La soluzione per un’altra Europa non è la Brexit

Ieri un corteo di 700 mila persone sfilava per Londra contro la BREXIT e per chiedere un nuovo Referendum. 

La marcia per il People’s Vote infatti convergeva in Parliament Square, perché è evidente che un altro referendum è l’unico modo per fuggire dal buco profondo in cui la Gran Bretagna è intrappolata. 

Ventotto mesi dopo il primo referendum non c’è ancora un accordo e le divisioni nel partito conservatore diventano sempre più vivide. C’è stata un’ulteriore diminuzione delle probabilità di mettere insieme una maggioranza parlamentare per qualsiasi accordo che la signora May potrebbe proporre. Ci vorrebbe del tempo per legiferare per un ulteriore plebiscito, anche se questo non sarebbe un ostacolo insormontabile. 

L’UE sarebbe piuttosto propensa a riportare avanti la scadenza di marzo per la partenza al fine di accogliere un referendum, ma ci sono diversi ostacoli formidabili ancora da chiarire. E i peggiori di loro vivono in parlamento. 

Coloro che spingevano per la Brexit e sostenevano di parlare per “il popolo” hanno abdicato alla responsabilità di portare avanti il piano di uscita dall’Unione Europea.  

Per anni hanno creato  fake news facendo credere di poter costruire un paese più ricco senza Europa, ad ora non è così e l’economia inglese risentirà della costruzione di barriere doganali tra il Regno Unito e il mercato unico europeo. 

Brexit dimostra a paesi come il nostro – meno sviluppati e arroganti nel pensare di poter essere meglio senza l’Europa – che seguire fake news poi ti fa scontrare con la realtà che però non è negoziabile. 

Ciò che sta succedendo al Regno Unito ci mostra la fragilità del modello Europa che si mantiene unita esclusivamente per un tornaconto economico e non per un valore politico e comunitario. 

L’uscita dall’Unione Europea porta alla costruzione di nuovi confini e costringe a ristringere ulteriormente la mobilità delle persone e i confini. Questo dimostra un’uscita  non è un’alternativa valida alla riforma democratica delle istituzioni europee. 

Probabilmente solo quando i parlamentari britannici si accorgeranno della profondità dell’abisso nel quale si trovano concluderanno che non hanno altra scelta che tornare alla gente per l’ultima parola.

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