La Spagna dice sì. Il parlamento approva il diritto all’eutanasia

Giornata storica, ieri, al Parlamento di Madrid. La Spagna è diventata il settimo paese al mondo (il quarto in Europa) a garantire il diritto all’eutanasia. Con la legge approvata in via definitiva dal Congresso dei deputati, l’ordinamento giuridico accoglie un nuovo diritto, quello alla morte degna. La sanità pubblica dovrà inserirla fra i servizi offerti su tutto il territorio nazionale. A favore di questa legge, proposta da socialisti e Unidas podemos, tutti i partiti, con l’eccezione di Vox e Partito popolare.

La società spagnola dibatte sul tema ormai da più di 20 anni. Nel 2004 il regista Alejandro Amenabar, in Mare dentro, raccontava la vicenda di Ramón Sampedro, un tetraplegico che riuscì finalmente a porre fine alla sua vita nel 1998 dopo anni di lotta per ottenere il diritto al suicidio assistito. Il caso ebbe un’enorme eco mediatica e Izquierda Unida fu il primo partito a presentare la prima proposta di legge in tal senso. Allora ottenne solo 25 voti: più di 20 anni dopo, i voti a favore nel Congresso sono diventati 202 (su 350).

Numerose in questi anni le drammatiche storie di persone che hanno lottato per questo diritto, tutte ricordate ieri durante l’ultimo dibattito: da Maria José Carrasco, la donna affetta da sclerosi multipla avanzata che aveva pregato il marito di aiutarla a morire (il marito è sotto processo per averle somministrato il farmaco letale), a Maribel Tellaetxe, che aveva chiesto a figli e marito di aiutarla a morire quando l’Alzheimer le avesse cancellato il loro nome dalla memoria, fino a Antoni Monguilod, malato di Parkinson che per anni aveva chiesto alla moglie di aiutarlo a morire, ma non voleva finisse nei guai come il marito di Carrasco. Secondo sondaggi come quello di Metroscopia, l’appoggio della società a questa norma è oggi intorno al 90% (era solo del 50% negli anni 90).

La nuova norma, che allinea la Spagna a paesi come Belgio, Lussemburgo, Olanda, Canada e Colombia, prevede che i residenti in Spagna da almeno un anno, maggiorenni che soffrano di «una malattia grave e incurabile» o di «una patologia cronica, grave e impossibilitante», che provochi «una sofferenza fisica e psichica intollerabile», capaci di intendere e volere, in «maniera autonoma, cosciente e informata» possano avvalersi di questo nuovo diritto. Ne dovranno fare richiesta scritta (a meno di esserne impossibilitati), dopo essere stati informati correttamente e per iscritto sul loro stato di salute e sulle alternative di cure palliative disponibili. La decisione potrà essere inserita nel testamento biologico o documento equivalente e potrà essere revocata o ritardata in qualsiasi momento.

La richiesta dovrà essere ripetuta dopo 15 giorni: a quel punto verrà consultato un secondo medico, che dovrà stilare un rapporto. Poi interviene una commissione di garanzia multidisciplinare regionale, che in due giorni deve nominare un medico e un giurista. In una settimana dovranno stabilire se vengono rispettati tutti i requisiti. Contro una eventuale decisione negativa il paziente potrà fare ricorso. Tutto il processo dura circa un mese.

La modalità potrà essere quella dell’eutanasia attiva (con l’intervento dei medici), o quella del suicidio assistito (il paziente si potrà somministrare un farmaco), e potrà avvenire in ospedale, clinica o nel proprio domicilio. I medici potranno fare obiezione di coscienza. L’approvazione della legge è stata salutata da un lungo applauso dei parlamentari presenti in aula (gli altri partecipavano telematicamente), mentre i deputati di Vox esibivano cartelli minacciando di fare ricorso al Tribunale costituzionale (ne hanno facoltà, avendo più di 50 deputati).

La legge entrerà in vigore dopo tre mesi dalla pubblicazione in Gazzetta, ma già dal giorno dopo le comunità autonome potranno iniziare il procedimento per nominare le commissioni: è stato l’unico emendamento approvato al Senato, assieme alla possibilità che nelle commissioni entrino anche infermieri. Dovranno esserci almeno sette persone, ma i criteri sono lasciati ai governi locali.

di Luca Tancredi Barone

da il Manifesto del 19 marzo 2021

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