Luca Casarini: «Contro di noi il colpo di coda di Salvini»
La Mare Jonio al centro di uno scontro istituzionale tra capitaneria di porto di Lampedusa e Viminale. Maximulta da 300 mila euro e sequestro, dopo l’ok all’ingresso in acque territoriali. Intervista al capomissione.
Proprio quando lo stallo sembrava risolto, l’equipaggio della Mare Jonio ha dovuto affrontare una nuova, inattesa emergenza. Questa volta nelle acque agitate di un vero e proprio scontro istituzionale. Lunedì pomeriggio era stato autorizzato «per motivi sanitari» lo sbarco delle ultime persone salvate il 28 agosto scorso. Qualche ora dopo la capitaneria di porto di Lampedusa ha dato il via libera all’ingresso nelle acque territoriali della nave umanitaria. A bordo era rimasto solo l’equipaggio. In seguito, però, alcuni ufficiali della Guardia di Finanza hanno raggiunto l’imbarcazione e notificato l’ennesimo sequestro e una maximulta da 300 mila euro. Abbiamo intervistato il capomissione Luca Casarini, poco prima che l’imbarcazione attraccasse finalmente nel porto dell’isola siciliana.
Cosa è successo dopo il trasbordo degli ultimi naufraghi?
Quando l’ultima persona salvata è scesa a terra, nel porto di Lampedusa, abbiamo considerato concluso l’evento Sar di ricerca e soccorso. A bordo era rimasto solo l’equipaggio, erano quindi venute meno le condizioni ostative all’ingresso nelle acque territoriali italiane. Noi siamo comunque rimasti in attesa dell’autorizzazione. Abbiamo contattato il centro di coordinamento per il soccorso in mare (Mrcc) di Roma, che ci ha detto che la competenza sull’ingresso era della capitaneria di porto di Lampedusa. Questa ci ha chiesto di svolgere le normali pratiche. Lo abbiamo fatto, inviando tutti i documenti. Successivamente la capitaneria ci ha ricontattato attraverso il canale radio Vhf 16 che, insieme a mail e telefono satellitare, è uno dei tre strumenti che utilizziamo per le comunicazioni con le autorità. Ha autorizzato l’entrata nelle acque territoriali e ci ha indicato le coordinate del punto assegnato. Così abbiamo varcato il limite delle 12 miglia, ci siamo diretti dove richiesto e abbiamo comunicato che ci trovavamo nelle coordinate convenute, chiedendo quando saremmo potuti entrare nel porto dell’isola. Ci hanno risposto di attendere la mattina seguente. Ci stavamo apprestando a farlo…
Invece?
Invece siamo stati raggiunti da una telefonata della Guardia di Finanza che poco dopo ci ha affiancato con un gommone militare. Degli ufficiali sono saliti a bordo comunicandoci che la Mare Jonio era sotto sequestro per effetto del decreto sicurezza bis. Quando abbiamo spiegato che l’ingresso era stato autorizzato dalla capitaneria di porto, ci hanno risposto soltanto: «A noi non risulta». Lì abbiamo capito che era in corso un conflitto tra due istituzioni.
Dopo cosa è accaduto?
Io, in qualità di capomissione, e Giovanni Buscema, comandante della nave, siamo stati portati in caserma dove ci hanno notificato una multa da 300 mila euro e il nuovo sequestro della Mare Jonio. Un sequestro che questa volta preluderebbe alla confisca. Adesso, però, c’è spazio per i ricorsi. I nostri avvocati sono già a lavoro. Dimostreremo di nuovo che chi ha usato in termini di illegalità la propria posizione di potere non siamo certo noi, ma qualcuno che una volta faceva il ministro. Non abbiamo paura, ma ci fa rabbia dover perdere ancora del tempo. Saremmo potuti ripartire subito per tornare nel Mediterraneo centrale, dove c’è bisogno di noi.
Qualche giorno fa la guardia costiera ha trasmesso alle procure di Agrigento e Roma i 37 nomi della catena di comando che ha portato al rifiuto di concedervi un porto sicuro. Adesso questo scontro con il Viminale. Come interpreta questi segnali?
Mi pare che questa mossa compiuta a notte fonda sia l’ultimo colpo di coda di chi voleva vendicarsi di Mediterranea. Che alla fine ha fatto semplicemente ciò che andava fatto. Perché nonostante decreti, divieti, blocchi, sequestri, abbiamo salvato 98 persone e affermato i principi delle convenzioni internazionali e di umanità. Capiamo che tutto ciò dia fastidio a qualcuno, ma il fastidio passa. Come passano i ministri.
Da domani infatti ne arriverà uno nuovo. Mediterranea ha qualche messaggio da recapitare?
In questo periodo si parla tanto dei decreti sicurezza. Bisogna denunciare la ratio di questi provvedimenti. Spingono all’illegalità non solo chi compie i salvataggi, ma anche gli uomini dello Stato. Perché questi agenti, questi ufficiali, questi comandanti che compiono atti illeciti in base agli ordini ricevuti saranno tutti indagati. Non è che viene indagato solo chi ha l’immunità parlamentare. E qui si tratta di crimini gravissimi, come le violazioni di diritti umani o i trattamenti inumani e degradanti. Queste leggi vanno cancellate anche per questo, perché sono criminogene: producono crimini.
di Giansandro Merli
da il Manifesto del 4 settembre 2019
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