[DallaRete] EXPO: lavoratori, non volontari

1379884_397170307076195_798252607_n-300x225Di seguito pubblichiamo la mozione del Consiglio di Zona 8 “EXPO: lavoratori, non volontari”

Da alcune settimane sono comparsi sui muri della nostra città e sulla stampa accattivanti messaggi che pubblicizzano il cosiddetto “Programma Volontari” promosso da EXPO Milano 2015 Spa, programma che coinvolgerà 18,500 persone, ovvero il 96% del personale previsto per l’organizzazione dell’evento.

Si tratta di inviti – rivolti a tutti i cittadini, ma in particolar modo ai giovani  – affinché collaborino “volontariamente” con EXPO Milano 2015 Spa “ […] nell’accoglienza e supporto per i visitatori e i partecipanti […]”.

A tal fine, EXPO Milano 2015 Spa si incarica di fornire a ciascun “volontario” una formazione on line “finalizzata a trasmettere competenze e conoscenze necessarie a gestire le attività di accoglienza e supporto assegnate”; ogni “volontario” deve invece garantire la sua collaborazione per “14/15 giorni per 5 ore e 30 minuti ogni giorno”.

Durante il “volontariato”, EXPO Milano 2015 Spa fornisce “il Volounteer Kit (cappellino, divisa, ecc.); trasporto pubblico; pasto giornaliero; la copertura assicurativa” e, al termine, “un Tablet”.

Con tutta evidenza, ciò che si chiede di svolgere ai “volontari” è, nei fatti, una attività lavorativa subordinata, part time e a termine, al di fuori di qualsivoglia disciplina contrattuale e legale.

Il volontariato, secondo la definizione dell’Enciclopedia Treccani, è invece “prestazione volontaria e gratuita della propria opera a favore di categorie e persone che hanno gravi necessità e assoluto e urgente bisogno di aiuto e di assistenza, esplicata per far fronte a emergenze occasionali oppure come servizio continuo”.

Tutto ciò premesso, si chiede che

il Comune di Milano, nella sua qualità di socio di EXPO Milano 2015 Spa, insista e si adoperi affinché tutti coloro che presteranno attività lavorativa in favore della predetta Società vengano correttamente identificati come “lavoratori” ed ognuno di loro riceva, così come previsto dall’art. 36 della Costituzione della Repubblica, la “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro”.

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