Nel Bergamasco i primi due morti per lavoro

Due dipendenti di Poste Italiane deceduti in pochi giorni. La Cgil: ridurre drasticamente il servizio. Pressioni del governo sull’azienda. Primi decessi non nella sanità. Oggi riunione d’urgenza dell’Agcom.

Sono i primi due lavoratori – non della sanità – morti per Covid19 in Italia. Si tratta di due dipendenti di Poste Italiane del Bergamasco. Il contatto col pubblico sembra essere la causa del contagio, sebbene non ci siano certezze al proposito.

A rendere pubblica la notizia è stata la Slc Cgil locale. Nessuna notizia ufficiale da parte dell’azienda, ma secondo la ricostruzione dei sindacati il primo lavoratore sarebbe morto venerdì scorso, il secondo invece lunedì. Entrambi avevano lavorato fino a pochi giorni fa: il primo in un centro di recapito e l’altro in un ufficio postale di due comuni della provincia. Secondo le dichiarazioni della segretaria generale di Slp Cisl Bergamo Rossana Pepe una delle due vittime sarebbe un postino del comune di Ponte San Pietro.

Sui social, nei gruppi dei lavoratori di Poste Italiane tanta costernazione e preoccupazione ma grande discrezione: non viene violata la privacy delle vittime e delle loro famiglie.

In pochi minuti è montata la polemica sulle condizioni di lavoro e sulla possibilità di ridurre i servizi postali. Chiuderli sarebbe impossibile in quanto servizi pubblici essenziali, citati anche nell’ultimo decreto del governo.

Da tempo la Slc Cgil e gli altri sindacati denunciavano il ritardo nelle dotazioni di sicurezza agli operatori di Poste italiane.
I dipendenti totali di Poste Italiane sono 130mila. «In una situazione normale quelli a contatto con il pubblico sono circa 90mila – spiega il segretario nazionale Slc Cgil Nicola Di Ceglie –  Si tratta dei portalettere, degli sportellisti e dei consulenti finanziari. Ma già in queste settimane insieme all’azienda abbiamo ridotto di molto questo numero grazie allo smart working. Siamo attendendo un report dall’azienda su quello che è successo nel Bergamasco, dovremmo averlo nei prossimi giorni. Di sicuro gli operatori stanno pagando un prezzo alto, molti si sono ammalati, altri si trovano in quarantena», conclude Di Ceglie.

«Non abbiamo mai chiesto e non chiediamo la chiusura degli uffici postali – precisa il segretario generale Slc Cgil Fabrizio Solari – ma di mettere nelle condizioni di massima sicurezza i lavoratori di Poste Italiane, così come coloro che operano nei settori delle telecomunicazioni».

In più la Slc Cgil ha ieri ha deciso di inviare una lettera all’Agcom, l’autorità competente in fatto di comunicazione e di servizio postale: «Riteiamo necessario che l’Autorità si esprima in modo formale a favore di una riduzione dei livelli del servizio postale. Considerando sia la contemporanea apertura delle tabaccherie e delle banche, sia il decreto Cura Italia che sospende molti versamenti, e anche il fatto che non vi sono pagamenti di pensioni fino al prossimo mese, riteniamo necessaria una drastica riduzione del servizio di recapito e dell’apertura degli uffici aperti al pubblico fino al momento in cui l’attuale emergenza sanitaria sarà superata».

«Il punto è che ormai “andare in Posta” per molti è diventato il pretesto per fare una passeggiata giustificata in paese», denuncia Marisa Adobati, segretaria Slc Cgil di Bergamo che ha reso pubblica la notizia dei due colleghi morti. «Questi comportamenti però rischiano di appesantire una già drammatica situazione nella nostra provincia».

Anche sotto la pressione dei sindacati, la stessa Agcom ha convocato per oggi un Consiglio straordinario con all’ordine del giorno anche la questione Poste. L’Autorità ha il ruolo di vigilare sulle motivazioni delle chiusure e le gestioni degli orari di apertura. Qualora dovesse intervenire il governo, fanno sapere dalla sede di via Isonzo a Roma, Agcom ne prenderebbe atto.

Già in serata infatti erano in corso un’interlocuzione tra il governo e Poste italiane per valutare una stretta sull’apertura degli uffici. Si valuta la possibilità di una riduzione dei giorni di apertura, garantendo comunque il servizio essenziale di pubblica utilità. Oltre alla necessità di garantire che i dipendenti impiegati operino in condizioni di massima sicurezza.

Trattandosi di una società per azioni, seppur a maggioranza pubblica, sarà comunque l’amministratore delegato Matteo Del Fante a decidere come operare.

di Massimo Franchi

da il Manifesto del 18 marzo 2020

 

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