[DallaRete] Dentro e oltre l’Ottobre bolognese
Te lo si conta noi com’è che andò. Noi che c’eravamo, mica come alcuni scribacchini dell’ultima ora che l’hanno orecchiato da qualcheduno o l’hanno appreso sotto dettatura di qualche gendarme.
Te lo si conta noi che da anni stiamo nelle piazze e nelle strade mica solo di questa laida Bologna, ma del Paese e dell’Europa intera. La stessa Europa che pare solo lo spazio della finanza e dello spread oppure che qualche bestia verde-vestita vorrebbe militarizzata ai confini, noi la attraversiamo per farne un orizzonte di diritti e di possibilità politica. Così abbiamo iniziato sabato scorso: prendi e vai, prendi e cammina da XX settembre fino alla stazione centrale con la musica dal camion, lo striscione, gli interventi, gli ombrelli colorati. Ora di arrivare in piazza Medaglie d’oro l’han ben capito tutti cosa si va a fare: contro il Mos Maiorum, noi stiamo lì a spiegare la campagna europea “Ius Migrandi”.
Lo spieghiamo bene da diversi giorni, ma lo vogliamo ripetere ché a noi non piace mica l’idea di far schedare i migranti, di farli classificare. E mentre noi diciamo che il mondo lo vogliamo senza frontiere, che non ci è chiaro perché le merci si spostino, le informazioni pure (per non parlare delle fabbriche), ma le persone devon stare dentro i cie, lo stesso mostro verde è a Milano, accanto a delle orrende tartarughe dal guscio ottagonale, a ripetere che bisogna sospendere i salvataggi in mare.
Quasi che, in fondo, il Mediterraneo possa continuare a fare da fossa comune. E nessun pensiero a chi scappa da guerre e torture, a chi arriva e vuole partire (la maggior parte), a chi arriva e vuole restare. Si trovano a Milano a dare gli ingredienti della ricetta per uscire dalla crisi: toh guarda!, ma sti ingredienti son tutti presi a destra eppure a chi sta a sinistra non interessa che le sue materie prime son tutte scadute.La folla, si sa, è animale strano, ascolta solo la propria pancia: infatti a Milano si dice che se noi non abbiamo casa né welfare, non si sa perché le debba avere qualcun altro con la pelle diversa. E buona pace all’accoglienza.
Te lo si conta noi. Noi che il 18 Ottobre non può essere letto solo con la lente dell’antifascismo, ma dobbiamo cambiare occhiali, altrimenti non siamo buoni a capirne il portato e a scommetterci su, come invece vogliamo fare.
Certo che c’eravamo per contestare Fiore e Forzanuova. Dopo le sentinelle in piedi, alle quali abbiamo fatto vedere quante posizioni e combinazioni esistono, potevamo mica festeggiare la concessione di un comizio a questi qua?
C’era anche Visco: il governatore è stato chiamato a dialogare sul perché i tempi stanno cambiando. I tempi cambiano, mica vogliamo negarlo, ma bisogna vedere in quale direzione. Mentre aumentano disoccupazione, sfruttamento e inflazione, proprio a Visco volevamo narrare i nostri perché.
Però gli scribacchini, i gendarmi, i governanti e gli amministratori dell’urbe son cascati dagli scranni e hanno urlato alla violenza e al saccheggio. Noi che c’eravamo, noi che abbiamo camminato tutto il pomeriggio per il centro pedonalizzato, noi che non abbiam sentito nemmeno un clacson suonare, ci vien da chiedere chissà quale pellicola hanno visto sti altri. A Bologna, sabato 18 ottobre, i negozi erano aperti e senza danni, nemmeno una vetrina graffiata. E mica è stato un caso, censori cari: siamo militanti politici e non vandali, siamo arrabbiati ma non accecati, siamo radicali ma non distruttori.
E se proprio uno vuol scrivere storie, invece di scrivere fantasticherie, dovrebbe essere onesto e raccontare la generosità e la disponibilità a restare insieme con noi di chi ha visto le chiazze di sangue dopo che le abbiam bussate a mani nude in via Castiglione, che forse qualcuno s’è pure aggiunto proprio per gridare Vergogna! a quei picchiatori coperti dai caschi blu. Con tutte quelle persone abbiamo camminato ancora, abbiamo camminato di nuovo, fino ad arrivare in piazza Cavour. Con tutte quelle persone, pubblicamente, abbiamo preso degli scudi che prima abbiamo annunciato: ciò che facciamo non lo nascondiamo, è deciso da tutti, è agito collettivamente.
Le teste che abbiamo son piene di idee, i corpi in cordone sono la nostra ricchezza, per questo li difendiamo. Gli scudi non sono una sorpresa e la città li conosce bene, tanto che a volte ci interroghiamo fra noi sul loro tempo e sul loro immaginario sedimentato. Eppure ancora ci aiutano, ci aiutano perché – come i caschi – salvano la faccia da cicatrici e sfregi. Le difese usate sabato hanno evitato l’incidente, chi urla il contrario non solo non ha visto le busse in via Castiglione, ma censura e dimentica la storia del reparto mobile bolognese. Noi quella storia non possiamo scordarla.
Noi te la contiamo così, anche perché a detta di qualche sognatore romantico siamo nuovi, invece diciamo che siamo gli stessi di sempre. Se abbiamo un centro sociale convenzionato con il Comune, mica un giorno abbiamo deciso di fare un salto nella legalità e lavarci dentro le coscienze, annebbiarci la mente, annegarci la militanza, affogarci il conflitto. Chi l’ha pensato, dev’essersi proprio instupidito. La ricchezza che dà il nostro spazio sociale, la vive il quartiere e la sente Bologna. Qualcheduno dice che la palestra, i corsi d’italiano, gli sportelli legali, la cultura e la radio sono di moda, son commerciali, ma non ci pare che in città si investano davvero soldi in questi servizi.
Giornali, governanti, potenti e gendarmi si sono schierati, tutti uniti voglion farci la guerra. Ma noi ascoltiamo la radio, sentiamo gli umori della gente per strada. Voi li sentite? Corrono veloci i commenti: “chi ci governa s’è ammatito, sono uniti contro chi era in piazza, firmano insieme controBologna che non vuole fascismi; firmano insieme perché vogliono chiudere spazi di libertà.”
Abbiamo sentito l’invito alle “forze democratiche” per una manifestazione contro la violenza. Dapprima ne siamo stati felici perché ci sembra facile il tema, lo trattiamo da anni. Violenza cos’è? Lo sappiamo bene sulla pelle nostra quanti costumi può indossare: non aver lavoro e non poter studiare, poi c’è l’affitto da pagare e il padrone che ti ruba le ore; magari volevi abortire ma un obiettore ti vuol far pregare un dio che non c’è. Subito pensiamo di aderire a una protesta così pensata, ma alla fine restiamo delusi: si scopre che la violenza è solo quella che ci vogliono addebitare, perché sabato abbiamo alzato la testa e fatto rumore.
Mentre qualcuno si ferma a pensare a questa violenza, noi vogliamo continuare a camminare insieme a chi c’era in questo ottobre bolognese. Camminiamo domandando, verso questioni più serie: da Kobane all’Europa per ripensare il presente. Le nostre ambizioni non le potete fermare.
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