LA MERCE, LA CITTÀ, LA RAGE

EDITORIALE

di La Terra Trema

Nell’immagine l’uomo, al centro, ha una rete da pesca, frequenta il fiume che scorre alle sue spalle, utilizza una barca bassa, instabile, difficile da governare.
Conosce le sponde di quel fiume a menadito, sa come sono cambiate nel tempo, sa da dove arriva il veleno che ne intossica le acque, sa cosa c’era di vivo lì e che oggi è morto. Sa cosa c’è oggi di vivo. Se ne nutre.
Conosce quel luogo più del suo stesso corpo, è il suo corpo stesso. Nel ragionare quotidiano e imminente, il luogo, solo quello, è il suo pensiero, la sua ragione, il suo presente. Non fa fatica a presentartelo.
L’uomo nell’immagine non è di questo mondo. Per il mondo (che frequentate) è inesistente, irreale, irrazionale ma per questo egli (forse) è salvo, salvo dalla catastrofe, fuori dall’apocalisse (che ci riguarda).
In lui nulla è estinguente. Epicorio di un luogo a sua immagine e somiglianza è anima(le) feroce.
Da che parte stia, con chi stia, di quante persone sia composto il suo nucleo è privo di rilievo. Quel che per lui è natura per questo mondo è caos. L’uomo nell’immagine abita il caos.

Il terremoto è avvenuto puntuale. Con buona partecipazione, con coinvolgimento.
Tra le mura si è bevuto e mangiato, si è parlato e ascoltato. Ci si è chiesti anche di quest’uomo (del suo essere umano).
La 13° edizione de La Terra Trema è passata, ha intersecato la città metropolitana mantenendo le sue specifiche: invisibile, perturbante dirompenza. Le intenzioni, la necessità di programmare annualmente una manifestazione come questa in una città come Milano sono state ribadite, a priori, dai comunicati, dalle azioni, da chi organizza/partecipa/attraversa.

Costruire un rapporto organico tra uomo e natura, si è detto, riportando a riflessioni più ampie, lontane dalle discussioni sul vino, dalle sue declinazioni celesti (naturale/innaturale), inerenti piuttosto alle lotte di territori, agli uomini e alle donne che quel rapporto organico costruiscono e al come lo fanno.
Sia composta di contadini o cittadini, non in difesa della natura questa popolazione agisce e lotta ma in difesa della sua vita stessa e a La Terra Trema viene per ricordarlo, prima della assenza di solfiti nei vini; prima del territorio come narrazione retorica, utilissima etichetta per bypassare frontiere economiche, per arrivare altrove, (cadere) dentro al mercato dei gloriosi e doverosi viaggi oltre confine.
In difesa della sua vita stessa considerando il territorio altro. Non merce, non mercimonio. Non speculazione terriera, leva per la gentrificazione di ogni cosa (città e campagne), per la turistificazione ossessiva dei propri intessuti culturali, per la gastrocrazia egemonica di vite, affitti, costi, produzioni.
Considerando il territorio occasione prima per stabilire alleanze in reciprocità, per alimentare coscienza di luogo collettiva, diffusa, aperta.

Il terremoto è passato. Nella città nuova, archetipo, città pensiero, città ideale, città attitudine, città osservatorio, specola e riverbero di un nugolo di altre città ovunque. Ripensate, redente in extremis, riqualificate, agli albori di un’apocalisse che le città stesse dicono imminente con un battage ecologista che stordisce ma che si adopera per un modello economico sempre inumano, impietoso, capitalizzato: produzione di consumi, forse difformi ma con le medesime modalità, proteggendo gli stessi attori, gli stessi capitali finanziari.
Le città rigenerate sono corpi esausti e vecchi su cui impietosi chirurghi instillano botox e filler.
Quanto sia possibile disinnescare questa consuetudine è la questione.
Il costo di questa mutanza immutabile è alto ed è in primo luogo sociale.

Nel mondo le città esplodono di rabbia, la rage, e nella feconda collera si attuano nuove forme dell’abitare i luoghi smontando, come si può, un modellino caro a chi, ai conti, le amministra davvero: AD, CEO, holding, stakeholder.
Sta nell’abitare (confliggendo) l’occasione di applicare resistenza; nel riprendere in mano il mondo (materiale e amoroso) e farlo ruotare; nel ripopolare, (auto)organizzare, i luoghi della desolazione (Bada. Si intendano non le periferie ma i centri storici, i luoghi dell’estromissione); nei sodalizi spuri e plebei che è capace di innescare, nell’intelligenza collettiva che l’abitare i luoghi riunisce.

da L’Almanacco de La Terra Trema. Vini, cibi, cultura materiale n. 15
16 pagine | 24x34cm | Carta cyclus offset riciclata gr 100 | 2 colori

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *