Primo Maggio, un altro processo

Non per il Primo Maggio 2015, ma quello del 2017.

“Un attimo! Ma quali denunce!? Quel giorno non è successo niente!!”.

Così potrebbe iniziare il racconto dell’ennesima paradossale (per non dire fantascientifica) vicenda riguardante l’accanimento giudiziario di Procura e Questura di Milano contro i movimento sociali milanesi e in particolar modo contro gli attivisti che si occupano del diritto all’abitare.

Poche settimane fa parlavamo degli arresti contro i militanti del Comitato Abitanti Giambellino Lorenteggio con le surreali accuse di “associazione a delinquere”. Oggi parliamo di un’altra vicenda poco edificante che ha come protagonisti (involontari) quattro attivisti del Comitato Autonomo Abitanti Barona (anch’esso bersagliato da moltissime denunce, la maggior parte delle quali per episodi assolutamente risibili) denunciati per i “fatti” del Primo Maggio 2017.

“Quali fatti!?” domanderete voi stupiti.

Imbrattamento e travisamento.

Questi gli altisonanti capi d’accusa per un corteo passato agli annali per il feroce maltempo e freddo gelido che lo bersagliò più che per la conflittualità di piazza…

L’1 febbraio si aprirà il processo contro i ragazzi del CAAB.

Riportiamo il loro comunicato ed esprimiamo solidarietà.

Solidarietà ai 4 denunciati per il Primo Maggio 2017

Il 1° Febbraio 2019, alle ore 10.00 si terrà in tribunale la seconda udienza del processo che vede quattro compagni del CAAB (Comitato Autonomo Abitanti Barona) denunciati per la loro partecipazione al corteo della MayDay del Primo Maggio 2017.

Le accuse rivolte ai quattro compagni sono di imbrattamento e per due in particolare anche quella di travisamento. Accuse fantomatiche e basate sulla testimonianza di cinque agenti della Digos, ma senza nessun reale riscontro o straccio di prova presentato dall’accusa. Tanto più che uno degli imputati non era neanche presente al corteo. Consapevoli e consci della natura politica di questo procedimento, vogliamo provare a raccontare il nostro punto di vista in aula di tribunale, per questo abbiamo scelto la strada del dibattimento.

La May Day del primo maggio 2017 è stato un momento di lotta costruito insieme a diverse collettività. Il nostro collettivo in particolare la ha costruita insieme al coordinamento territoriale “Milano Sud”. Nel corteo abbiamo voluto evidenziare con diverse azioni simboliche e speakerate dal camion la situazione di degrado in cui versano i nostri quartieri (Chiesa Rossa, Stadera, Barona e Gratosoglio), e in generale i quartieri periferici e popolari di Milano. Un degrado che si fa evidente attraversando il quartiere: sfratti, sgomberi, amianto nelle case, povertà, disoccupazione, abbandono, isolamento, speculazione edilizia e cementificazione. Nessuno luogo di reale socialità se non quelle piazze in cui siamo costretti a vivere.

Abbiamo voluto sottolineare questi problemi nel giorno del Primo Maggio, puntualizzando come anche il fenomeno del lavoro si sia trasformato negli ultimi anni, diventando sempre più precario, sottopagato e sempre con meno diritti sindacali, da cui a loro volta derivano impoverimento, sfratti, traslochi forzati, il tutto accompagnato dal fenomeno della svendita delle case popolari.

Riteniamo che, ancora una volta, da parte della questura viene messo sotto accusa il puro fatto di aver costruito ed aver partecipato ad un corteo con tematiche politiche e purtroppo ancora attualissime. Lo diciamo con la consapevolezza che questo è un provvedimento politico che vuole essere fatto passare per semplice delinquenza, come sta accadendo al nostro collettivo in svariati altri processi, così come a tante altre organizzazioni politiche (lo stesso giorno, in un’altra aula, verrà aperta l’udienza relativa ai 9 “Robin Hood” del Giambellino)

Non vogliamo abbassare la testa passivamente di fronte a questa ondata di repressione. Chiediamo a tutti i solidali di essere presenti insieme a noi in aula.

Non vogliamo abbassare la testa passivamente di fronte a questa ondata di repressione. Chiediamo a tutti i solidali di essere presenti insieme a noi in aula.

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