Salute, la storia di lotta delle lavoratrici e lavoratori di una RSA milanese

Ci presentiamo, siamo lo Sportello Diritto alla Salute Gratosoglio. Siamo nati 2 anni fa e siamo cittadin* veramente molto arrabbiat* e allarmat* per le condizioni della sanità pubblica lombarda e italiana e per la deriva di privatizzazione dei servizi sanitari. Durante la pandemia, analizzando i bisogni del territorio, abbiamo deciso di aprire questo sportello per non lasciare indietro nessun* davanti alla fredda macchina burocratica sanitaria e per orientare ai vari (ormai sempre meno) servizi sul territorio.

Il nostro operato parte da una forma di mutualismo, dove l’assistenza non è fine a se stessa, ma rappresenta un modo di divulgare saperi e buone pratiche, trovare soluzioni collettive e nuove sinergie per denunciare lo sfacelo del SSN a causa di precise scelte politiche neoliberiste. La nostra casa è GTA, un centro sociale di quartiere antifascista e anticapitalista. Operiamo prettamente a Gratosoglio, quartiere della periferia di Milano Sud, ed è proprio qui che ha inizio la testimonianza che vi vogliamo raccontare. Precisamente in via Costantino Baroni dove si trova la Residenza EMMAUS, una residenza per anziani. Dall’esterno sembra una RSA come tante, nel sito vengono elencati tutti servizi offerti come l’assistenza medica specialistica, quella infermieristica, l’assistenza qualificata 24h/24, con tanto di video introduttivo. Sembra tutto perfetto, una sorta di casa vacanze da sogno per nonni e nonne, ma la verità è ben diversa.

Come Sportello Diritto alla Salute Gratosoglio abbiamo voluto accogliere e divulgare la testimonianza diretta di chi ci lavora da anni e che da tempo sta lottando per migliorare non solo le proprie condizioni lavorative ma anche le stesse condizioni sanitarie e umane delle ospiti e degli ospiti che pagano profumatamente queste strutture per ricevere cure ed essere trattati dignitosamente. Sappiamo che nella società capitalista la vecchiaia è un tabù, qualcosa che si scopre e di cui ci si occupa solo quando arriva, esattamente come la malattia. In una società dove la cosa più importante è produrre e performare, l’anziano è escluso, è di peso, soprattutto se non è autosufficiente. Ma il capitalismo è infimo e riesce a guadagnarci anche così, rendendo di fatto la gestione delle case di riposo per anziani un vero e proprio business a discapito della dignità di lavorator*, ospiti e familiari, come purtroppo in qualsiasi altro settore della sanità.

All’origine del problema, ci racconta la lavoratrice OSS (Operatrice Socio Sanitaria) che abbiamo incontrato, non c’è solo chi gestisce le RSA ma la stessa complicità di Regione Lombardia che dopo aver ricevuto il potere dal governo di trasferire anziani con patologie croniche dal settore sanitario, in teoria protetto dal diritto alla salute, al settore sociale/privato, dove vige il diritto fino a esaurimento fondi e poi nessun diritto se non paghi, non si è più preoccupata di rivedere e aggiornare gli standard degli accreditamenti (vecchi ormai di 20 anni), favorendo di fatto un business sfrenato sulla pelle delle cittadine e dei cittadini già in difficoltà. L’esplosione della pandemia ha acuito ancora di più tutte queste problematiche, portando a un continuo e progressivo peggioramento delle condizioni di lavoro con carichi eccessivi e nessun miglioramento contrattuale. Quando i lavoratori e le lavoratrici sono sfruttat* fino al possibile burnout, la qualità dell’assistenza e di cura all’ospite cala e le condizioni di mancanza di personale medico, infermieristico, di educatori professionali, di personale ATA, porta alla totale negazione di quello che dovrebbe essere l’obiettivo principale di queste strutture, ovvero assistere e curare anziani fragili e con patologie con dignità e rispetto. Chi osa lamentarsi o semplicemente organizzarsi, in questa struttura come in tante altre, viene isolat* e repress*.

