“Guantanamo is killing me”

guantanamoNonostante fosse circolata la voce di una imminente chiusura di Guantanamo da parte dell’amministrazione Obama, testimonianze come quella che leggerete dimostrano non solo il contrario, ma continuano a confermare le sistematiche violazioni dei diritti umani che avvengono al suo interno.

Abbiamo tradotto per voi questo articolo del New york Times. Buona lettura.

 

“Un uomo da queste parti pesa 77 libbre (circa 35 chili, NDR). Un altro, 98 libbre (circa 50 chili, NDR). L’ultima volta che mi sono pesato, il mio peso era di 132 (66 chili), ma era un mese fa.

Sono in sciopero della fame dal 10 febbraio scorso e ho perso all’incirca 15 chili. Non mangerò finché non mi sarà restituita la dignità. Sono detenuto a Guantanamo da 11 anni e 3 mesi. Non ho nessun capo d’accusa confermato. Non ho mai subito un processo.

Sarei dovuto tornare a casa anni fa (nessuno pensa seriamente che io possa essere un pericolo pubblico), ma sono ancora qua. Anni fa i militari hanno detto che ero una “guardia” per Bin Laden, ma questo non ha senso, come un film americano che si vedono in TV. Anche i militari sembrano non crederci più. Ma non sembrano nemmeno curarsi del fatto che io sia seduto qui da troppo tempo.

Quando ero a casa mia, in Yemen, nel 2000, un amico d’infanzia mi ha detto che in Afghanistan avrei potuto guadagnare di più dei 50 dollari al mese che prendevo in una ditta, e aiutare così la mia famiglia. Non avevo mai viaggiato prima, e non sapevo nulla sull’Afghanistan, ma ho deciso di provarci.

Ho sbagliato a credere a quel mio amico. Non c’era lavoro. Volevo ripartire, ma non avevo più i soldi per tornare a casa. Dopo l’invasione Usa del 2001, mi sono rifugiato in Pakistan, come tutti gli altri. I pakistani mi hanno arrestato quando ho chiesto di essere ricevuto da qualcuno dell’ambasciata yemenita. Mi hanno spedito a Kandahar, e messo sul primo aereo per Guantanamo.

Lo scorso mese, a metà marzo, stavo male nell’ospedale della prigione e rifiutavo di essere nutrito. Una squadra del ERF (Extreme Reaction Force), un gruppo di otto militari in divisa anti sommossa, hanno fatto irruzione nella clinica. Mi hanno legato al letto con le mani immobilizzate. Mi hanno inserito una flebo forzatamente nella mano. Ho passato 26 ore in questo stato, legato al letto. Durante queste ore non mi era permesso nemmeno andare in bagno. Mi hanno messo un catetere, che mi ha causato dolore, umiliazione, e non era necessario. Non mi hanno nemmeno permesso di pregare.

Non dimenticherò mai la prima volta che mi hanno messo un tubo di nutrizione su per il naso. Non posso descrivere quanto sia stato doloroso. Mi veniva da vomitare, ma non potevo. Avevo dolori insopportabili al petto, gola e stomaco. Non avevo mai provato dolori così forti in precedenza. Non augurerei una punizione così crudele a nessuno.

Tuttora sono nutrito in modo forzato. Due volte al giorno mi legano ad una sedia: braccia, gambe, e testa. Non so mai quando arriveranno. Talvolta vengono di notte, tardi, alle 23, mentre sto dormendo.

Molti di noi prigionieri sono in sciopero della fame ultimamente, talmente tanti che lo staff medico preposto alla nutrizione forzata non è sufficiente: nulla viene eseguito in modo regolare, da staff qualificato. Viene tutto fatto di fretta e a qualsiasi ora, giusto per farlo.

Durante una nutrizione forzata l’infermiera ha spinto il tubo per 45 cm nel mio stomaco, facendomi più male del solito, solo perché lo stava facendo con violenza. Ho chiamato l’interprete per chiedere a un medico se quella procedura fosse stata fatto correttamente o no. E’ stato così doloros0 che ho supplicato di smettere. L’infermiera si è rifiutata e, mentre finiva, parte del liquido usato per nutrirmi è fuoriuscito, macchiando i miei vestiti. Ho chiesto di poter essere cambiato, ma mi è stato negato.

Quando vengono a nutrirmi forzatamente alla sedia, rifiuto di essere legato, così chiamano la squadra ERF. Così, ho una scelta. O esercito il diritto di protestare per la detenzione, ed essere picchiato, o posso sottomettermi alla dolorosa nutrizione forzata.

L’unica ragione per cui sono ancora qui è che il Presidente Obama rifiuta di rimandare i detenuti in Yemen. Questo non ha senso. Sono un essere umano, non un passaporto, e merito di essere trattato da umano.

Non voglio morire qui, ma finché Obama e il Presidente yemenita non faranno qualcosa, questo è il rischio che corro ogni giorno.

Dov’è il mio governo? Sarei disposto a sottostare a ogni tipo di misura di sicurezza pur di essere rimandato a casa, anche se so che non sono assolutamente necessarie.

Sarei d’accordo con qualunque condizione pur di tornare in libertà. Ho 35 anni ora. Tutto ciò che desidero è rivedere la mia famiglia natale e fare una famiglia per conto mio.

La situazione è disperata ora. Tutti i detenuti stanno soffrendo pene indescrivibili. Almeno 40 persone sono in sciopero della fame. La gente sta rischiando di morire esausta ogni giorno. Io ho vomitato sangue.

E non c’è alcun segno di fine alla nostra prigionia. Negarci il cibo e rischiare la morte ogni giorno è la scelta che abbiamo fatto.

Quello che spero è che tutta la sofferenza che stiamo provando possa servire a far aprire gli occhi alla gente e posarli su Guantanamo, prima che si troppo tardi.”

 

Samir Naji al Hasan Moqbel.

 

 

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