Insurgencia: “Giù le mani dai centri sociali!”
Prima di tutto i fatti, nella loro misera assurdità: la consigliera comunale Laura Bismuto, ormai ex-DemA, ha lanciato nei giorni scorsi un sondaggio online che implicitamente chiede lo sgombero del Laboratorio Occupato Insurgencia e avanza addirittura proposte sulla destinazione alternativa dei locali di via Vecchia San Rocco.
L’attacco agli spazi occupati, nell’Italia dei decreti sicurezza, nell’Italia di Minniti e poi di Salvini, non è certo una novità: ovunque le esperienze di autorganizzazione subiscono minacce e preparano controffensive. Certo, è sorprendente che in questo momento l’attacco venga dal cosiddetto ‘fuoco amico’, da una persona che viene dall’esperienza amministrativa che ha riconosciuto con atti concreti gli usi civici e i percorsi di autorecupero e gestione dal basso di luoghi pubblici dismessi; da una persona che, perlopiù, si annuncia come ‘amica dei movimenti’, vicina ai centri sociali e che – a partire da questa vicinanza – propone fantasiose graduatorie tra spazi occupati ‘buoni’ e ‘cattivi’: i primi da tutelare, i secondi da spazzare via.
Nella sua ottusità, la proposta della consigliera è un rischio perché incarna un ordine del discorso pericoloso, a maggior ragione perché chi lo porta avanti non possiede alcuna cultura politica (il che da sempre presta il fianco a speculazioni ulteriori).
L’idea che un rappresentante delle istituzioni – di qualunque partito, associazione o cricca sia espressione – possa con un sondaggio decidere di uno spazio occupato apre, e che la cosa venga addirittura spacciata come mossa progressista, apre da sé la strada al fatto che un domani chiunque si senta autorizzato a chiedere la chiusura di realtà autorganizzate: gli spazi occupati nascono come violazioni costituenti delle miserie del pubblico e si fondano sul principio di erosione di sovranità e costruzione di decisionalità autonoma, non sui sondaggi online di personalità delle amministrazioni, quali la consigliera Bismuto è.
Nel merito, poi, il discorso portato avanti per giustificare il fatto che una donna sedicente di sinistra chieda la chiusura di uno spazio occupato è la cosiddetta pezza peggiore del buco: per la Bismuto esistono dei centri sociali buoni, che sono quelli che offrono un ventaglio di servizi congeniale al suo personalissimo gusto; e centri sociali cattivi, quelli che – sempre ascoltando la consigliera – si ‘limiterebbero’ a organizzare iniziativa politica, diventando la casa di collettivi studenteschi, organizzazioni di lavoratori precari, comitati ambientalisti. È da sempre, questo, il caso di Insurgencia: lo è dal 2008, quando quella palazzina divenne uno dei motori del movimento antidiscarica; lo è ancora oggi, come hanno provato a spiegare alla consigliera i portavoce del movimento campano contro il biocidio, cioè ad ora uno dei più autorevoli e moltitudinari segmenti di attivazione sociale nei nostri territori. I ‘centri sociali’ nono sono ‘polifunzionali’ o ‘luoghi di erogazione di servizi a titolo gratuito alla cittadinanza’: descriverli in questo modo – e costruire in questo modo il proprio attacco – significa, tra l’altro, mortificare profondamente il senso del mutualismo, che non è una sorta di volontariato laico, ma invece uno strumento concreto di costruzione di alternativa sociale e di organizzazione politica.
Ci chiediamo come sia possibile che una persona alla quale piace narrarsi come vicina alle lotte di questa città sia poi capace di utilizzare linguaggi e strumenti politici appartenenti alle parti più reazionarie di questo paese, proprio contro una di quelle esperienze alle quali lei dice di essere vicina.
