Due sconfitte per Putin

A Ekaterinburg e Astrachan i movimenti per la difesa dell’ambiente sconfiggono gli speculatori del gruppo di potere putiniano.

Chi l’avrebbe mai detto? Chi l’avrebbe mai detto che mentre il Presidente russo si afferma come player indiscusso a livello internazionale i maggiori grattacapi gli sarebbero arrivati dal fronte interno…

Sì, perché se è vero che la Russia è tornata a essere un attore internazionale di fondamentale importanza dimostrandolo su tutti gli scenari, dalla Siria al Venezuela, dall’Ucraina all’Unione Europea (con il recente scandalo di corruzione dei politici della destra austriaca), è altrettanto vero che per Putin l’ultimo anno, sul fronte interno, è stato tutt’altro che tranquillo.

Il primo momento di forte malcontento ha coinciso con la riforma delle pensioni. È vero che l’età pensionabile era ferma dai tempi dell’Unione Sovietica e che, dopo l’esplosione degli anni ’90, il tasso di mortalità in Russia ha ripreso a decrescere, ma è altrettanto vero che la vita, in quell’immenso Paese, continua a essere durissima e logorante, sia per le condizioni climatiche che per altri elementi peculiari della vita sociale.

Ma il vero campo di battaglia per il Presidente sta diventando quello ecologico: un tema in cui i più giovani iniziano a essere fortemente coinvolti.

La prima sconfitta il gruppo di potere presidenziale l’ha dovuta incassare a Ekaterinburg, la capitale degli Urali dove furono fucilati i Romanov nel 1918. Qui il progetto faraonico di costruire una gigantesca chiesa ortodossa nel più bel parco della città (una vicenda che ricorda molto da vicino quella che generò la rivolta turca di piazza Taksim) ha scatenato un movimento di protesta guidato dai più giovani che, nonostante la dura repressione, ha portato a casa una grande vittoria con la rinuncia a costruire la cattedrale.

Questo elemento ricorda ancora una volta come la chiesa ortodossa sia tornata a rappresentare una delle stampelle del potere russo come era stata per centinaia di anni prima della Rivoluzione del ’17.

La seconda sconfitta è l’opposizione di massa alla costruzione di un inceneritore per smaltire i rifiuti prodotti a Mosca nella città di Astrachan, importante nodo sul Volga nel sud della Russia. In questa protesta il ruolo delle sinistre è stato determinante, anche quello del Partito Comunista, che nella Russia del sud continua a essere molto votato (a sud, non a caso c’è Volgograd, la vecchia Stalingrado).

Per decenni l’ambiente è stato all’ultimo posto delle priorità del potere, prima sovietico e poi russo.

Liquidatori intenti a smaltire i rifiuti tossici sul tetto della centrale nucleare di Chernobyl

Ai tempi dell’URSS, in nome dell’industrializzazione forzata, sono stati compiuti dei veri e propri scempi di cui citeremo i casi più clamorosi: dal disastro nucleare di Chernobyl del 1986 (proprio di questi giorni è una magistrale miniserie HBO che racconta quella tragica vicenda) al prosciugamento del Mar d’Aral con lo scopo di irrigare i campi di cotone delle allora ex-repubbliche asiatiche, dagli esperimenti atomici capaci di mutare la conformazione del terreno come nel caso del test della Bomba Zar in Novaja Zemlja agli esperimenti chimico-batteriologici militari nell’Isola di Vozroždenie ormai unita alla terra ferma proprio a causa del prosciugamento dell’Aral.

Il lago d’Aral prosciugato che ha dato vita a violente tempeste di sabbia e sale

Del resto, per chiunque avesse viaggiato in Russia, è noto come sia sconsigliato bere l’acqua dei rubinetti domestici perché piena di metalli pesanti.

Il tema ambientale sta diventando quindi molto importante anche per i russi, un popolo tradizionalmente molto attaccato alla propria terra.

Alle tematiche ambientali vanno poi ad aggiungersi quelli che la popolazione locale percepisce come i veri problemi e di cui, in Occidente, si parla assai raramente: la sperequazione tra oligarchi e fasce povere della popolazione, la corruzione, le differenze abissali tra città e provincia, la mancata diversificazione dell’economia (i cui assi strategici sono ancora quelli dei tempi dei Soviet: materie prime e armi) e il basso tasso di natalità.

Innegabile che il tasso di popolarità di Putin, specie per le generazioni che hanno vissuto il crollo dell’URSS e il disastro degli anni ’90 resta molto alta, ma ci sono dei primi segnali di scricchiolio in tutto e per tutto simili a quelli che sta incontrando Erdogan in Turchia. Del resto, quando un uomo politico resta al potere per 20 anni, mai nulla ne viene di buono…

Da segnalare che la popolarità del Presidente è molto più bassa tra i giovani millenials, ovvero coloro che non hanno vissuto il trauma del tracollo dell’Impero sovietico e che sono cresciuti in una fase di relativo nuovo benessere.

Non è un caso che la base dei movimenti di massa dell’ultimo periodo siano proprio i giovani in un Paese dove, in seguito ai Mondiali 2018, l’involuzione autoritaria è diventata sempre più evidente con i media infarciti di retorica patriottica e populista e l’insabbiamento del disastro aereo del 5 maggio a Mosca costato la vita a 41 persone.


Per ulteriori informazioni l’articolo del Manifesto del 22 maggio 2019

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