Guerra e sicurezza…ma di chi?

Nell’ultimo decennio ci siamo ormai abituati all’utilizzo del concetto di “sicurezza” in modo strumentale rispetto ad alcune politiche governative, interne ed estere, orientate alla militarizzazione e al conflitto: basti pensare alle leggi promulgate sotto l’egida della sicurezza che prevedono la presenza dei militari per le strade, politiche repressive, o detenzioni, espulsioni, aumento dell’utilizzo della polizia.

A livello internazionale, dopo il 2001 e l’attacco alle torri gemelle si è ormai consolidato l’assioma guerra-sicurezza, non solo come nuovo concetto che ha identificato un nemico (a cui contrapporsi) con il generico termine di “terrorismo”, “insicurezza” o “stato canaglia”, ma anche con il progressivo avvicinamento del concetto di “sicurezza come interesse comune” con quello di “conflitto”, i cui interessi sono, al contrario, oscuri e spesso, privati. La giustificazione dei conflitti, delle violazioni dei trattati internazionali, delle leggi e dei diritti umani che essi comportano, viene così garantita grazie alla percezione, fomentata dai media e dai governi, di “sicurezza ed ordine collettivo”, facendoci credere, così che siano guerre sempre giuste, e soprattutto, finalizzate al nostro interesse.

Ho deciso di approfondire un fenomeno interessante ed indicativo di questo assioma guerra-sicurezza e interesse privato, e cioè la natura e l’utilizzo dei contractors, figure relativamente “nuove” di guerra sempre più presenti, soprattutto nelle aree medio orientali. Sono aziende private, portatori di interessi privati (politici ed economici), ma che tuttavia entrano con forza come protagonisti nelle guerre governative internazionali, sotto l’ambiguo appellativo di “agenzie per la sicurezza”.

Giovanni Andriolo è uno studioso di geopolitica medio orientale. Scrive su diverse testate cartacee e on line, tra cui www.osservatorioiraq.itoccupandosi in particolar modo della gestione degli affari legati all’energie in Iraq e alla sua relazione con le forze internazionali presenti nel paese.

Giovanni, puoi spiegarci chi sono i contractors? Cosa fanno? Quando sono stati usati le prime volte? E che “vantaggi” porta il loro utilizzo?

“In realtà il termine “contractor” è generico. Meglio parlare di Compagnie militari private o di Compagnie di sicurezza private. Sebbene queste vengano spesso associate alle compagnie di ventura attive in Europa per gran parte del secolo scorso, il caso delle PMC (Private Military Companies) o PSC (Private Security Companies) è diverso. Si tratta infatti di vere e proprie aziende moderne e perfettamente inserite nelle dinamiche del mondo globalizzato di oggi: in alcuni casi si può addirittura parlare di multinazionali della sicurezza o dell’attività militare.

Il campo di attività delle compagnie di sicurezza private è vasto: passa dal servizio di formazione e esercitazione in campo militare, anche rivolto a eserciti regolari, alla fornitura di protezione di persone, ad esempio nei confronti del personale diplomatico in zone pericolose, o di siti o aree sensibili, come i maggiori giacimenti di petrolio in Iraq; tuttavia, le PMC si possono occupare anche di servizi logistici e di analisi di intelligence.

Le PMC si diffondono all’inizio degli anni ’90 e il periodo non è casuale. La loro nascita si inserisce nel quadro geopolitico di quegli anni, quando in seguito al crollo dell’Unione Sovietica si affermarono anche in ambito bellico alcune tendenze proprie del nuovo assetto mondiale improntato al liberalismo. Innanzitutto, la sempre più diffusa privatizzazione delle funzioni dello stato, che non sembra aver risparmiato nemmeno la difesa e l’apparato militare. Inoltre, sono di quegli anni la diffusione dell’instabilità post guerra fredda in diverse aree del mondo, dalla Bosnia al Ruanda, e la progressiva trasformazione dell’evento bellico tradizionale in uno scontro caotico in cui nuovi attori sono emersi oltre agli eserciti, come i signori della guerra, o i bambini soldato; nei paesi più sviluppati, invece, questo fenomeno si è manifestato sotto forma di una progressiva sovrapposizione dell’elemento militare e civile nei teatri di guerra, che ha comportato l’emergere di figura “ibride”, come i peacekeeper governativi o internazionali a livello pubblico e, appunto, le PMC a livello privato. Infine, la conclusione della guerra fredda ha portato, soprattutto nel mondo occidentale, al congedo di molti soldati regolari, che avrebbero pertanto messo le proprie competenze al servizio del settore privato.

