Driver Amazon in sciopero: “Basta essere sfruttati”
Per i driver in sciopero la giornata è iniziata presto anche ieri, giorno di sciopero. Alle 7 i presidi fuori dai magazzini di Origgio, Burago, Buccinasco e Milano, le quattro sedi logistiche lombarde di Amazon. A metà giornata insieme a Cgil, Cisl e Uil il presidio in piazza XXV Aprile a Milano, sotto agli uffici della multinazionale dell’e-commerce. Per un giorno la logistica Amazon ha dovuto rallentare, «impatto modesto», ha sostenuto l’azienda. Uno sciopero per i carichi di lavoro e il rispetto degli accordi sottoscritti con i sindacati.
IL COLOSSO DI JEFF BEZOS continua ad espandersi, recentemente in Italia ha ottenuto l’autorizzazione del ministero dello Sviluppo economico a entrare nel mercato degli operatori postali per fare le consegne in proprio senza affidarsi ad altri corrieri, la quantità di lavoro aumenta ma i driver impiegati no. «In Lombardia siamo un migliaio, ma nei picchi natalizi o nei giorni tipo black friday raddoppiamo con i precari chiamati a coprire una settimana o un mese», raccontano gli autisti. Tra loro ci sono studenti, laureati, ex disoccupati, giovani e meno giovani. Lavorano per aziende, società interinali e consorzi in appalto per Amazon.
«Lavoro con loro da due anni e mezzo», racconta Donato Pignatiello, 46 anni, delegato sindacale per la Filt Cgil. «Quando ho iniziato non c’erano ancora i pacchi, giravamo coi furgoni vuoti per geolocalizzare i tragitti e testare i software. Abbiamo creato la mappa di tutta la Lombardia, erano consegne virtuali. Poi abbiamo iniziato a fare le consegne vere, 40-50 al giorno. Oggi arriviamo anche a 170». I driver arrivano nei magazzini alle 7,30, caricano il furgone in una decina di minuti e poi partono verso la prima consegna. «Finiamo verso 15,30 e poi torniamo indietro, lavoriamo 9 ore al giorno», raccontano. La paga? «Sui 1.400-1.500 euro al mese, ma le nostre buste paga sono diverse a seconda delle società per cui lavoriamo».
LE CONSEGNE DEVONO SEGUIRE il percorso e i ritmi stabiliti dall’algoritmo di Amazon. «Gli stop, le consegne, aumentano se il cliente non è a casa o in ufficio perché dobbiamo ripassare. I carichi di lavoro sono diventati insostenibili: serve più personale stabile». Gli accordi sottoscritti con i sindacati lo prevedevano. «È un anno che discutiamo con Amazon dei carichi di lavoro. Non è sicuro lavorare così, siamo affaticati e stressati», spiega ancora Donato. Altra cosa che gli autisti chiedono è di togliere le franchigie, «un graffio al furgone può costarci fino a 200 euro di trattenute».
LA QUALITÀ SI MISURA nella consegna dei pacchi nel più breve tempo possibile, in mezzo ci sono i lavoratori. «Il cliente non sa che dietro ad una consegna c’è un mondo fatto di persone in carne e ossa. Chiediamo a tutti di essere solidali con la nostra lotta, fatevi sentire, scrivete sulla pagina facebook di Amazon, mandate mail, sosteneteci negli scioperi», esortano i lavoratori. «Il boicottaggio non serve, servono solidarietà e pressione sull’azienda». Amazon respinge le accuse e spiega che i fornitori di servizi di consegna devono rispettare il Codice di Condotta dei Fornitori Amazon e garantire che gli autisti «ricevano compensi adeguati, siano trattati con rispetto, si attengano a tutte le normative e al codice della strada».
AL PRESIDIO CONVOCATO da Cgil, Cisl e Uil è arrivato anche il segretario della Cgil Maurizio Landini, che ha chiesto l’apertura di un tavolo con i sindacati. Amazon ha respinto l’apertura di un tavolo diretto e ha delegato la trattativa alle società di consegne. «Amazon Italia Logistics si avvale di piccole e medie imprese che effettuano consegne ai clienti attraverso i fornitori di servizi di consegna. Rispettiamo l’indipendenza dei nostri fornitori, Assoespressi, l’associazione che rappresenta le aziende di cui gli autisti sono dipendenti, ha già convocato un incontro con i sindacati», ha scritto la multinazionale in una nota.
«NON SIAMO CONTRO Amazon – ha detto Landini – ma dietro non può esserci uno sfruttamento peggio del cottimo, con persone che in 8 ore debbono consegnare fino a 160 pacchi. Vogliamo che le condizioni di lavoro vengano discusse e migliorate e non delegate a un algoritmo programmato e controllato solo dall’azienda».
di Roberto Maggioni
dal Manifesto del 27 febbraio 2019
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