A Berlino vince il referendum per l’esproprio dei colossi immobiliari, un duro colpo per gli speculatori
Dopo oltre due anni di mobilitazione della piattaforma Mietenwahnsinn stoppen (Stop alla follia dell’affitto) il referendum per rivendicare l’esproprio dei maggiori speculatori della città ha vinto con una solida maggioranza del 56,4% di voti favorevoli. Il referendum non rappresenta un vincolo legale, ma sarebbe considerato espressione della “volontà politica dei cittadini”. Si tratta in ogni caso di un grande successo per la città e per quell’ampia ed eterogenea rete che unendo realtà di movimento, dagli squat anarchici ai collettivi di migranti, associazioni, comitati inquilini e partiti istituzionali come Die Linke si è spesa per questa campagna cercando di contrastare il fervore neoliberista che paventava con terrore il ritorno dello spettro della DDR.
Negli ultimi anni Berlino aveva visto crescere inesorabilmente il prezzo degli affitti, con ritmi del 120%. Migliaia di cittadini avevano abbandonato i quartieri storici, trasformati in vetrine turistiche, intravedendo l’incubo che l’intera città diventasse inaccessibile come Londra e Parigi. La prossima mossa dipenderà da cosa deciderà il Senato in merito al risultato del referendum. La nuova sindaca dell’SPD Franziska Giffey finora ha dichiarato “spero non dovremo parlare seriamente di espropriazioni”, anche se va ricordato che si tratterebbe di una vendita forzata alla municipalità. Il progetto è quello di costituire un’azienda pubblica per la gestione degli appartamenti, fermando il fenomeno dei colossi immobiliari proprietari di migliaia di appartamenti, blocchi di palazzi e intere porzioni di quartieri, potendosi conseguentemente permettere di determinarne il valore sul mercato.
L’esproprio interesserebbe dieci aziende, che possiedono più di 3000 case, per un totale di 240.000 unità. Dal nome della principale deriva il claim della campagna: DWE – Deutsche Wohnen Enteignen (Espropiare Deutsche Wohnen). Una delle obiezioni riguarda anche l’entità della spesa, circa 36 miliardi di euro per rimborsare queste aziende. I comitati abitanti li considerano un investimento garantito dai futuri affitti dei cittadini, mentre secondo Maren Kern della Verband Berliner Wohnungsunternehmen (l’unione delle società immobiliari berlinesi) la cifra sarebbe addirittura insufficiente a coprire i costi per nuovi investimenti edilizi di pari entità. D’altronde al grande capitale interessa solo arraffare il bottino più grosso, ed eventualmente costruire altrove, incuranti di un altro grave problema legato al tema edilizio, quello del consumo di suolo. Infatti finchè non sarà completamente ribaltato il paradigma che domina il tema dell’abitare, considerando la casa un bene comune ed un diritto universale, continueranno a perpetrarsi quelle contraddittorie condizioni che generano catastrofi sociali e ambientali.
La procedura finora è stata lunga, un primo step di 20mila firme per chiedere il referendum, poi convalidato da altre 174mila firme (il 7% della popolazione con diritto di voto). Non vanno sottovalutate le resistenze interne allo Stato tedesche, infatti già nell’aprile 2021 la Corte costituzionale federale aveva dichiarato illegittima la decisione del governo di Berlino di creare per 5 anni un calmiere con un tetto massimo per i prezzi degli affitti. La disputa giuridica vede i contrasto diversi articoli della costituzione riguardanti la tutela della proprietà e la salvaguardia del bene della collettività. Esiste un precedente di un’iniziativa come questa, quando a seguito di un referendum venne impedita la privatizzazione del vecchio aeroporto nazista di Tempelhof, poi divenuto un grande parco pubblico. Insomma la battaglia è ancora aperta. In una città-land dove solo il 15% degli abitanti è proprietario di casa quella del caro-affitti è una partita politica determinante, il tema è caldo già da anni, e dipende anche dagli equilibri del governo centrale, che è prossimo ad insediarsi dopo le ultime elezioni avvenute contemporaneamente al referendum. Al momento l’ipotesi più probabile pare essere quella di una coalizione semaforo (Spd, Verdi e liberali).
Davide Viganò
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Un buonissimo articolo peevuna battaglia davvero molto importante, spero che qualcuno in Italia la faccia propria
Bella iniziativa, a cui dovrebbe ispirarsi anche Milano, dove si pagano tra gli afffiti più cari d’Europa, e con la lobby degli immobiliaristi potentisssima e ben introdotta nelle stanze del potere locale, che fa il bello e cattivo tempo.
Cercherò di informarmi e farò pressioni per riprendere anche a Milano una iniziativa del genere.