I vantaggi? Le PMC non sono eserciti regolari, per cui possono operare sotto certi punti di vista con maggiori libertà. Assoldate ufficialmente con funzioni di supporto e integrazione delle forze regolari, a un livello informale hanno la possibilità di svolgere alcuni “lavori sporchi” che un soldato governativo non potrebbe compiere. Peccato che a volte corrano il rischio di “calcare troppo la mano”, come nel caso di Abu Ghraib o di piazza Nisour a Baghdad.

Da un altro punto di vista, sono attori economici importanti, che contribuiscono a creare occupazione e profitti al pari di qualsiasi altra azienda. Quando sono pagate da Governi, in un certo senso favoriscono l’erogazione di spesa pubblica. Anche in questo senso, le guerre “aiutano” l’economia di un paese.”

Di solito per chi lavorano? E da chi sono pagati? In quali paesi vengono impiegati?

“Potenzialmente, le PMC potrebbero lavorare per chiunque sia in grado di permettersi le tariffe dei loro servizi. Non mancano casi in cui siano aziende a servirsi del loro supporto, soprattutto in campo di pianificazione strategica e di protezione. Tuttavia, il core business delle PMC è tendenzialmente il servizio ai governi. Gli Stati Uniti ne sono grandi fruitori, ma non gli unici: gli eserciti di diversi paesi europei, ad esempio, si servono di PMC per alcune funzioni che non sono in grado di espletare autonomamente, come il trasporto e la fornitura di servizi alle truppe oltremare. Così, sembra che gli eserciti europei impiegati in Afghanistan abbiano raggiunto il paese asiatico affidandosi a una PMC ucraina, che li avrebbe portati a destinazione a bordo di jet di fabbricazione sovietica. Anche il Sud Africa se ne sarebbe servito nel corso degli anni ’90 per operazioni in Angola, Sierra Leone e Repubblica Democratica del Congo. E le Nazioni Unite avrebbero utilizzato i servizi di compagnie private in Somalia. Soltanto per citare alcuni casi.

L’Iraq è certamente il campo dove è stato impiegato il maggior numero di personale militare o di sicurezza privato; tuttavia, le PMC hanno operato e operano in molteplici scenari bellici, come l’Afghanistan o il Darfur, ma anche in Colombia, contro le organizzazioni criminali che gestiscono il narcotraffico, così come negli Stati Uniti stessi, come in occasione dell’emergenza provocata dall’uragano Katrina a New Orleans.”

Quali sono le agenzie di contractors più famose? Ce ne sono di italiane o legate a imprese italiane?

Le più famose sono quelle statunitensi, anche se non mancano “eccellenze” di altri paesi. Le compagnie a stelle e strisce più importanti sono quelle che hanno operato in Iraq, e che saranno utilizzate anche per la fase successiva al ritiro delle truppe regolari statunitensi dal paese. La maggiore, sicuramente, è la ex-Blackwater, divenuta nel 2009 Xe Services LLC e, qualche giorno fa, Academi. http://academi.com/ Malgrado il doppio rebranding, la gamma di servizi offerti dalla PMC più famosa non è diminuita, e le sue dieci unità di business coprono tutte le necessità di un moderno governo, inclusa la possibilità di impiegare un piccolo esercito di carro armati o una flotta di elicotteri per missioni di incursione e di pattugliamento dei cieli. Molto importanti sono anche la Triple Canopy, http://www.triplecanopy.com/ e la SOC Incorporated, http://soc-smg.com/page/home impiegate in Iraq per la protezione del personale diplomatico e delle sedi di ambasciata e consolati. Un’altra statunitense molto nota è la Halliburton. http://www.halliburton.com/   Nel Regno Unito, oltre alla Global Strategies Group http://www.globalgroup.uk.com, che ha ottenuto uno dei contratti per la protezione del personale diplomatico statunitense in Iraq, sono note la Aegis, http://www.aegisworld.com/index.php/new2 impegnata anche questa in Iraq e Afghanistan, la Control Risks Group, http://www.control-risks.com/SitePages/Home.aspx che si occupa della protezione di ambasciate e consolati britannici nei teatri più caldi. Al di fuori del mondo anglosassone spiccano le israeliane Beni Tal http://www.bts-security.com/company-profile e Levdan, molto attive nei più caldi teatri africani; la francese Secopex; http://secopex.com/ la Background Asia Risk Solutions http://www.backgroundasia.com/ con base a Hong Kong e Singapore; la afghana Asia Security Group. http://www.asg.af/ E queste solo per citarne alcune: probabilmente, un elenco esaustivo di tutte le PMC e PCS esistenti è impossibile, a causa dell’elevato numero e del carattere di segretezza che spesso vela le loro attività. Un elenco abbastanza completo si può trovare su privatemilitary.org http://www.privatemilitary.org/security_contractors.html