Negli anni però le lavoratrici OSS di questa RSA hanno lottato per non soccombere a questo meccanismo di ingiustizia sociale e sono riuscite ad ottenere dei risultati ma la lotta non si ferma. E’ assurdo però andare a costatare quali risultati sono riuscite ad ottenere. Diritti e condizioni minime per una regione che si crede l’eccellenza sanitaria dell’intero Paese. La lavoratrice ci racconta: “Dopo 12 anni dall’apertura della struttura siamo riuscite a farci inquadrare come OSS mentre prima eravamo inquadrate come ASA (Ausiliario Socio Assistenziale) e siamo riuscite a recuperare 5 anni di arretrati. Dopo molti incontri, trascinando la struttura presso la Prefettura, siamo riuscite ad obbligarli a mettere un operatore dedicato per la notte in un nucleo che era abbandonato a se stesso con pazienti affetti da Alzheimer. Abbiamo vinto la causa per farci riconoscere i 10 minuti di vestizione come già avviene in molti contratti sanitari. Abbiamo obbligato l’azienda tramite denuncia alla Prefettura e sciopero interno a provvedere a installare un impianto extra di aria condizionata per ospiti e operatori del nucleo protetto che in estate svenivano dal caldo. Sempre denunciando in Prefettura le ennesime inadempienze abbiamo ottenuto di fare come organizzazione sindacale un sopralluogo all’interno della struttura con l’incarico di stabilire le vere quantità di operatori necessari”.

Dieci minuti per la vestizione, un ambiente salubre, operatori di notte per nuclei con persone non autosufficienti, l’inquadramento come OSS in quanto OSS, queste sono le vittorie di lunghe battaglie sindacali. Battaglie per dei diritti basilari che ogni giorno vengono calpestati, nelle RSA e in ogni altro luogo di lavoro. La lotta di queste lavoratrici non finisce qua e per questo hanno deciso di scioperare il 3 dicembre e attraverso questa testimonianza vogliamo divulgare quelle che sono le loro rivendicazioni e vertenze:

Chiediamo che l’attuale legge di accreditamento delle RSA venga riformata abolendo in minutaggio, in particolare chiediamo che la cartella SOSIA, cioè la cartella di valutazione delle difficoltà di gestione dell’ospite, non serva solo a stabilire la retta che i parenti devono pagare ma che obblighi le RSA ad assumere la quantità di ASA ,OSS e tutto il personale sanitario e socio-educativo necessario all’assistenza, diminuendo così i carichi di lavoro e aumentando la qualità del servizio. Tutto questo per ritrovare quella umanità perduta a causa del business senza limite che regione Lombardia permette.

Chiediamo che vengano riconosciute le malattie professionali del settore non solo come gravose ma usuranti, sia fisicamente che psicologicamente, quale ad esempio il burnout.
Che questo riconoscimento come lavoro usurante, una volta certificato mediante documentazione medica, possa produrre una riassegnazione obbligatoria sempre nella stessa RSA , invece dei licenziamenti. Oppure in alternativa un incentivo cospicuo all’esodato fin anche un pre-pensionamento.

Chiediamo che il governo stabilisca una volta per tutte un unico CCNL di categoria come riferimento sia nel pubblico sia nel privato mantenendo tutte le migliorie ottenute fino ad ora dai 100 contratti sanitari in circolo .

Chiediamo che il governo intervenga affinché alle delegazioni sindacali (soprattutto autonome) e alle delegazioni dei familiari venga consentito fare sopralluoghi e segnalare le non conformità e che queste segnalazioni possano avere più peso. Nella nostra struttura come in molte altre, gli operatori e le operatrici vengono avvisati tempo prima della visita degli organi deputati al controllo conformità.
Parimenti chiediamo che ci siano più normative a protezione di quegli operatori e parenti che hanno il coraggio di dire le cose come stanno in modo che questa repressione sistemica volta al licenziamento finisca.

Chiediamo che si rispettino gli articoli della Costituzione sulla sanità e sul diritto e tutela della salute e che venga fermata la privatizzazione della sanità che di fatto crea assistenza e accesso alle cure di serie A e di serie Z.
Questo è un appello a tutte le coscienze che si devono e si stanno svegliando e che vogliono lottare per un mondo più giusto”.

Come Sportello Diritto alla Salute Gratosoglio supportiamo lo sciopero del 3 dicembre di queste lavoratrici, contro ogni ingiustizia per una società della cura.

Seguiranno aggiornamenti.

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Una risposta a “Salute, la storia di lotta delle lavoratrici e lavoratori di una RSA milanese”

  1. Elena ha detto:

    Lavoro in una RSA come ASA le condizioni di quella struttura e dir poco fatiscente un ambiente sporco è molto stressante ci carichi di lavoro estenuanti tanto che ho deciso di dimettermi visto che non posso dare più dignità neanche a me stessa!!!figuriamoci ai ospiti poveretti!!!campi dì concentramento!!

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