Repubblica e le elezioni in Irlanda – Tu chiamalo se vuoi giornalismo

Il giornalismo italiano sulle questioni internazionali non ha mai dato il meglio di sé. Ignoranza, pressapochismo, provincialismo e, spesso, malafede emergono tra le righe di giornali considerati autorevoli.

Così oggi leggiamo su Repubblica un reportage dall’Irlanda in campagna elettorale. I sondaggi danno il Sinn Féin in testa sugli altri partiti di centrodestra che governano ininterrottamente da decenni, Fianna Fàil e Fine Gael. Apriti cielo!

Vedremo poi quali saranno i risultati reali, ma intanto registriamo con piacere che, almeno in questa piccola isoletta del Nord, si è rotta la cappa conservatrice che, con sfumature diverse, governa dappertutto in Europa. Tu chiamalo se vuoi Establishment.

Non incanta più neanche il racconto strumentale del primo premier gay e figlio di immigrati, Leo Varadkar, se poi le misure economiche e sociali sono sempre le stesse imposte dal dogma dell’austerity. Questo giochetto non convince, stando ai sondaggi, le generazioni più giovani, che infatti danno fiducia al partito ex braccio politico dell’IRA.

A quanto pare il programma sinceramente socialista del Sinn Féin, di cui abbiamo parlato in un nostro precedente reportage dall’ultimo congresso che si è tenuto a Derry, sembra essere la via più convincente per uscire dai disastri dell’austerity, proprio in uno dei laboratori del doping neo-liberista degli anni ’90.

Il lessico utilizzato per raccontare l’Irlanda pre-voto attinge a piene mani dal vocabolario conservatore, vecchio e snob, terrorizzato dal cambiamento sorretto da un’impalcatura retorica ricca di virgolettati, erudite citazioni, frasi buttate lì a caso, allusioni non verificate.

Così Mary Lou McDonald, leader del Sinn Féin, “strepita” con “la sua retorica gestuale e plebea” (sic) pur essendo il volto ripulito di un partito ancora sporco del sangue dei Troubles. Troubles che, ci insegna l’articolista, sono “la guerra civile che ha provocato 3.500 morti… scatenata dalla Provisional IRA per l’imperitura voglia di un’Irlanda unita.

Massì, buttiamo in caciara cinquant’anni di lotta di liberazione da un’occupazione coloniale secolare. Questi pazzi pazzi repubblicani irlandesi.

D’altronde stiamo parlando del Partito-Repubblica, niente di strano, il peggior False Friend della politica italiana nell’era delle post ideologie. Sempre pronto a farsi sedurre da tutto quello che di nuovo le controculture e i movimenti autorganizzati producono, basta che non mettano in discussione lo Status Quo. Vedi l’ultimo innamoramento per le Sardine, di cui anche le pagine del quotidiano di oggi tracima di citazioni, prodotto perfetto per questo colosso editoriale/partito politico. Sarà perché non danno fastidio a nessuno.

Repubblica rappresenta l’Establishment. L’impalcatura di quella rete di potere di gruppi editoriali, corporazioni ed Elite finanziarie saldamente al comando in Europa.

E non è un caso che liquidi esperienze come il Labour di Corbyn, Sanders e i soc-dem Usa o, come in questo caso, il Sinn Féin come avventure esotiche pericolose e, udite udite: “populiste”!!

D’altronde anche noi siamo schiacciati nella falsa polarizzazione attuale tra sinistra neoliberale e sovranisti. E se non  occupiamo quello spazio politico in grado di spezzare questo duopolio, saremo per forza relegati all’irrilevanza politica o a comparire sulle pagine di Repubblica nella sezione tendenze giovanili.

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