La TAV e lo sviluppo insostenibile

 Alcune situazioni ci fanno improvvisamente capire quanto il mondo in cui viviamo sia interconnesso e soprattutto accumunato da dinamiche non troppo diverse tra loro, nonostante le differenze nei contesti, nelle storie e nei casi individuali.

Durante la chiacchierata che mi ha permesso di scrivere questo articolo (https://milanoinmovimento.com/rubriche/mondinmovimento/marocco-possibili-evoluzioni-di-un-movimento), infatti, il mio intervistato, parlandomi delle proteste in Marocco, mi raccontava che una delle motivazioni delle forti tensioni sociali é il modello di sviluppo imposto dal goverrno.

“Intere comunità sono abbandonate a sé stesse nelle zone rurali”, mi diceva, “in situazioni di estrema arretratezza, senza strade, ospedali né scuole, senza occupazione, politiche sociali. Intanto pero’, il governo marocchino in accordo con la Francia ha stretto accordi per la creazione di una linea di treno ad alta velocità….una TAV, capisci?”.

Ed é questa frase che mi ha lasciata a bocca aperta.

La TAV é un chiaro esempio, peraltro espotarbile e replicabile, di quello sviluppo NON SOSTENIBILE di cui tanto parliamo da anni ma di cui i nostri governi, nazionali ed internazionali, sono ancora, purtroppo, dei sostenitori. Qualche concetto chiave di questo modello di sviluppo:

Velocità: il TAV é veloce. Si deve viaggiare veloce, a tutti i costi. Si deve correre: il tempo, richiesto da quella linea ferroviaria regionale che già c’é, va abbattuto, eliminato, annullato. La velocità é il futuro, il bene. Ad ogni costo. La lentezza é male.

Profitto: la grande opera porta soldi. Per farla (appalti, finanziamenti europei), per mantenerla, per accedervi (pensate a quanto costano i treni veloci, quasi tutti ormai). La mobilità deve avere un prezzo, un costo, si paga. La mobilità e il potersi spostare diventa un privilegio; solo chi ha i soldi per pagare puo’ farlo. I trasporti sono un business: e dunque, via con il lusso, la tecnologia, e fa nulla se la maggior parte della gente non potrà permetterselo. Anzi: togliamo loro anche le più economiche alternative (vedi Eurostar e Frecciarossa).

Mancato rispetto dei bisogni locali a favore di un bisogno “superiore“: l’idea alla base di questo, purtroppo comune, concetto (che é spesso anche alla base dei progetti di sviluppo e di cooperazione) é che non importano i bisogni peculiari delle zone, le esigenze delle popolazioni, le specificità delle aree. Il bene”comune” e assoluto é deciso e imposto da un soggetto terzo, superiore. E che tra l’altro, spesso non fa parte della colunità destinataria dell’intervento.

Assenza di pensiero verso il futuro (sostenibilità): non viene tenuto in considerazione alcun impatto secondario (ambientale) o a lungo termine (economico o sociale) che la grande opera creerà. Si valuta solo il vantaggio immediato, il profitto. Non viene considerato né messo sulla bilancia delle valutazioni alcun altro elemento.

 

Perché parliamo tanto di sviluppo sostenibile allora?

Perché é stato ampliamente dimostrato come questo modello di sviluppo e di “crescita” sia controproducente. Di come crei povertà, disuguaglianza, disperazione, devastazione dei beni comuni a favore dell’arricchimento di pochi.

L’Africa ce lo dimostra, molti paesi occidentali anche…

Addirittura ci sono master e corsi di formazione in “sviluppo partecipativo”.

Ma davanti al profitto, la già nota corta memoria italiana si annulla ancora di più: e coloro che dovrebbero partecipare diventano improvvisamente dei terroristi e dei nemici.

I sostenitori della lotta contro la TAV fanno paura perché hanno ragione, hanno le prove, e rischiano di avere l’appoggio di larghe fasce della popolazione (che già, rispetto ad altri movimenti, hanno). E’ una lotta legittima e giusta, di tutti, anche se parte da una dimensione locale. Per questo fa tanta paura. E per questo é la lotta più importante che abbiamo visto negli ultimi anni.

Avevo 17 anni quando sono andata a Torino, in piazza per un anarchico che si era ucciso in cella. E poi, anche per la sua fidanzata. Sconvolta da qualche cosa di più grande di me, forse troppo brutto per essere compreso dalla ragazzina che ero.

 

Ai tempi si parlava dei “lupi grigi”, o di qualcosa del genere.

Oggi i pezzi, si rimettono insieme come in un puzzle, sulla stessa terra, minacciata e martoriata da un’idea di progresso e di sviluppo che, nonostante gli anni, continua a non voler essere cambiata né ripensata, nonostante la resistenza della sua popolazione.

 

 

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