Palestina – La strategia della continua provocazione

img_9460Alcune riflessioni

Il campo di Dheisheh è un campo profughi del 1948, la maggior parte dei suoi abitanti proviene da circa 45 diversi villaggi tra Gerusalemme e Hebron…ma questa è storia vecchia, ormai i profughi vivono qui da tanti anni, ancora con lo stesso status di profughi, sospesi tra aiuti umanitari e niente; mantenuti e maltrattati come delinquenti anche dagli stessi cittadini locali, la stessa Autorità Palestinese non ha una grande stima di loro.

Il campo di Dheisheh è un campo che per generazioni ha cercato di non far dimenticare la storia della Palestina oltraggiata e occupata; per generazioni ha saputo mantenere alta la testa insieme a tutti i suoi abitanti e la resistenza e resilienza del vivere in questa comunità non è mai stata simpatica alle autorità israeliane, che hanno sempre trovato davanti una risposta ferma e precisa all’ingerenza e all’occupazione.
Per questo le invasioni continue, le punizioni quotidiane a giovani, vecchi bambini, donne uomini, non sono mai terminate.

Ma la strategia israeliana è scientifica e la scelta di colpire il campo in diversi modi non è di adesso. Quella di sparare ai giovani di 14-15 anni che tirano sassi direttamente sulle ginocchia, (la rotula), è l’ultima delle “fantastiche” strategie dell’esercito; questo è quanto è stato dichiarato dal generale delle armate locali: “Vi renderemo tutti disabili”. Ma non solo, la strategia pare essere ancora più sottile; prendere giovani di 15 anni, colpirli e/o arrestarli, significa farne dei leader, ma hanno solo 15 anni quindi…che senso ha? Però  si possono comprare e convincere bene, potrebbero essere i futuri “collaboratori” locali. Tenerli in prigione per un po’ e poi convincerli ad una vita diversa, questo è facile, questa potrebbe essere una modalità, che intanto crea “spie” importanti per la sicurezza israeliana e mette la paura e la disperazione tra una popolazione che da 70 anni aspetta di poter vivere una vita normale sulla propria terra.

Sono solo ipotesi, forse strampalate, ma i Palestinesi dei campi alcune cose quantomeno continuano ad analizzarle, cercando di capire perché succede tutto questo. “Ci hanno preso tutto, ci hanno rinchiuso e obbligato ad una autorità che non lavora per i nostri diritti, perché accanirsi così con dei giovani, rovinarli e poi…?”.

La Palestina purtroppo sta passando uno dei periodi peggiori della “Storia dell’Occupazione e della Colonizzazione”, non se ne conosce la fine, non si capisce la strategia, non si vede luce per una popolazione che purtroppo continua a pagare un prezzo altissimo di odio, violenza e nessuna soluzione.

Meri Calvelli

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