Milano: il ritorno degli sciacalli

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“Assassini neri” sparato in prima pagina, la richiesta di pattugliare le strade con l’esercito e le ronde, l’accusa di istigazione a delinquere rivolta a chi propone lo ius soli, presidi, insulti e persino banchetti in tempo reale sul luogo del delitto. Questo è il bilancio provvisorio dell’escalation politica innescata a Milano dalle destre di ogni risma dopo il triplice omicidio di Alessandro Carolè, Daniele Carella e Ermanno Masini per mano del ghanese Mada Kabobo.

Nulla di nuovo, direte. E non sono nuovi nemmeno i protagonisti di queste strumentalizzazioni, che si chiamano Lega, Pdl, Fratelli d’Italia, Forza Nuova, Casa Pound, De Corato, Salvini, Borghezio eccetera. Neanche Giulio Gallera, coordinatore del Pdl milanese, ha resistito alla tentazione del banchetto sul luogo del delitto e le immagini che lo ritraggono sorridente e soddisfatto sono forse la migliore testimonianza del livello di squallore raggiunto.

Insomma, sono tornati gli sciacalli, quelli che se ne fregano altamente del dolore altrui e che sono disposti a cavalcare qualsiasi tragedia o crimine pur di ricavarne qualche profitto politico. Sono talmente eccessivi che a volte persino tra di loro si manifestano delle prese di distanza, come ha attestato la pubblicazione su Libero di un articolo, a firma di Giampiero Mughini, che criticava aspramente il titolo “Assassini neri”.

Ma appunto, nulla di nuovo, cose già viste e vissute, un milione di volte. In fondo, sono passati soltanto tre anni da quando Moratti, De Corato e Salvini, allora al governo della città, si erano inventati il coprifuoco in via Padova, in nome della sicurezza e del pericolo immigrati. Il coprifuoco fu, però, anche l’inizio della loro fine. Il vento stava per cambiare, il coprifuoco si rilevò un autogol e nella primavera successiva le loro campagne d’odio si arenarono nella grottesca zingaropoli islamica e Pisapia fu eletto Sindaco di Milano.

La primavera milanese, con la sua grande partecipazione popolare, e la drammaticità della crisi economica avevano cambiato la percezione delle cose. I discorsi securitari, xenofobi e razzisti non tiravano più come prima e le destre milanesi erano ammutolite. E molti di noi, popolo di sinistra e di centrosinistra, si erano illusi che quei discorsi fossero sconfitti una volta per tutte. Abbiamo voluto dimenticare, abbiamo rimosso. Comprensibilmente, beninteso, perché era come respirare all’improvviso aria più pulita.

Fu però un’illusione, perché nulla è mai acquisito per sempre e le crisi tendono a riprodurre quotidianamente le condizioni per certi discorsi. E poi, anche l’entusiasmo e la partecipazione del 2011 non ci sono più. Certo, sbaglia chi oggi vede l’esaurimento della spinta propulsiva della “rivoluzione arancione”, perché il Sindaco gode tuttora di un consenso maggioritario in città, ma sbaglia altrettanto chi fa finta di niente e si rifiuta di vedere i segnali di pericolo, gli scricchioli e le troppe delusioni accumulate.

Sarebbe un errore clamoroso considerare le odierne urla e iniziative delle destre un semplice riflesso condizionato, perché siamo invece di fronte a una riproposizione delle campagne securitarie e xenofobe come strumenti tipici di ri-conquista del consenso politico. Infatti, gli attacchi leghisti contro il Ministro Cécile Kyenge sono iniziati ben prima degli omicidi di Milano e persino prima delle dichiarazioni sullo ius soli, poiché il vero peccato originale che si contesta al Ministro è evidentemente il colore della sua pelle. E poi, il primo ad accusare il Ministro di essere moralmente responsabile degli omicidi di Kabobo non è stato mica il quel fascista di Borghezio, bensì Matteo Salvini, capo della Lega in Lombardia e delfino di Roberto Maroni.

Ma anche sul piano strettamente milanese alcuni meccanismi sono stati riproposti già settimane fa, come ha dimostrato l’assedio del campo rom di via Dione Cassio, capeggiato dai neofascisti della Fiamma Tricolore, e la contestuale e aggressiva campagna contro il piano rom del Comune da parte delle destre istituzionali.

Quello che sta accadendo in questi giorni a Milano dovrebbe dunque aprire una riflessione molto seria. La Lega e le altre destre vedono delle crepe dopo due anni di governo arancione, sono galvanizzate dalla vittoria di Maroni alle regionali e, in ultima analisi, sono anche favorite dall’esistenza del governo Pd-Pdl. Loro sono già in campagna elettorale e la condurranno senza sosta e con ogni mezzo, riproponendo tutto il più squallido repertorio.

È importante che ci siano state delle reazioni di ripudio delle campagne xenofobe da parte di settori di residenti nel quartiere Niguarda e sono molto importanti le parole scritte dagli amici di Daniele Carella, perché dimostrano che a Milano ci sono ancora tanti e tante che non intendono tornare indietro. Ma anche qui, non illudiamoci e non pensiamo che le cose si sistemino da sole. Occorre una reazione, forte e consapevole. E occorre che chi governa la città non stia sulla difensiva e che esca dalla trappola della gestione dell’esistente.

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