Le sinistre francesi interrompono la marcia dei fasci in Europa
In tempo per la Bastiglia, le elezioni francesi hanno dato una bonne nouvelle all’Europa: la sinistra esiste ed è in testa! Parigi (un quinto della popolazione) è completamente rosso-rosa-verde, con insottomess3, socialist3, ecologist3 e comunisti che hanno consegnato al Nuovo Fronte Popolare (NFP) il maggior numero di seggi al secondo turno delle elezioni all’Assemblée Nationale, dopo il colpo di testa di Macron che aveva dissolto il parlamento all’indomani delle europee dando la possibilità ai fasci di Bardella e Le Pen di raggiungere un terzo dei consensi elettorali al primo turno.
Bisogna sottolineare come la volata di successo della sinistra plurale si sia realizzata grazie alla costituzione fra il primo e il secondo turno di un fronte repubblicano di desistenza nei collegi che ha avuto sia l’assenso di Mélenchon per La France Insoumise (LFI) e del primo ministro uscente, il giovane fighetto Attal, che ha virato verso il progressismo al secondo turno, anche nella speranza di essere il candidato a succedere a Macron nel ’27, spuntandola contro lo sbirro Darmanin, il ministro degli interni sarkozianamente antibanlieue e antiecologista, per la guida di Renaissance, una delle tre componenti della Macronia in via di dissoluzione, con le altre due componenti che guardano al centro cattolico o alla destra gollista, quando non addirittura al Rassemblement National (RN).
Macron non ha accettato la sconfitta ed esita ad affidare il compito di prim@ ministr@ a un(‘)esponente del Fronte Popolare com’è prassi costituzionale, anche perché questo deve ancora designare un candidato a una settimana dal verdetto elettorale. La proposta di Huguette Bello (70enne presidente dell’isola Réunion ed ex comunista) da parte di LFI non ha incontrato favore del Parti Socialiste (PS), che vuole invece il suo segretario Olivier Faure. Anche i verdi (Les Ecologistes – Europe Écologie Les Verts) non vedono di buon occhio un governo guidato da LFI e la segretaria Marine Tondelier che molto si è spesa per creare il NFP (così come il deputato dissidente Ruffin che emerse col movimento Nuit Debout del 2016 e per primo lo propose) potrebbe emergere come candidata alternativa di una maggioranza progressista, che aumenterebbe il salario minimo da 1.400 a 1.600 euro e bloccherebbe la riforma neoliberale delle pensioni contro cui tutta la Francia sindacale è insorta l’anno scorso. La CGT ha già messo in chiaro che scenderà in piazza per assicurarsi che un governo di Fronte Popolare nasca e le rivendicazioni sociali trovino soddisfazione. E la CGT di Sophie Binet non è la CGIL di Maurizio Landini, lo scontro col capitalismo familiare dei Bolloré e degli Arnault è la sua ragion d’essere e l’azione diretta dei e delle militanti contro i padroni e la polizia che li difende è tollerata dalla cultura sindacale francese.
Ma lasciamo da parte l’insostenibile alterigia neoliberista di Macron e l’estenuante trattativa in seno al Fronte Popolare che sta deludendo l’élan dell’elettorato, e concentriamoci sull’analisi sociale e politica delle condizioni che hanno permesso il successo davvero insperato del Nuovo Fronte Popolare. Anche se considero LFI un partito personalista e antieuropeista, non c’è dubbio che le/i giovani neri e arabi delle città hanno votato in massa per il partito di Jean-Luc Mélenchon e le candidature insoumises sono state davvero multietniche. LFI è emerso col maggior numero di deputat3 davanti al PS nella coalizione.
Semplificando brutalmente, la classe precaria dei quartieri popolari ha votato insottomessa, la classe impiegatizia del settore pubblico ha votato socialista, la classe creativo-cognitaria ha votato ecologista. Il voto di sinistra è stato forte nel Nord-Ovest della Francia, a Bordeaux, Tolosa, Lione, Grenoble e in generale in tutte le zone ad alta intensità urbana o con presenza universitaria. Secondo il sondaggio Ipsos Talan, la Generazione Z (18-24enni) ha votato al 48% per il Nuovo Fronte Popolare (contro il 33% di giovani che ha votato RN), mentre Macron raccoglie voti soprattutto fra i settantenni boomer (32%). Anche fra le/i millennial le cose vanno bene per le sinistre (il 38% ha votato NFP fra le/i 25-34enni). Significativa nello stagno nero-bruno che è il Midi l’affermazione dell’antifa Raphael Arnault ad Avignone, un candidato schedato dalla polizia come minaccia alla sicurezza nazionale che ha battuto sonoramente la candidata fascista.
Un meme popolare diffuso la notte delle elezioni rappresentava un Eric Cantona taggato Mélenchon che stendeva Le Pen con l’epico calcione, di fronte a un esterrefatto Macron con la bocca aperta. Tuttavia bisogna dire che è stata la strategia di unione delle sinistre nell’emergenza antifascista ad aver funzionato piuttosto che l’exploit del tribuno della plebe francese. Le desistenze della sinistra hanno fatto eleggere le/i macronian3 in consistente numero, ma è anche accaduto sovente il contrario, quindi il massimalismo di LFI è fuori posto se si adotta la logica del fronte repubblicano che diciamocelo è una cosa di centro-sinistra rispetto a un fronte antifascista e basta (che però non ha i numeri per la maggioranza assoluta in parlamento: anche nel 1936, il Fronte Popolare originario creato da socialisti e comunisti dovette coalizzarsi coi Radicali borghesi per avere le 40 ore e le ferie pagate).
Il successo della strategia frontista ha lezioni importanti per tutta l’Europa, dove le destre nazionaliste sono com’è noto in ascesa nelle due componenti nere (Meloni) e brune (Le Pen), e in particolare per l’Italia, l’unico paese importante dove i cristiano-nazionalisti-patriarcali sono al potere, prima che nel novembre 2024 l’America ritorni sotto Trump come è ormai inevitabile dopo l’attentato in Pennsylvania, con conseguenze incalcolabili per il futuro dell’Unione Europea sopravvissuta all’austerità e alla pandemia.
I 180.000 voti per Ilaria Salis mostrano a mio avviso che c’è fame nei movimenti di rappresentanza sovversiva all’interno di una federazione ecosociale, transfemminista e postcoloniale che è tutta da costruire. Da vecchio no global, non mi compete l’opera di unificazione politica dei movimenti antagonisti e autonomi che diomadonna quando si muovono insieme fanno paura a tutt3 e sono la principale forza antifascista e antirazzista della società italiana. Tuttavia è chiaro che la costituzione di un’area anticapitalista dei centri sociali all’ombra dell’attuale diarchia rosso-verde romperebbe gli equilibri poltronisti e farebbe nascere qualcosa di davvero nuovo che possa offrire copertura politica alle lotte per la casa, per il clima, contro la repressione e i nemici di donne e precari/e, alla battaglia culturale per far prevalere l’antifascismo sociale e l’ecologismo radicale.
Chiudo osservando che dopo il voto francese è più facile che oggi emerga in Italia uno spaghetti pop front con la Schlein arcobalena al centro, i movimenti ecosocialisti per Gaza a sinistra e i resti pentastellari a destra. Una siffatta alleanza ha forti probabilità di sconfiggere il fronte nero-bruno nemico e lavare l’onta di aver consentito che i fasci tornassero al potere cent’anni dopo nel nostro paese.
Alex Foti
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