[DallaRete] Contro l’ideologia del decoro

alfano-povero-accattonaggio-1In un paese nor­male, abi­tato da gente nor­male, dove anche i media di con­se­guenza sono nor­mali, le noti­zie che appa­iono a tutta pagina da ieri riguardo le misure che sta pen­sando il Vimi­nale, quindi il mini­stro Alfano, su Decoro/Degrado fareb­bero accap­po­nare la pelle.

Leggo testuale dal gior­nale di ieri “Sicu­rezza, più mili­tari e accat­to­nag­gio vie­tato vicino ai monu­menti”. E aggiungo “Più poteri ai sin­daci di difen­dere i cen­tro sto­rici ed i monu­menti delle nostre città. Al sin­daco dovreb­bero essere con­cessi dei poteri di ordi­nanza rela­tivi all’ordine pub­blico, modello movida, per ren­dere alcune zone del cen­tro off limits anche all’attività di accat­to­nag­gio e carità mole­sta”. Oggi invece prende forma una idea che a giu­di­care folle, se non bestiale, è dir poco. Sem­pre dal Mes­sag­gero ma di oggi “Stretta sul decoro: ipo­tesi Daspo per pro­sti­tute e men­di­canti”. E nell’articolo viene spie­gato meglio “Affi­dare mag­giori poteri di poli­zia a que­stori e pre­fetti anche in mate­ria di decoro e degrado urbano. Ovvero dar loro la pos­si­bi­lità di inter­ve­nire su temi che vanno dalla pro­sti­tu­zione al cosid­detto accat­to­nag­gio, pas­sando per i locali not­turni troppo rumo­rosi, con prov­ve­di­menti inter­dit­tivi. Per fare l’esempio più noto alle cro­na­che, l’ipotesi su cui sta lavo­rando il mini­stero dell’Interno, darebbe a que­stori e pre­fetti la pos­si­bi­lità di appli­care anche in que­ste mate­rie ordi­nanze ana­lo­ghe al Daspo, il prov­ve­di­mento col quale attual­mente pos­sono impe­dire l’ingresso allo sta­dio ad alcuni tifosi, a pre­scin­dere da even­tuali respon­sa­bi­lità penali.”

Quindi, i cer­vel­loni del Vimi­nale, hanno pen­sato di met­tere un freno alla pro­sti­tu­zione (che ad esem­pio nel cen­tro cit­ta­dino è pra­ti­ca­mente ine­si­stente, almeno quella di strada) e all’accattonaggio (per­ché la povertà è un reato ed esi­birla è di cat­tivo gusto) attuando un Daspo. Gli “accat­toni” daspati non potranno entrare nel cen­tro di Roma e dovranno con­ti­nuare ad arran­giarsi magari but­tan­dosi su qual­che via con­so­lare fuori dai muni­cipi del cen­tro. Oppure le pro­sti­tute oltre a dover fron­teg­giare gli aguz­zini che le schia­viz­zano, la vio­lenza dei clienti, dovranno star attente a non essere daspate. Dimen­ti­cavo: già esi­stono prov­ve­di­menti simili, visto che è pos­si­bile dare il foglio di via “agli indesiderati”.

Ma che signi­fica “decoro”? Un nor­male dizio­na­rio spiega che il decoro è un “com­plesso di valori e atteg­gia­menti rite­nuti con­fa­centi a una vita digni­tosa, riser­vata, cor­retta”. Quindi ha poco a che vedere con la povertà. Offrire una vita digni­tosa dovrebbe essere un obiet­tivo di qual­siasi governo, con­tra­stare la povertà idem. Il pro­blema è che non si com­batte la povertà bensì chi è povero. La parola decoro viene unita alla parola degrado e il tutto asso­ciato all’insicurezza. I “blog­gers anti­de­grado” accoz­za­glia discu­ti­bile di per­so­naggi che lan­ciano le loro cro­ciate on line verso poveri, migranti e rom tanto quanto con­tro i dis­ser­vizi della città diven­tano punto di rife­ri­mento per gli stessi ammi­ni­sta­tori cit­ta­dini. Quindi se la città è sporca è colpa di chi rovi­sta nei cas­so­netti. Se i mezzi pub­blici sono fati­scenti è colpa di chi non paga il biglietto. Se il patri­mo­nio pubblico/artistico di que­sta città è tenuto male è colpa degli hoo­li­gans venuti da fuori o di chi men­dica, crendo un cir­colo vizioso che con­trap­pone gli indi­genti ai cit­ta­dini, come se entrambi non fos­sero parte dello stesso tes­suto sociale. Con i suoi pro e i suoi con­tro. Nel frat­tempo nes­suno denun­cia il fatto che gli stessi gover­narnti, attra­verso i tagli alla cul­tura e ai ser­vizi, sono i primi a creare lo stesso “degrado” che cer­cano di scon­fig­gere a colpi di ordinanze.

