieno dell’emergenza.

Ad essere finito è il lockdown, non la pandemia. Ad oggi, i servizi fondamentali per contenere e gestire la crisi sanitaria in modo efficace non sono ancora stati messi in atto. Il lockdown in Lombardia non c’è mai stato veramente.

Il 51% delle aziende non ha mai smesso di lavorare e il numero delle persone infette dal virus erano circa la metà del numero totale in Italia. Questi dati evidenziano in maniera netta come la macchina del profitto economico, capitanata da Confindustria, abbia continuato ad andare avanti imperterrita nonostante l’emergenza, a scapito del benessere delle lavoratrici e dei lavoratori, così come delle loro famiglie e della popolazione in generale.

Il capitalismo non si è fermato nemmeno quando morivano centinaia di persone al giorno. Così come non si è fermata la violenza di genere: c’è anzi stato un significativo aumento dei casi di violenza domestica ed una maggiore difficoltà ad accedere all’IVG e alle cure ormonali per le persone in transizione.

La denuncia delle responsabilità politiche dell’attuale giunta lombarda a trazione leghista e del ruolo giocato da Confindustria e dei poteri economici, unitamente alla proposizione di un’alternativa a un modello sanitario che mette al primo posto il profitto di pochi a discapito della salute della maggioranza, deve essere un pilastro su cui basare la nostra azione politica.

Solo un’efficiente sanità gratuita, territoriale e capillare, preventiva e laica può far fronte a una crisi sanitaria di questo livello, un sistema sanitario attento alle specifiche esigenze di ogni comunità e ai bisogni delle persone senza nessuna discriminazione di genere, razza e classe. Per questo dobbiamo mettere al centro dei nostri ragionamenti il concetto di cura, attraverso la creazione di relazioni e reti solidali.

La definizione dell’OMS di salute è: “stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia”. Questa dovrebbe aiutarci a ridefinire cos’è la malattia, la patologia e il benessere considerando la salute più come una condizione di equilibrio dinamico, dunque sempre nuovo, continuamente da costruire tra il soggetto e l’ambiente umano, fisico, biologico, relazionale e sociale che lo circonda. Da questa evoluzione di significato dobbiamo ripartire e pretendere un cambiamento radicale nelle nostre vite.

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