In 10mila a Napoli per la giustizia sociale e climatica

«Insorgiamo!»: la scritta in bianco sulla tela rossa al centro di piazza Garibaldi e, intorno, la murga con i tamburi mentre arrivavano a Napoli treni e pullman da tutta Italia per intonare il coro mutuato dalle curve «finché ce ne sarà oggi devi sciopera’»: atto terzo ieri pomeriggio, dopo Firenze e Bologna, della rete di proteste messa in moto dal collettivo di fabbrica ex Gkn che sta attraversando il Paese con la parola d’ordine «Convergere per insorgere». Lavoro, reddito, casa, giustizia sociale e climatica sono la piattaforma di rivendicazioni che ieri ha avuto al centro la lotta dei disoccupati.

«È una manifestazione contro la guerra e i suoi costi sociali – ha spiegato Eddy Sorge del movimento di lotta 7 novembre – Per noi essere contro la guerra vuol dire stop all’invio di armi ma vuol dire anche destinare i soldi risparmiati a investimenti seri sul lavoro per la cura e la messa in sicurezza dei quartieri popolari». Proprio da Napoli è partita la campagna italiana «Noi non paghiamo» nata in Inghilterra, il coordinatore campano Francesco Tramontano: «Portiamo in piazza le realtà che subiscono le politiche di lacrime e sangue di tutti i governi che si sono avvicendati. La scorsa settimana abbiamo lanciata l’iniziativa per la revoca di massa della domiciliazione. Se il governo non dovesse ascoltarci si arriverà all’autoriduzione».

In città sono arrivati 20 pullman organizzati dal Si Cobas per raccontare vertenze come quelle della logistica. In piazza le realtà siciliane, i lavoratori dell’Ilva di Taranto, i centri sociali delle Marche che hanno raccontato: «Da noi già governa FdI, la nostra è stata la regione laboratorio della destra. Siamo qui perché è necessario unire i territori su lotte ambientali, caro vita, transfemminismo. Il decreto sui rave, che si può applicare a qualsiasi situazione di dissenso, ci fa capire che è necessario opporsi».

Nutrito il contingente del collettivo ex Gkn, Dario Salvetti: «Abbiamo percorso a ritroso le vie dell’emigrazione, in fabbrica tanti colleghi erano venuti da Napoli perché non trovavano lavoro. Ora il lavoro ci è stato tolto da un fondo finanziario. Non vogliamo gli ammortizzatori sociali ma il lavoro, quello che saremmo in grado di creare con i nostri progetti dal basso. Il paradosso è che ci offrono una lunga cassa integrazione come licenziamento mascherato mentre minacciano di togliere il Rdc a milioni di persone sotto la soglia di povertà. A Napoli hanno chiuso la Whirlpool da un giorno all’altro, non aver fermato la multinazionale Usa ha permesso di fare lo stesso a noi». In marcia un lungo serpentone di oltre 10mila persone cadenzato da azioni dimostrative: davanti l’Inps un fuoco rituale di bollette, a via Depretis lo striscione di 20 metri «Disertiamo le vostre guerre».

In mattinata gli attivisti di Fridays For Future avevano effettuato un’azione dimostrativa contro le vetrine del lusso a Chiaia, ieri pomeriggio gli studenti davanti la sede distaccata dell’università hanno aperto lo striscione «La formazione secondo lo Stato: morte, sfruttamento e precariato». La conclusione a piazza Municipio: sulla facciata di Palazzo San Giacomo la scritta luminosa «Insorgiamo!».

di Adriana Pollice 

da il Manifesto del 6 novembre 2022

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