I curdi fanno paura
Domani (7 giugno) in Turchia si vota. E per la prima volta da quando è andato al potere l’AKP, il partito di Erdogan, ci sono ampie possibilità di promuovere un cambiamento. L’HDP, il partito democratico del popolo, espressione dei curdi, potrebbe raggiungere il 10%, la soglia minima per l’assurdo sistema elettorale turco per accedere al Parlamento. L’HDP è un interessante progetto politico: governa già circa 120 municipalità in Turchia, dove tenta di applicare i principi democratici che hanno reso famoso l’esperimento del Rojava. Ogni carica viene sdoppiata tra un uomo e una donna, le sale del comune diventano luoghi aperti, pieni di attività gratuite, si tentano esperimenti di redistribuzione economica e di emancipazione delle donne. L’HDP, inoltre, è stato in grado di parlare non soltanto al popolo curdo, che costituisce la sua base elettorale, ma anche ad altri pezzi della società in un’ottica che contrasta il nazionalismo e raccogliendo diverse lotte sociali, da quella femminista alle lotte dei lavoratori, dalle istanze lgbt a quelle ecologiste: tra i candidati e le candidate di questa tornata elettorale ci sono, ad esempio, un rappresentante della minoranza armena, un omosessuale dichiarato, moltissime donne e molti tuchi.
Non sembra un caso (per usare un eufemismo) che in questi ultimi giorni di campagna elettorale l’HDP sia stato vittima di una serie di attacchi, culminati con l’esplosione di due ordigni al comizio conclusivo di ieri (5 giugno) ad Amed (o Diyarbakir in turco). Nei giorni scorsi sono stati effettuati numerosi arresti di attivisti e dirigenti del partito in molte città del Kurdistan. Grazie alla nuova legge sulla sicurezza approvata pochi mesi fa la polizia ha direttamente il potere di convalidare gli arresti, senza passare attraverso un giudice, e per questo non si hanno numeri certi sulle persone detenute. Inoltre gli arresti sono stati eseguiti da squadre antiterrorismo, che hanno anche attaccato brutalmente gli arrestati e i loro familiari durante le perquisizioni, avvenute perlopiù durante la notte e con grandi spiegamenti di mezzi. Proprio questa mattina, infine, sono stati arrestati almeno 21 rappresentanti di lista dell’HDP che domani avrebbero dovuto essere ai seggi a controllare il regolare andamento delle elezioni e degli scrutini: un atto deciso dal governo che fa temere brogli e scorrettezze.
Gli attacchi all’HDP, però, non si sono limitati agli arresti: mercoledì, a Bingol, l’autista di un pulmino è stato ucciso da ignoti in un agguato. Giovedì, a Erzurum, la manifestazione curda è stata attaccata da un gruppo di nazionalisti turchi che è stato difeso dalla polizia che ha attaccato i manifestanti con idranti e lacrimogeni. Il bilancio è stato di un uomo ricoverato in pericolo di vita, a causa delle ustioni provocate dal rogo di un mezzo dell’HDP di cui era alla guida, diverse decine di feriti e di un centinaio tra macchine, pullman e camion curdi bruciati. Fino ad oggi la polizia non ha intrapreso nessuna azione per individuare ed arrestare i nazionalisti. Questi attacchi sono avvenuti, anche se in misura minore, anche in città più piccole, con continue provocazioni da parte dei nazionalisti turchi.
Questa escalation è culminata con l’attacco di ieri ad Amed: due ordigni, pieni anche di pallini di piombo, sono esplosi in mezzo alla folla che si era radunata per l’ultimo comizio di Demirtas. Le esplosioni hanno causato 4 morti e circa 350 feriti, di cui 20 gravi, e la situazione è stata aggravata dalla polizia che, nel momento di maggior panico, ha lanciato lacrimogeni sulla folla impedendogli di fuggire. Tra i giovani manifestanti circolavano voci di un coinvolgimento dei poliziotti controllati da Fetullah Gulen, da anni impegnati a far saltare il tavolo dei negoziati e i sogni di pace dei curdi turchi con la violenza. Immediatamente Demirtas e l’HDP hanno diffuso appelli alla calma, a cui si sono aggiunti quelli del PKK, per evitare che le elezioni venissero annullate per i disordini. Già la sera, però, in molte città della Turchia sono scese in piazze diverse persone per denunciare la complicità di Erdogan e dell’AKP in questi attacchi e nelle bombe di Amed.
Oggi si è svolto a Van, ed è ancora in corso, quella che doveva essere l’ultima grande manifestazione prima delle elezioni e che si è tramutata in una dimostrazione di rabbia, ma allo stesso tempo un modo per reagire e dimostrare di non avere paura. Diverse migliaia di persone hanno attraversato Van, lanciando slogan come quello che ha dominato la campagna elettorale e che inneggia ad una “Nuova Vita” possibile. Le misure di sicurezza sono molto alte e alcuni militanti dell’HDP hanno preparato tutto il percorso della manifestazione controllando tutti i cestini e rimuovendo i cassonetti, ma altrettanto alta è stata la partecipazione.
La situazione continua ad essere critica anche nelle prigioni, dove i numerosi prigionieri politici curdi sono entrati in sciopero della fame per protestare contro i continui dinieghi di cure mediche, e al confine col Rojava, dove pochi giorni fa le truppe turche hanno sparato e ucciso una donna incinta che cercava di raggiungere il marito nelle zone controllate dai curdi. L’atmosfera, quindi, è molto calda, ma, per il momento, sembra che la voglia di garantire le elezioni stia prevalendo sulla rabbia. In ogni caso l’HDP sta preparando per l’8 giugno una grande manifestazione in caso di brogli, che sembrano sempre più probabili.
Mentre Ocalan dal suo isolamento in carcere continua a promuovere la pace e gli appelli al disarmo, sembra chiaro che il governo turco sia disposto a ricorrere a qualsiasi mezzo per mantenere il suo potere, messo in crisi dalla crescita di un partito che è, prima di tutto, espressione di un movimento che si prefigge l’obiettivo di cambiare il sistema, proponendosi come anticapitalista, ecologista e femminista e in grado di portare avanti una lotta decennale, resistere all’ISIS e immaginare prospettive politiche nuove. Tutti quelli che stiamo sentendo dal Kurdistan, ma possiamo vederlo e sentirlo anche da qui, non fanno che ripetere che non si arrenderanno e, ancora una volta, le loro parole sono lontane da ogni retorica.
qui trovate anche un resoconto delle esplosioni di Amed della delegazione di Rojava Calling, che potete seguire per gli aggiornamenti:
https://www.facebook.com/rojavacalling/posts/847619251975005
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