L’esempio romano è asso­lu­ta­mente para­dig­ma­tico: dopo i 5 anni di Ale­manno e le varie ordi­nanze anti-alcol nel cen­tro cit­ta­dino, la nuova giunta aveva pro­messo che non avrebbe con­tra­stato “la movida” a colpi di ordi­nanze varie. Pro­messe man­te­nute per una estate per poi ade­guarsi nean­che un anno dopo alle pre­ce­denti ammi­ni­stra­zioni gra­zie anche a una cam­pa­gna media­tica avvol­gente, che vede schie­rati tutti i media a difesa non del “pub­blico” ma del “pri­vato”. A difesa, dicono, del “cit­ta­dino” men­tre tra­sfor­mano interi quar­tieti in “diver­ti­men­ti­fici”, alla fac­cia del cit­ta­dino stesso.

Ed è sin­go­lare che nella città dello scan­dalo Atac, Ama, Mafia Capi­tale, Eur Roma Spa, Acea, etc etc si con­ti­nui a tro­vare nel “degrado/decoro” il pro­blema da risol­vere, da affron­tare. Il pro­gres­sivo impo­ve­ri­mento, la crisi eco­no­mica, ha di sicuro cre­sciuto le sac­che di povertà in città. Le barac­che, parte del tes­suto urbano dal dopo­guerra fino alla seconda metà degli anni 70, diven­tano inac­cet­ta­bili e peri­co­lose. Ci ripor­tano indie­tro nel tempo è ci mostrano l’altra fac­cia della metro­poli, quella in cui potremmo finire un giorno. Con­ti­nuare a tro­vare il nemico in alcune sac­che di cit­ta­dini, eco­no­mi­ca­mente svan­tag­giate, è la dimo­stra­zione dell’uso poli­tico che si fa del con­cetto di “decoro” è il modo con cui i governi rie­scono a far pas­sare ogni misura secu­ri­ta­ria. Del resto le ordi­nanze cit­ta­dine, di vari sin­daci, in maniera di decoro, sono qual­cosa con cui abbiamo a che fare da anni e spesso ci siamo tro­vati di fronte a misure tal­mente ridi­cole che ci sarebbe da ridere se non fosse tutto così male­det­ta­mente serio.

Una cosa è certa che “l’ideologia del decoro” è qual­cosa che coin­volge ammi­ni­stra­zioni di destra e di sini­stra, per una tra­sver­sa­lità peri­co­losa. Una ideo­lo­gia per­versa, mora­li­sta, che non crea cit­ta­di­nanza, non crea soli­da­rietà ma pic­coli sce­riffi armati di smart­phone pronti a foto­gra­fare il men­di­cante di turno o chi rovi­sta nei cas­so­netti. I nuovi nemici da com­bat­tere sono quelli che rac­col­gono le bri­ciole di quel che con­su­miamo. Quelli che non vestono come noi o che non hanno la stessa “acces­si­bi­lità ai con­sumi”. Un egoi­smo sociale, mora­li­sta appunto, che fa del cit­ta­dino edu­cato che non butta le carte in terra, un buon cit­ta­dino. Che crea dise­gua­glianze invece di costruire un tes­suto sociale. Che fa leva sulle paure di chi ci sta intorno invece di libe­rarci dalle paure. Che trova il degrado nella pro­sti­tuta e non nello sfrut­ta­tore, nelle reti della tratta, o anche sem­pli­ce­mente nel cliente della pro­sti­tuta, il pro­blema. Impor­tante è che non par­cheggi in dop­pia fila e che paghi pun­tual­mente il biglietto.

http://ilmanifesto.info/storia/contro-lideologia-del-decoro/

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