Presidio permanente all’Esselunga di Pioltello
Fuori dai cancelli del polo di distribuzione dell’esselunga di Pioltello ci sono una quindicina di persone, una tenda e un bidone con dentro un fuoco per scaldarsi. Sono i lavoratori rimasti fuori dal consorzio dopo lo sciopero del 7 ottobre, tutti immigrati regolari. Incontriamo Ilir, albanese da 13 anni in Italia, da 11 magazziniere al reparto salumeria. Gli chiediamo di raccontarci la loro storia, la sua storia. Ci racconta del suo lavoro; da sempre sopporta turni di lavoro esagerati e rapporti con i capi squadra, tutti italiani, costellati di maltrattamenti e ricatti. A febbraio del 2011 la situazione è diventata insopportabile e i lavoratori, grazie all’appoggio del sindacato dei Cobas, hanno iniziato ad organizzarsi per reagire. Questa mossa non è andata giù ai vari capolari che riempivano questi consorzi, che hanno cercato di emarginare i delegati sindacali o di spostarli ai lavori più pesanti per farli desistere dal continuare forme di protesta. Il culmine lo si ha avuto l’ultimo 7 ottobre quando i lavoratori hanno indetto uno sciopero che ha avuto un’adesione superiore al 70 %. La risposta del consorzio è stata una lista di persone “sgradite” al quale impedire l’accesso alla fabbrica. Tra lo stupore di tutto più di venti operai sono quindi rimasti chiusi fuori dai cancelli, senza avere nessuna spiegazione. Qualche giorno dopo gli verrà comunicato che sono in ferie forzate dal lavoro, e subito dopo in sospensione per “cause di scarso rendimento”. A metà novembre iniziano ad arrivare anche i primi licenziamenti, sempre motivati con la stessa scusa, ma che puzzano di rappresaglia. Infatti sono stati esclusi dalla fabbrica tutti i delegati sindacali, più qualche fomentatore che sicuramente dava fastidio in un posto di lavoro dove deve vivere la cultura del ricatto e della paura. Gli operai esclusi non ci sono stati, e hanno piantato una tenda fuori dallo stabilimento. Dicono di avere la solidarietà di quasi tutti i lavoratori
dei due consorzi (drogheria e salumeria) e che anche dalle altri parti iniziano a scalfire il muro del silenzio. Intanto la loro piccola battaglia l’hanno vinta. Due dei capisquadra contestati sono stati allontanati dai consorzi e gli altri non si permettono più di maltrattare gli operai che adesso lavorano quasi come persone normali. Intanto però, loro al lavoro non ci possono più andare, e con il licenziamento si chiedono anche come mantenere le proprie famiglie. Per il momento ci raccontano stanno provando per vie legali, consegando le lettere di licenziamento agli avvocati, e cercando di capire la leggitimità legale che possono avere. Comunque non hanno intenzione di stare fermi, promettono battaglia dura per chi cerca di mandarli a casa e si dicono pronti anche a bloccare tutto.
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