I tanti muri della discriminazione. Lo strano caso dell’insegnante di italiano per stranieri

bambini-a-scuolaj-610x400La storia recente e passata presenta il conto alle potenze che hanno speculato sulla vita e la libertà delle persone.
Dal colonialismo ad oggi, prosegue una logica di sudditanza dei paesi non occidentali (Russia, Cina e Giappone a parte) che nel corso dei secoli ha assunto differenti colori e sfumature in base agli interessi che hanno mosso e muovono i paesi occidentali ad interferire nel diritto di autodeterminazione dei popoli.

Si parla di libertà e democrazia sulla carta, si chiama capitalismo nei fatti.

L’accaparramento delle risorse energetiche, il rigenerarsi continuo del traffico di armi, l’alterazione nei paesi non-ancora-davvero-decolonizzati dei meccanismi di governo e di cambio di potere, l’appoggio a dittature considerate amiche perché tutelavano gli interessi economici del “primo mondo”, la spinta alla guerra e all’invasione come soluzione unica, il sostegno sottobanco in alcuni momenti storici a gruppi fondamentalisti che oggi come ieri seminano terrore indisturbati …

Questa è la realtà delle migrazioni di questi giorni, una realtà di costrizioni e sofferenze, una realtà che spinge oltre l’immaginazione. Oltre i confini.

E sono proprio i confini e la legittimità delle frontiere il punto.
Si parla di alzare muri grandi quanto un castello come in Ungheria da una parte, di abbattere frontiere dall’altra. L’unica cosa che non ci si vuole dire fino in fondo è che niente potrà arrestare il diritto ad una vita migliore e finché ci sarà voglia di rivendicare questo diritto, finché ancora ci sono persone che vogliono lottare per la riappropriazione del benessere personale e comune, nessun muro, nessun filo spinato, nessuna barriera arresteranno le popolazioni in movimento.

E c’è persino chi sta giocando con questa situazione. Confini ufficialmente chiusi ma ufficiosamente aperti come succede per esempio a Botovo e Gola, cittadine croate di passaggio per migliaia di migranti; frontiere serrate come quella di Ventimiglia, dove, spenti i riflettori estivi, la polizia carica e sgombera il presidio di sostegno attivo fin dal primo momento; varchi che si richiuderanno quando uno o l’altro paese europeo decideranno di avere abbastanza manodopera per la crescita della propria economia.

La situazione in Italia è chiaramente bizzarra: si parla di invasione (ormai tutti sanno che i flussi migratori che arrivano in Italia sono inferiori a quelli della maggior parte degli altri paesi coinvolti) e vi si allaccia la solita tiritera del “ci rubano il lavoro!” “prima gli italiani!” “gli immigrati stanno negli alberghi e noi nemmeno una casa” ecc.. ecc..

Quando affrontiamo il tema nel nostro paese la faccenda si fa dura.
Non sono infatti solo le frontiere del Frontex a dover essere abbattute.

I nostri sono confini dettati dalla mancanza di politiche serie di integrazione (badate, non di assimilazione!), dal mancato investimento nell’intercultura, dall’incapacità di considerare il bene comune e di vedere il “comune” non solo come un diritto di cittadinanza, ma come un diritto alla vita.

Un esempio concreto di cosa sia una barriera non tangibile riguarda l’amministrazione dell’insegnamento dell’italiano come lingua seconda, un settore non tutelato dall’apparato statale, un settore su cui non si investe…come se non ci fosse un reale bisogno di sistematizzare questo servizio alla società.

La realtà è però diversa.

Nelle scuole elementari e medie inferiori, soprattutto, le classi sono formate da studenti con background culturali differenti e con diverse provenienze e approcci alla vita.
Si parla di classi un cui ci sono minimo 10 studenti non italiani e 15 italiani, classi in cui l’insegnante spesso si trova da sola o da solo a gestire situazioni complicate dal punto di vista didattico ed educativo per cui non è stato preparato. Nei CTP insegnano docenti di lettere in attesa di un incarico che spesso non hanno le competenze che richiede l’insegnamento di una lingua seconda.

Ma chi ha questa esperienza allora?
La risposta è semplice quanto complicata: gli insegnanti di italiano L2, di fatto una sottocategoria dei precari della scuola, che soffre ancora di più di questa instabilità dilagante perché…non riconosciuti dallo stato.
Una categoria che porta avanti la propria missione (perché è di questo che si sta parlando ormai) di creare la prima base di integrazione di una società, ossia la possibilità di comunicare, e lo fa accettando condizioni di lavoro a dir poco frustranti, tra contratti a progetto fasulli, ritenute d’acconto che abbattono un futuro pensionistico,e la costrizione a spostarsi da una scuola all’altra nell’arco di una giornata, nell’attesa che qualcosa si muova e che finalmente si riconosca un lavoro che oggi più che mai risulta di fondamentale importanza se si vuole davvero andare nella direzione di un paese multiculturale e non di un agglomerato di culture in conflitto tra loro.

Dopo anni di vane speranze, tra la melmosa e puzzolente riforma della Buona Scuola, le insegnanti di italiano L2 hanno intravisto un raggio di luce: la Ministra Giannini ha dichiarato la prossima apertura di una classe di concorso per l’insegnamento dell’italiano agli stranieri.
Bene! Penseranno i e le più.
…L’unico problema è che ancora non si capisce se il raggio sia di sole o di luna…
Da prime indiscrezioni, infatti, pare che i requisiti per l’ammissione alla graduatoria non corrispondano esattamente alle competenze che deve avere oggi un insegnante di italiano L2.
Sembrerebbe infatti che i bandi saranno fatti in modo da accogliere le eccedenze degli insegnanti di altre materie, per esempio lettere o filosofia, o non considereranno fondamentali percorsi universitari o certificazioni che abilitano all’insegnamento della lingua seconda.
Si dice anche che probabilmente non attiveranno il concorso per l’anno venturo.

Questa continua timidezza (per usare un eufemismo) nel non riconoscere la professionalità dei docenti di L2 è quindi da una parte causata da un’assenza di volontà di investire nell’intercultura, dall’altra fa sì che questo tipo di insegnamento rimanga doppiamente vittima delle scellerate politiche sull’istruzione che han portato oggi ad una precarizzazione della figura dell’insegnante e ad una subordinazione dello stesso ad un sistema di scuola-azienda, con l’insegnante costretta non più a lavorare per la passione di tramandare cultura e confrontarsi, ma obbligato a faticare schiacciato da logiche di competizione tra colleghe, un sistema dove la lezione si trasforma in uno schema che prepara studenti ad essere futuri precari utili in base alle esigenze di mercato.

Se i rumors si dovessero confermare, il docente di italiano L2 rimarrebbe destinato alla precarietà o peggio, sarebbe impossibilitato ad esercitare le proprie conoscenze e il lavoro per cui ha attraversato un preciso percorso formativo e la scuola italiana perderebbe l’occasione di un vero ed importante passo verso la multiculturalità.

Vogliamo credere che le cose non andranno così, che per una volta che si è parlato di questa classe di concorso si affronterà seriamente la questione e si terrà conto della prospettiva migliore nel lungo periodo.

Il diritto ad un’esistenza adeguata non esiste senza la possibilità per chi arriva di poter accedere agli strumenti per orientarsi e realizzarsi nel rispetto dei propri codici e di quelli del paese d’arrivo, e, la lingua, e’ il primo fra tutti.

Valentina

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