Il vento su Milano
Il vento oggi soffia forte su Milano, e fa rabbrividire nonostante il sole.
Al mercato volano via cassette, sacchetti e fogli vorticano verso il cielo.
Il vento a Milano…..il vento, che è stata la metafora della campagna elettorale delle amministrative 2011, che hanno portato tantissime componenti di una cittadinanza ormai esasperata da una città invivibile, moscia, grigia dentro, ad impegnarsi in prima persona per un cambio.
Chi se lo scorda? Mesi frenetici tra volantinaggi, dibattiti, iniziative, discussioni. Che fatica, ma che bello. Ci abbiamo creduto ed alla fine è successo.
Il vento è cambiato.
Solo, mi chiedo, per chi?
In queste ultime settimane sono successe cose importanti nella nostra Milano. Da mesi anzi, si susseguono progetti, riunioni, occupazioni di case e di centri culturali, tra i quali, forse, il più eclatante (sia per lo spazio che per la visibilità avuta) è stata l’esperienza di MACAO.
Moltissimi media hanno parlato di MACAO, dando spazio al fatto che un gruppo di non ben identificati “ragazzi” si fossero impadroniti di un mega palazzone di 32 piani in centro, proprietà della famiglia Ligresti.
Pochi giornalisti hanno dato voce alle istanze portate avanti da questi “ragazzi” (i Lavoratori dell’Arte, che hanno un’analisi, delle rivendicazioni e delle esigenze ben precise rispetto al loro status lavorativo, formativo e professionale), altrettanto pochi hanno parlato della rete italiana dalla quale questa azione è stata generata e sostenuta (le reti di altri Lavoratori dell’Arte, che portano avanti attività ed occupazioni da Roma a Palermo, passando per Napoli e Genova).
Soprattutto, molto pochi giornalisti hanno parlato del significato politico dell’occupazione (meglio e più corretto parlare di “restituzione alla collettività”) di un palazzone in centro lasciato marcire da 15 anni mentre se ne costruiscono, freneticamente, altri, con soldi pubblici e privati. Costruire, costruire…..da anni ormai questo sembra essere l’unico imperativo della nostra città, affogata dal cemento e dalla poca trasparenza nell’economia dei cantieri, alla mancata democrazia utilizzata nell’assegnazione e nella pianificazione degli spazi urbani, sempre e comunque legata alle logiche della speculazione, del guadagno, del business.
Un moto istintivo e acuto di rabbia e delusione mi ha pervaso sentendo ieri il discorso di Pisapia, che ho votato e sostenuto insieme a tanta gente, e che prometteva, in campagna elettorale, la conversione di tutte queste dannose e dolorose rotte verso una più umana, sostenibile e attenta gestione.
E’ vero che il Sindaco, al contrario di altri, è andato a parlare all’assemblea di Macao, sgomberato la mattina stessa e tuttora occupante la piazza antistante. E’ vero che il suo atteggiamento è stato di apertura, di disponibilità nell’offrire l’uso dell’ex Ansaldo, che dicono, già in programma da destinarsi ad associazioni e progetti culturali. E’ vero che lo sgombero non è stato, forse, solo farina del suo sacco.
E’ però altrettanto vero che dallo stesso Pisapia ho avvertito, di nuovo, l’identico errore di percezione nei confronti di questo incredibile, grande bisogno che la città del futuro (quella vera, fatta da giovani e attivisti, e non quella finta dell’Expo..) sta esprimendo, e che il progetto MACAO ha avuto l’enorme pregio di portare a galla.
Anche Pisapia si limita a parlare di spazi, senza dire, forse capire, o voler capire, che i bisogni sono anche altri, più profondi. Di certo duri a combattere, ma con i quali non si può più credere di poter pensare una Milano “altra”. Non basta uno spazio per cambiare le cose. Lo spazio è strumento, è un compendio, ed è stato, soprattutto, il modo per arrivare a parlare di alcune tematiche. Lo spazio è funzionale a un cambiamento ampio; almeno, bisogna provarci, e porselo come obiettivo.
Reggo forte i sacchi della spesa, tolgo i capelli che il vento mi scompiglia sulla faccia impedendomi di vedere e facendomi quasi finire sotto un tram, e penso, mi chiedo, quando questo vento che ora sta soffiando (e che tanto abbiamo chiesto e voluto) verrà avvertito anche nei palazzi delle istituzioni, tutte.
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