Palestina – La morte del piccolo Qais. Tragedia o omicidio?

E’ di ieri mattina la notizia del ritrovamento del corpo del piccolo Qais Abu Ramila, un bambino di otto anni scomparso venerdì nei pressi di Beit Hanina, quartiere alla periferia di Gerusalemme. Per tutta la notte diverse centinaia di palestinesi hanno cercato Qais senza nessun risultato. Durante il tentativo di ritrovare il piccolo 23 palestinesi sono stati feriti dai soldati delle forze di occupazione israeliane e i diversi checkpoint che caratterizzano il militarizzato territorio di Gerusalemme sono stati chiusi. L’episodio ha immediatamente portato alla mente dei palestinesti una vicenda tragica del luglio 2014 quando un adolescente palestinese di nome Mohammed Abu Khdeir venne rapito e il suo corpo venne poi ritrovato nei boschi di Gerusalemme. Fu torturato e bruciato vivo da un gruppo di coloni israeliani. Tre coloni che all’epoca erano minorenni furono dichiarati colpevoli del crimine. Al momento, nonostante l’insistenza delle voci su un possibile identico sequestro a opera di coloni, non ci sono conferme a questa versione.

Le ricerche del piccolo Qais

Il tentativo israeliano di rendere impossibile la vita ai palestinesi di Gerusalemme è noto da tempo. Ogni giorno assistiamo a demolizioni, espropri e incursioni di vario tipo. All’alba di venerdì un gruppo di coloni ha fatto irruzione all’interno della moschea di al-Badriya, sempre nei pressi di Gerusalemme. Hanno dato fuoco al luogo sacro e vandalizzato l’ingresso con scritte razziste. Atti di questo tipo non sono di certo una novità, ma anzi pratiche di terrore ben consolidate. Proprio in questi giorni in cui si ricorda l’orrore della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah, la memoria del passato non basta per evitare che il dolore venga ancora perpetuato. Quanti palestinesi dovranno ancora morire affinché qualche voce si levi contro il massacro di questo popolo? Quante case dovranno essere demolite e quanti terreni espropriati?

Se questo drammatico evento fosse capitato a un bambino israeliano le reazioni sarebbero state ben diverse. Carri armati sarebbero pronti a invadere i Territori palestinesi con l’appoggio di tutta la comunità internazionale. Qui la vita di un palestinese, anche se bambino, non vale come le altre vite. In barba a tutte le convenzioni internazionali in tema di protezione dei diritti umani, ai trattati Onu sulla salvaguardia del fanciullo, Israele conduce la sua politica di occupazione sistematica senza guardare in faccia a nessuno, violando anche i più basilari diritti umani. I capi di Stato riuniti a Gerusalemme nei giorni passati per partecipare al forum sull’Olocausto non hanno speso una parola in merito alla situazione in cui sono costretti a vivere i milioni di palestinesi frammentati tra la Cisgiordania e Gaza. Il mondo ancora una volta chiude gli occhi di fronte agli orrori e a pagare sono sempre gli ultimi.

Laila


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