[DallaRete] A Roma c’è chi vuole cancellare 25 anni di autogestione

6725de74-aa50-4b64-b77b-460dbb7acd60L’altra faccia di Mafia Capitale — A Roma gli attivisti di Esc hanno occupato il II Municipio. Oggi assemblea a San Lorenzo: parteciperà tutta la politica cittadina. Con il commissario Tronca fioccano avvisi di sgomberi e si allarga il deserto nella città. C’è il rischio di cancellare 25 anni di storia di autogestione.

Hanno occupato il secondo municipio di Roma Capitale, una delle poche istituzioni residue, regolarmente elette in una città dove la politica è sospesa e la vità e commissariata. Gli attivisti di Esc hanno chiesto ieri (il 25) al minisindaco “una presa di posizione pubblica, netta e inquivocabile” contro la lettera di sgombero inviata dall’amministrazione del Commissario Tronca. Oggi (ieri) ribadiranno la loro opposizione in un’assemblea presso l’atelier autogestito nel quartiere di San Lorenzo in via dei Volsci (dalle 17,30) dov’è prevista una nutrita partecipazione della politica della Capitale, oltre che dei centri sociali che hanno ricevuto analoghe comunicazioni di sgombero (Auro e Marco, Casale Falchetti, Corto Circuito).

L’offensiva amministrativa è a tutto campo e segue lo stesso spartito: ci sono delle pendenze legate alle utenze o al mancato pagamento di canoni sociali di affitto, determinati dalla delibera 26 che nel 1995 regolarizzò i centri sociali a Roma. In molti casi tali pendenze sono state determinate dalla stessa amministrazione che ha ritardato l’esecuzione dei passaggi previsti dalla delibera. In questa cornice è iniziata un’altra procedura, determinata da un’altra delibera (la 140) voluta dall’ex sindaco Marino e dal suo ex vice Nieri all’indomani di “Mafia Capitale”. Un provvedimento che è tornato sui passi della precedente delibera e rimesso a bando una parte del patrimonio pubblico, compreso quello affidato ad associazione e movimenti. E lo farà a prezzi di mercato.

Un’altra idea di città

Così si spiega l’incredibile cifra di sei milioni chiesta al centro sociale Auro e Marco. Il Commissario Tronca non sta facendo altro che applica questa delibera voluta o imposta al centro-sinistra. Da queste operazioni, si è letto nel documento di programmazione triennale di Roma Capitale approvato il 24 dicembre scorso, Tronca prevede di ottenere 15 milioni di euro all’anno per i prossimi tre anni. E’ forte l’illusione del Campidoglio che ci possano essere capitali e investitori capaci di acquisire a prezzi di mercato questo patrimonio.

“Partiamo dalla difesa nostra e di tutti gli spazi sociali sotto attacco — sostengono gli attivisti di Esc — per costruire e praticare un’altra idea di città”.

La delibera 140 è il risultato di un collasso della teoria dei “beni comuni”

Il centro sinistra romano — esito postumo dell’alleanza “Italia Bene Comune – ha messo a bando il patrimonio comunale definito come “bene comune”. Il bando è stato giudicato come lo strumento neutrale per aggiudicare all’attore più meritevole e competitivo sul mercato la gestione privata di questo bene. Lo stesso meccanismo avrebbe dovuto essere adottato per tutti gli appalti, e in particolare per quelli del terzo settore: centri interculturali, accoglienza, gestione dei profughi e richiedenti asilo.

Il meccanismo della gara rischia di premiare gli attori economicamente più forti del terzo settore (Welfare, intercultura, accoglienza, associazionismo), ma non necessariamente competenti e specializzati. L’importante che abbiano una rendita da investire nell’immobiliare. Su queste basi si aprono le porte ai capitali provenienti dal riciclaggio, pronti a essere investiti nei bar o nei ristoranti che continuano ad aprire sull’onda della liberalizzazione delle licenze voluta a suo tempo da Bersani.

Mafia Capitale choc

Dopo lo choc di «Mafia Capitale», Marino subì un condizionamento al punto da bloccare tutto. Cooperative e associazioni sono state costrette a interrompere le attività. Tra le vittime di questa finanziarizzazione del sociale ci sono anche i lavoratori che non ricevono gli stipendi per il lavoro svolto. E ora tutti gli spazi sociali che producono progetti non omologabili al meccanismo del consumo della città, delle relazioni, cioè il modello dominante della città usa-e-getta.

A Roma si è formata, nei fatti, un’alleanza tra la gestione burocratica e statalistica del patrimonio e il capitalismo predatorio e prodotto dal riciclaggio o proveniente dai grandi fondi immobiliari internazionali. Una spinta decisiva per consolidare un legame visibile a occhio nudo nei quartieri della movida, come nei quartieri a più alta concentrazione di immobili di lusso è arrivato dal commissariamento per il debito. Quando era ancora in carica, il sindaco Ignazio Marino accettò per forza di cose un piano di rientro da parte del governo Renzi: oltre 400 milioni da recuperare in ogni modo sulla carne viva della città. Il commissariamento di Tronca esegue questo piano. La gestione del patrimonio è sottratta alla decisione democratica e inserita in un modello economico e sociale ispirato alla speculazione e alla desertificazione dei rapporti sociali.

Teatro Valle: la dannazione della memoria

Se sgomberati, e svuotati della storia dei rapporti prodotti, questi spazi sociali faranno la fine del Valle occupato. Il teatro più antico di Roma, occupato per tre anni, rappresenta la pagina più vergognosa del recente centro-sinistra romano. Costretta all’auto-sgombero, la comunità occupante ricevette da quella compagine — e dal teatro di Roma guidato da Marino Sinibaldi e da Antonio Calbi — una generica rassicurazione su un presunto restauro della struttura e in seguito di una non meglio precisata gestione.

Tutto falso. Il teatro è chiuso da un anno e mezzo e resterà chiuso per i prossimi cinque o dieci anni. E’ la dannazione della memoria: nulla deve crescere nella città dei palazzinari. Vigliaccheria, subalternità, impotenza e omaggio ai potenti. Non bisogna infatti dimenticare la prima cosa detta da Renzi a Palazzo Chigi, poco dopo avere defenestrato il suo compagno di partito Letta: Il Valle doveva essere sgomberato. Marino eseguì, il centro-sinistra sbatté i tacchi. Questo è il destino che aspetta il resto della città.

C’è il rischio di cancellare 25 anni di storia di autogestione e di movimenti sociali, una delle anomalie che hanno cercato di contrastare l’emersione di processi che hanno devastato una città perduta.

* Pubblicato su Il Manifesto

http://www.dinamopress.it/news/a-roma-ce-chi-vuole-cancellare-25-anni-di-autogestione

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