Nessuno ferma la rabbia operaia. La misura è colma. Firenze esonda in aeroporto

1.560 giorni di presidio, due leggi, tre festival di letteratura, dodici cortei, spettacoli teatrali, libri, documentari: quello che possono fare le persone, mentre lottano per i propri diritti, bisogna elencarlo perché non lo si dimentichi. Le migliaia di ore di assemblea, di dialogo, le centinaia di interventi durante incontri, talk, conferenze, seminari. L’altro lato dell’immobilismo non è solo il logoramento: è anche ricerca, tattica, invenzione, convergenza. GKN l’abbiamo vista dappertutto, è passata per tutte le assemblee di questo paese, per tutti gli snodi di movimenti più importanti degli ultimi anni. Ma per quanta realtà sociale di qualità riescano a costruire le istituzioni continuano a tacere, a nascondersi. La misura è colma e «quegli 800 miliardi per il riarmo ve li veniamo a prendere, euro dopo euro».

Riavvolgiamo un attimo il nastro: a che punto sta la vertenza ex GKN. Nel corso del 2024, i sospetti di speculazione immobiliare che il collettivo annusava da tempo si sono palesati da sé: il 12 marzo 2024, mentre il collettivo si trova al Ministero del Made in Italy (sic) per l’incontro tra le parti in causa e le istituzioni, la dirigenza di Qf (ex GKN) firma dal notaio la vendita dell’immobile di Via Fratelli Cervi a due società neonate, Toscana Industry (TI) e Sviluppo Immobiliare Toscana (SIT), società che rientrano nella gestione amministrativa e finanziaria della dirigenza di Qf, ovvero di ex GKN. Chiaramente, il tavolo ministeriale salta. In pratica, la dirigenza di Qf apre aziende per vendersi la fabbrica, svuotare le casse di una o dell’altra società per aggirare i debiti con i lavoratori finché una delle società immobiliari figlie di Qf non riuscirà a vendere definitivamente lo stabilimento, mettendosi qualche milione in tasca. Una manciata di individui che scoppiano di soldi nel portafoglio fa di tutto per fottere le casse dello stato, i tribunali, e ancora di più lavoratori e lavoratrici. Ma lo stato tace, lascia passare. Probabilmente perché le istituzioni, queste istituzioni, sono permeate della stessa classe capitalista spietata che si permette di lasciare centinaia di operai senza stipendio, senza futuro.

Nel frattempo, l’intelligenza creativa della solidarietà, del mutualismo, dell’umanità reale sviluppa piani alternativi, prova a rifondare l’economia di un territorio. Si potrebbero scrivere lunghi paragrafi sulla creazione di immaginario che la lotta del collettivo è riuscita a portare avanti, con i libri, con i tamburi, con le collane fatte di pezzi di semiassi, con il festival, le canzoni, i cori, i presidi. Il punto di svolta della vertenza, però, è chiaramente legislativo: il 21 dicembre 2024 il consiglio Regionale della Toscana vara una legge voluta, ideata e scritta dalla convergenza del collettivo, leggiamo sul sito insorgiamo.org: La legge regionale permette la creazione di consorzi composti da enti pubblici e privati. I consorzi, così come i Comuni e la Regione, individuata l’area di specifico interesse collettivo da reindustrializzare, propongono di acquisire l’area e immobile anche con provvedimenti espropriativi. La gestione del consorzio viene assegnato alle imprese favorendo a parità di condizione le aziende cooperative costituite da lavoratori e lavoratrici di imprese in crisi o in fallimento. Dunque, la regione e i comuni della zona industriale fiorentina si sono dotati del mezzo legislativo che permetta loro di espropriare l’immobile e per poter attuare il piano di reindustrializzazione messo a punto dalla convergenza sociale. Niente di più semplice: c’è la legge, c’è il piano, c’è la forza lavoro, c’è il progetto industriale a lungo termine. Manca la politica, manca il coraggio delle istituzioni. Dopo 10 mesi il consorzio non è partito, i soldi stanziati sanno di caramella pre-elettorale del campo largo. E il collettivo non può più aspettare.