Naturalmente ci aspettiamo che anche le compagini di movimento che in questi anni hanno avuto un rapporto con la consigliera Bismuto per mantenere un contatto fisso con l’amministrazione cittadina cessino ogni ambiguità, viste le irricevibili affermazioni di cui abbiamo parlato. La mancanza di una presa di posizione netta potrebbe infatti indebolire l’agibilità di tutte e di tutti in città e da domattina qualunque consigliere comunale potrebbe incominciare a proporre fantasiosi sondaggi sull’utilizzo degli spazi occupati. Questa è una debolezza che non possiamo permetterci, specie in questa fase storica.
Per quanto ci riguarda, non abbiamo dubbi: crediamo che il cuore pulsante di ogni tentativo di autorganizzazione stia nella possibilità di organizzare segmenti sociali in vista della trasformazione radicale dell’esistente; a partire da quest’obiettivo, crediamo che ogni declinazione di autogestione sia legittima e vada difesa perché – indipendentemente dalle differenze di analisi e di prassi – rappresenta un patrimonio condiviso che consente la costruzione di anticorpi anche nei momenti più bui della storia recente. Difenderemo Insurgencia per questo: uno spazio che abbiamo occupato ormai 16 anni fa quando era un rudere, nel quale ci siamo spaccati la schiena, autofinanziando ogni mano di pittura e ogni intervento strutturale; uno spazio che oggi ha bisogno di lavori (è il motivo per cui alcuni dei locali sono permanentemente chiusi), che però non possono in nessun modo giustificare uno sgombero, come se un pezzo di storia dei movimenti sociali della città potesse essere liquidato con un bel cantiere e magari una stazione di polizia a sostituirlo. Quelle mura sono infatti ancora oggi la casa di una collettività che ha sempre inteso la militanza come orizzonte di senso sulla metropoli e sul paese, non come orticello autoreferenziale. Fedeli a questo principio, sin dalla nostra nascita nel 2004 abbiamo attraversato come comunità ribelle le piazze di questa città. Siamo stati in prima linea contro il razzismo della Lega e di Salvini, contro le scellerate riforme del mondo della formazione, per la salvaguardia dell’ambiente e contro i cambiamenti climatici. Sabato scorso eravamo in piazza a Torino per la libertà di Nicoletta Dosio e per la difesa del movimento No Tav.
Anche la decisione di misurarci con il terreno della rappresentanza ha per noi significato sempre e solo la possibilità di portare la voce dei movimenti che attraversiamo nel cuore dei luoghi della decisione politica, e specie in quei nodi istituzionali di prossimità a partire dai quali riteniamo sia possibile invertire la catena del comando sui territori. Ciò andrebbe spiegato a chi – pur di tenere i riflettori lontani dai propri intrallazzi politici – prova ad addossare a noi accuse di politicismo: Eleonora è la seconda consigliera per numero di voti tra quanti eletti nella lista del sindaco; Ivo è stato eletto come leader di una coalizione che ha ottenuto migliaia di voti sul territori che attualmente amministra; forti di questo mandato popolare ci siamo fatti espressione di alcune delle vertenze più importanti della città. Nella prima decina di febbraio – ci limitiamo solo ad uno degli esempi più clamorosi – l’abbattimento della Vela a Scampia sarà il frutto anche di questa sinergia, difficilissima da interpretare, tra movimenti di lotta e attività di governo. Ancora – e lo diciamo con orgoglio – siamo stati dal primo giorno i peggiori nemici dei banditi che vogliono tornare a mettere le mani sulla città, delle destre reazionarie che provano a cavalcare il clima di odio e malcontento che serpeggia nel paese, del partito democratico degli accordi sottobanco e delle mazzette, del movimento cinque stelle che ha prima fatto il pieno di voti al sud e ha poi disatteso ogni promessa fatta.
Ed è proprio la volontà di tornare di alcuni di questi banditi che oggi ci rende i bersagli preferiti di chiunque per qualsivoglia forma di attacco, politico e/o personale che sia.
Le compagne e i compagni di Insurgencia
Tag:
centri sociali governo insurgencia napoli rappresentanza spazi sociali