Dalle parole ai fatti: la lettera aperta della squadra dei rifugiati al nuovo governo
Siamo un progetto sportivo largamente attraversato da persone di origine africana che negli ultimi anni hanno raggiunto l’Italia dal Mar Mediterraneo. Le stesse persone che da diverso tempo sono al centro di ogni dibattito politico, che ha visto proprio nelle migrazioni talvolta un capro espiatorio per tutti i mali nel mondo, talvolta una questione sacrificabile rispetto ai valori fondanti della “sinistra” per rincorrere l’elettorato più reazionario. Se per molti le migrazioni rimangono un tema astratto su cui formulare elucubrazioni, in cui raramente il soggetto del discorso viene coinvolto in prima persona a esporre il proprio punto di vista, noi questo dibattito e le conseguenze nefaste che ha portato, lo abbiamo vissuto sulla nostra pelle.
Il governo è cambiato, e non possiamo fingere che tutto ciò sia estraneo al nostro percorso. Il nostro progetto fondato sullo sport come strumento di coesione sociale tra migranti e autoctoni milanesi, è da sempre ostacolato da quel sistema di leggi che impedisce a cittadini stranieri di vivere regolarmente sul territorio italiano. Urli e insulti razzisti sono davvero l’ultimo dei nostri problemi. Proprio in questo periodo stiamo vivendo decine di situazioni di persone che pur avendo svolto un percorso “di integrazione”, trovato un lavoro, imparato perfettamente la lingua e creato con fatica un contesto sociale amichevole in cui inserirsi, si vede negata la possibilità di vivere regolarmente in Italia.
Dalla Turco-Napolitano, passando per la Bossi-Fini, la Minniti-Orlando e i due decreti Salvini, il problema di fondo è un paradigma repressivo delle migrazioni sviluppato tanto dai governi di destra, quanto da quelli di sinistra, che ha avuto come conseguenza una zona d’ombra in cui centinaia di migliaia di persone vengono relegate nella clandestinità. Senza documenti, senza la possibilità di svolgere un lavoro regolare, senza poter usufruire di quei diritti basilari che in molti danno per scontato. Il tutto nel nome della “sicurezza”. Un giorno vorremmo sapere in che modo circa 700.000 irregolari sul territorio italiano possano creare più “sicurezza”, ma non è questo il tema del comunicato.
Come dicevamo all’inizio il governo è cambiato. Salvini, il mostro, non c’è più. Eppure mentre molti festeggiano, questo non è sufficiente a rassicurarci. Si parla molto di discontinuità, e proprio per questo, senza polemiche sterili o accuse preventive, ci sentiamo di dire la nostra, mettendo al centro dei contenuti non negoziabili e delle linee guida su cui a nostro parere dovrebbe fondarsi una qualsiasi reale discontinuità col passato.
– Regolarizzare tutte le persone presenti sul territorio italiano, ampliando le possibilità per ottenere un permesso di soggiorno che non si limiti alla sola protezione internazionale, con una nuova legge sull’immigrazione che metta al centro la coesione sociale e non l’inutile e nocivo pugno repressivo. Se necessario partendo immediatamente da una sanatoria.
– Aprire gli aeroporti, perché nessuno spenderebbe 10 volte il costo di un biglietto aereo per attraversare il Sahara, la Libia e il Mediterraneo. Il problema di fondo più che aprire i porti è rivedere dalla base la politica di ottenimento di un visto per raggiungere l’Europa e garantire a tutti e tutte la possibilità di muoversi e vivere dove e come si vuole, non solo agli occidentali. Nei paesi in cui sono in atto conflitti come la Libia, la Siria o lo Yemen, sviluppare corridoi umanitari al posto che accordi con fazioni o governi non in grado di tutelare i più basilari diritti umani.
– Africa, Sud America o Asia non sono il giardino sul retro dei paesi più sviluppati. Molti di noi provengono da zone martoriate da corporation europee, statunitensi o cinesi, inclusa l’Italia. Quanto sta accadendo in Libia non è altro che un braccio di ferro tra paesi occidentali, in primis Francia e Italia, per ottenere il controllo delle risorse prime come il petrolio. Molti dicono “aiutiamoli a casa loro”, bene, iniziamo a farlo smettendo di giocare a Risiko sul continente africano.
Secondo noi è sbagliato in questo momento sedersi e aspettare quel che succederà, continuando a vivere la politica italiana in maniera passiva. Proprio ora dovremmo alzare di più la voce e assicurarci che la cosiddetta discontinuità sia reale e non solamente di facciata. Per evitare a tutti i costi l’ennesimo “fuoco amico” di chi si proclama argine alle destre ma poi nei fatti porta avanti le stesse identiche politiche liberticide.
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