Ieri, semplicemente, lo strappo. «Governo, regione toscana, istituzioni tutte: intestatevi voi la nostra rabbia sociale, prendetevi le vostre responsabilità» grida dal camion di testa Dario Salvetti. «Dopo 1.560 giorni a noi rimane solo un diritto, la rabbia». Il corteo, partito dal campus universitario di Novoli (stringendo ancora la convergenza tra lotte studentesche, precariato della ricerca universitaria e lotta industriale dal basso) ha sfilato per i viali di fronte alla regione con un’energia palpabile: si salta con gli striscioni in mano sul ritmo dei tamburi, si torna a casa senza voce. Verso la fine del corteo lo spezzone operaio e solidale aggira le forze dell’ordine, devia del percorso concordato e si muove verso l’aeroporto di Firenze scandendo «Nessuno ferma la rabbia operaia», e infatti non è servita a nulla la risposta violenta della celere. Il muro di plastica trasparente delle istituzioni viene attraversato dalla rabbia sociale, dall’avanguardia della coscienza di classe e della progettualità politica del nostro paese. Una lezione di civiltà, l’ennesima, da parte del collettivo: siamo forti quando non chiediamo il permesso, siamo forti quando – saldi nelle nostre scelte umane, politiche, sociali – scegliamo di prenderci quello che ci spetta, forzando i blocchi, scontrandoci contro le istituzioni. Ieri non poteva andare diversamente, non si può continuare a chiedere a degli esseri umani di rimandare la propria salvezza, di rimandare le sentenze del tribunale che dicono che la dirigenza di Qf è in debito di circa 15 milioni di euro con i suoi lavoratori. Non esiste, è inaccettabile, inumano, antidemocratico.

Quella del collettivo è sempre stata una delle lotte più intelligenti, rispettose, umane del panorama italiano: pur nella miseria, il collettivo ha mantenuto alta la testa con le istituzioni, perché sa che è con la politica che si ricrea il tessuto produttivo di un paese. Ma la misura è colma, Firenze esonda, il nostro paese rasenta le profondità della povertà, gli stipendi non pagano le case e la spesa insieme; la misura è colma e i vasi si spezzano, i limiti si infrangono per essere spostati ancora più avanti. La sindaca Funaro si lamenta per la violenza della manifestazione: la sindaca Funaro, che non si è vista al fianco del collettivo, dovrebbe provare a fare quattro anni di balletto con i padroni e con lo stato; quattro anni tra disoccupazione, cassa integrazione e mancanza di stipendi; quattro anni ad avere le soluzioni in mano e a farsi prendere per il culo dalle istituzioni e dallo stato. La sindaca Funaro, il presidente della regione Giani, il governo, dovrebbero venire a sentire la forza del corteo, della solidarietà, per starsene un poco in silenzio e offrire il proprio supporto, il proprio lavoro. La vera violenza è affamare, aggirare, fare preferenze, favorire la speculazione, ignorare i tribunali, ignorare la legge, creare povertà, accumulare capitale privato, questa è la vera violenza, questa è la guerra interna che fa bloccare gli aeroporti, le autostrade, le stazioni, le tangenziali; questa è la guerra interna che ci ha fatto accumulare rabbia e frustrazione, la guerra che non vogliamo più, la guerra che vogliamo vincere.

Si apre, allora, una nuova fase della vertenza ex GKN, la fase dove la fabbrica ce la facciamo da sole, prescindendo dal livello istituzionale. Ancora una volta, saremo noi, società civile solidale, a provare a creare le gambe di questa fabbrica perché cammini. Il 19, al presidio nello stabilimento a Campi Bisenzio, si incontrano le CERS, Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali d’Italia, per avviare un percorso di confronto e convergenza per una transizione ecologica reale e dal basso. Durante le giornate dell’anniversario della lotta, l’11 e 12 luglio 2025, il collettivo aveva detto che, se le istituzioni non avessero messo i soldi per l’attivazione del consorzio e l’esproprio della fabbrica, allora si sarebbe andati avanti come se la fabbrica fosse già aperta. Così sarà. È la mia fabbrica, e la difenderò.

A difenderla non ci sono solo i suoi operai: a difenderla c’è una convergenza sociale amplissima. La legittimità con cui GKN forza il blocco della celere è legittimità di un movimento trasversale, che negli anni è stato parcellizzato ma che la lotta contro il genocidio in Palestina ha saputo catalizzare e rafforzare. Se GKN blocca l’aeroporto di Firenze è perché, nelle scorse settimane, le forze sociali dal basso di questo paese hanno imposto la loro presenza nel panorama pubblico e nella politica nazionale. Le lotte convergono perché l’autoritarismo securitario, l’identitarismo neofascista, l’imperialismo capitalista e il suprematismo occidentale hanno lo stesso volto. Sindacati di base, collettivi studenteschi e universitari, assemblee precarie, movimenti per la casa e l’abitare, rete A Pieno Regime – No DL sicurezza, collettive transfemministe, sinistra radicale, collettivo Wish, la convergenza su GKN è l’intersezionalità reale.

Pannelli fotovoltaici, cargo-bike per la mobilità sostenibile, mutuo soccorso: Gff (iniziamo a chiamarla col suo nome, col nome della cooperativa operaia, GKN for future) siamo anche noi e dobbiamo sostenerla. Riempiamo le nostre case di pannelli fotovoltaici, avviamo i preordini, usiamo le cargo-bike, realizziamo il futuro, realizziamo il piano industriale. Correre verso il futuro, forzare i blocchi di plastica di una democrazia zoppa, risanare il mondo, salvarci tutti.  stica di una democrazia zoppa, risanare il mondo, salvarci tutti.  

di Matteo Cristiano

* foto di Luca Mangiacotti

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