La crisi delle risorse e la lotta del popolo saharawi

Quella nel Western Sahara è la storia di un popolo resiliente che vive in un territorio che si estende per 2.700 km nei pressi del quale si sono susseguiti scontri armati nel corso degli ultimi 50 anni, cioè da quando il Marocco ha annesso la regione contesa dopo il ritiro degli spagnoli.
Nel 1991, con il raggiungimento di un cessate il fuoco tra il Fronte Polisario e Rabat, le Nazioni Unite hanno avviato un processo di pace che finirà per arenarsi: il voto per l’indipendenza che era stato previsto non ha mai avuto luogo e oggi il Western Sahara è controllato all’80% dallo stesso Marocco, mentre nella città algerina di Tindouf si sono rifugiati più di 150.000 profughi sahrawi.
Nello scacchiere internazionale si stanno delineando le aree delle future crisi e i vari protagonisti stanno disponendosi nelle alleanze contrapposte, spinti anche da necessità energetiche e da iniziative di grandi potenze che influenzano le scelte di schieramento. Per quanto riguarda l’Italia, pochi giorni fa si è recata direttamente ad Algeri per accordarsi sui nuovi rifornimenti di gas, vista la crisi creata dall’invasione russa dell’Ucraina. La recente visita di Mario Draghi ad Algeri è stata descritta dai media algerini come la formalizzazione di un rimpiazzo: «Algeri ha preferito consolidare la partnership con l’Italia a danno della Spagna, che non godrà più della stessa considerazione di prima da parte dell’Algeria», si legge su Dernieres Info d’Algerie (DiaTEbb).

Uno dei focolai del prossimo confronto tra potenze mondiali potrebbe dunque essere il Maghreb, in particolare la questione del Sahara Occidentale, e le forze in campo si rimescolano. La mossa spagnola di distensione con il Marocco, dopo forti tensioni tra le due coste limitrofe e contrapposte, ha prodotto forti cambiamenti nei rapporti tra soggetti che insistono sul Mediterraneo occidentale: se l’Italia, interessata al gas, si avvicina all’Algeria, abbandonata nella difesa del popolo saharawi dalla Spagna, quest’ultima abbraccia il Marocco, potenza africana di riferimento in ascesa, con investimenti in infrastrutture, ottimi rapporti con Israele da cui riceve anche armi sofisticate inserite nell’enorme sforzo di riarmo in una competizione strenua con la vicina Algeria, che si approvvigiona con armi russe.
In questo panorama è prevedibile che riesploda un conflitto sulla condizione saharawi, di cui si riconoscono i primi inneschi nei mesi scorsi.
Secondo l’ONU il WS è un “territorio non-autonomo”, una definizione che riassume una situazione di grande ambiguità se associata all’annunciato piano marocchino e all’autoproclamazione d’indipendenza da parte dello stesso Fronte Polisario, che invoca stabilmente il referendum per l’indipendenza programmato più di 30 anni fa.
Lo scorso dicembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha prolungato la missione MINURSO, chiedendo la ripresa dei negoziati e inviando nuovamente il diplomatico Staffan de Mistura, il cui lavoro negli ultimi due anni era stato sostanzialmente impedito dai veti incrociati di Marocco e Algeria.
La storia dei saharawi inizia nel lontano 1884, quando la Spagna colonizzò l’attuale Sahara Occidentale e sfruttò le sue risorse economiche. Gli effetti del brutale colonialismo spagnolo si possono osservare fin dal 1912, quando la biblioteca di Smara, città fondata dai saharawi, fu bruciata insieme a tutta la città per essersi ribellata. Dopo la ritirata spagnola nel 1976 il Marocco e la Mauritania invasero quei territori, ma il Fronte Polisario organizzò una dura guerriglia contro i nuovi occupanti, costringendo la Mauritania nel 1978 a cessare le ostilità e a riconoscere ufficialmente la Repubblica Araba Democratica dei Saharawi. Neanche il Marocco riuscì a sconfiggere la resistenza saharawi e nel 1980 Hassan II fece costruire un muro che divise le zone ricche di risorse minerarie e più produttive, sotto il controllo marocchino, dalle zone interne desertiche poco produttive che erano “concesse” ai Saharawi.

Le ostilità tra il Marocco e il Sahara Occidentale continuarono fino al 1991, quando ci fu una tregua fra le due parti, che però è stata recentemente rotta dal Marocco nel 2020, con nuove aggressioni e attacchi alla strettissima fascia di terra interna e desertica rimasta ai Saharawi, nonostante gli sforzi vani di garantire un referendum pacifico in quelle zone.

Nassi LaRage

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