In Italia la situazione è complessa. Sebbene spesso si senta notizia dell’esistenza di contractors italiani, è tuttavia difficile identificare le PMC italiane. Ad esempio, tutti abbiamo sentito parlare di Fabrizio Quattrocchi, il contractor italiano ucciso in Iraq nel 2004, ma poco si sa della Ibsa Italia, la compagnia genovese per cui aveva lavorato. Altri nomi girano per lo più nei blog e nei siti che si interessano di cose militari; tuttavia, notizie certe sulle attività di simili compagnie sono difficilmente reperibili, pertanto risulta poco onesto per un non addetto ai lavori assicurare la loro veridicità. Inoltre, sul settore incombe l’articolo 288 del codice penale italiano, che recita:

“Chiunque, nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, é punito con la reclusione da tre a sei anni.” Un guaio, per una aspirante PMC italiana!”

 Come pensi che l’utilizzo dei contractors stia influenzando o cambiando i conflitti nelle aree che conosci?

“Come ho già accennato, dai primi anni ’90 il concetto di guerra sta cambiando. E si sta lentamente cammuffando sotto molteplici forme, che assumano agli occhi di un’opinione pubblica molto sensibile, soprattutto nel Nord del mondo, un carattere più digeribile. Si parla pertanto di “missioni umanitarie”, di “missioni di mantenimento della pace”, di “missioni di stabilimento della sicurezza”, quando si voglia fornire una connotazione positiva alle truppe impiegate. Nel caso contrario, si parla di “insorgenza”, di “guerriglia”, di “lotta armata”, di “terrorismo”, termine (ab)usato in modo preoccupante da qualche anno a questa parte. A livello lessicale, sembra che nel mondo non ci sia più spazio per la guerra; tuttavia, a tutti gli altri livelli è evidente come la guerra sia tutt’altro che estinta e, al contrario, goda di ottimo vigore. Il fenomeno delle PMC nasce proprio in questo quadro, e contribuisce assieme ad altri elementi al suo sviluppo. Nelle teatri vicino orientali più recenti, Afghanistan e Iraq, queste agenzie hanno svolto un ruolo considerevole.

Le PMC sono state coinvolte anche nel recente conflitto libico, apparentemente con la funzione di protezione degli stabilimenti e del personale delle grandi aziende di estrazione petrolifera presenti nel paese. A maggio in Libia ha perso la vita il fondatore della Secopex, Pierre Marziali, e ad agosto tre contractors italiani sono stati rapiti dai ribelli libici; liberati dopo un mese, i tre non hanno rilasciato interviste, mentre l’allora Ministro degli esteri Frattini negava che avessero a che fare con gli apparati militari o di intelligence dello Stato.

Nel caso dell’Iraq, le PMC permetteranno una presenza militare statunitense nel paese anche dopo il ritiro dell’esercito regolare, e sicuramente continueranno a influenzare le vicende irachene.  Tuttavia, le loro attività nel paese dei due fiumi non sembrano aver sempre favorito gli interessi di Washington.  Gravi “incidenti di percorso” come gli scandali di Abu Ghraib o la sparatoria di Piazza Nisour a Baghdad, che nel 2007 costò alla Blackwater la licenza per operare in Iraq, hanno certamente contribuito a minare la credibilità della coalizione internazionale a guida statunitense nel paese e, in ultima analisi, a decretare il fallimento della missione.

L’anno che sta per iniziare sarà molto importante per l’Iraq e per l’intera regione mediorientale e nordafricana: il 2011 è stato un anno rivoluzionario per la regione sotto diversi punti di vista, un anno che ha sollevato diverse questioni e ha acceso sfide complesse.

Una fonte di informazione come Osservatorio Iraq può fornire notizie e analisi in profondità che spesso i nostri media main stream, concentrati su altri teatri o teatrini, trascurano.”

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