Roberto Franceschi, 40 anni dopo.

image_preview“…era un compagno, era un combattente, per il socialismo e per la libertà…”.
Queste le prime parole della canzone “Compagno Franceschi” dedicata ai tempi allo studente della Bocconi ucciso dalla Polizia a Milano il 23 Febbraio 1973.
Se le parole possono essere un po’ datate (in effetti sono passati 40 anni), le idee che mossero la vita di Roberto Franceschi sono attuali, anzi attualissime.

Ieri mattina, davanti ad un migliaio di persone il Sindaco Pisapia ha scoperto il monumento dedicato al giovane studente (un enorme maglio industriale montato dai militanti del Movimento nel 1977). Monumento restaurato ed ora proprietà del Comune e della città.
Tanta gente si diceva, come tanta gente c’era l’anno scorso alla dedica a Fausto e Iaio dei giardinetti di Piazza Durante al Casoretto.
Nel pomeriggio invece è stata inaugurata in Bocconi una bella mostra fotografica sulla Milano degli anni ’70, sulle sue lotte e le sue speranze.

Ma torniamo indietro di quarant’anni e raccontiamo i fatti (avendo ascoltato anche le testimonianze di chi, in quegli anni c’era).
La sera del 23 Gennaio ’73 il Movimento Studentesco intendeva tenere presso la Bocconi un’assemblea cittadina aperta anche ai lavoratori.
Era un periodo di chiusura dell’agibilità politica in città. Più volte era stato negato il permesso per assemblee in Statale ed in Cattolica.
Nel Giugno del 1972 la Polizia aveva sgomberato con violenza l’Università Statale fermando centinaia di studenti.
Agli inizi di Febbraio sarebbero stati emessi i mandati di cattura per alcuni dei leader del MS come Capanna e Liverani.
Quella sera, il Rettore Giordano D’Amore, contavvenendo ad un tacito accordo che da molto tempo vigeva con gli studenti, decise che all’assemblea avrebbero potuto partecipare solo gli iscritti alla Bocconi previa esibizione del libretto universitario.
Per imporre il rispetto della decisione fu chiamato un reparto di Polizia guidato dai vice-questori Paolella e Cardile.
La notizia del divieto sollevò dure proteste e, mentre la folla si stava sciogliendo per rientrare allo studentato della Bocconi (che dista poche decine di metri dal luogo dell’omicidio) ci fu un breve scontro con la PS.
La Polizia aprì il fuoco contro i manifestanti in fuga.
Roberto Franceschi fu colpito alla nuca. L’operaio della Cinemeccanica Roberto Piacentini alla schiena.
Franceschi, in condizioni disperate, fu portato al Policlinico.
Non riprese mai più coscienza e la sua agonia cessò il 30 Gennaio 1973.
Non appena la notizia si diffuse, gli operai della vicinissima OM (azienda metalmeccanica del gruppo FIAT) scesero in sciopero recandosi sul luogo della sparatoria.

La prima versione della Polizia parlò di un sasso lanciato dai manifestanti (triste e vergognosa similitudine con la prima tesi della Polizia sull’omicidio di Carlo Giuliani al G8 di Genova del 2001) che aveva colpito il giovane bocconiano.
Le prove erano talmente schiaccianti che poco dopo la Questura di Milano dovette ammettere che gli agenti avevano aperto il fuoco.
Moltissimi corpi del reato furono manomessi.
Ci furono diversi processi.
Fu accusato l’agente Gianni Gallo, ma alla fine, come da tradizione italica, nessun appartenente delle Forze dell’Ordine pagò per quell’omicidio.
Il 3 Febbraio 1973 una folla immensa e silenziosa (si calcola più di 100.000 persone) partecipò ai funerali di Roberto. In prima fila l’allora Sindaco ed ex-partigiano Aldo Aniasi.
Alla fine del corteo un grosso gruppo di militanti antifascisti assaltò Piazza San Babila centro delle famigerate squadracce fasciste.

Roberto Franceschi non era il primo morto nelle piazza di Milano.
Nel 1970 e nel 1972 Polizia e Carabinieri avevano già ucciso Saverio Saltarelli e Giuseppe Tavecchio.
Purtroppo, altri morti sarebbero seguiti.

Colpisce pensare che la commemorazioni di un personaggio come Roberto Franceschi, che lottava tutti i giorni per valori come la solidarietà e l’uguaglianza, si sia svolta davanti all’Università Bocconi, che ha fornito nell’ultimo anno molto personale politico (l’ex-Rettore Mario Monti in primis) al Governo dell’austerità.
Un governo sostenuto dalle banche e dalla finanza che più che lottare contro le diseguaglianze, ha fatto di tutto per aumentarle.

E parlando di Polizia e fascisti non dimentichiamoci che a breve, il 16 Marzo 2013, cadrà il decimo anniversario dell’omicidio fascista di Davide “Dax” Cesare e del massacro poliziesco dell’ospedale San Paolo.
Sarebbe bello sentire qualche parola forte da parte del Comune, in una città palcoscenico, poche settimane fa, di un accoltellamento fascista.
Magari contro quell’Aler travolta da scandali, inchieste ed arresti mensili che sgombera le famiglie indigenti, ma fornisce le sedi ai nazisti di Milano.

 

“Milano e gli anni della grande speranza” dal 23 gennaio 2013  al 10 aprile,  presso lo spazio espositivo dell’Università Bocconi in via Roentgen 1 a Milano (M2 Porta Genova – M3 Porta Romana – Tram 9, 15, 29/30 – Bus 79, 90, 91). Dal martedì al venerdì dalle ore 12 alle 20.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *