[DallaRete] Israele – La nutrizione forzata dei prigionieri palestinesi è ora legge
“Preverrà il danno causato dallo sciopero della fame”, sostiene il governo israeliano. La lista araba unita insorge: “E’ brutale e pericolosa”. Contraria anche l’Associazione medica israeliana che parla di “tortura”. Intanto, situazione tesissima nei carceri israeliani di Nafha e Ramon dopo il raid dell’unità israeliana Metzada.
Roma, 30 luglio 2015, Nena News – Da oggi alimentare forzatamente un prigioniero palestinese sarà legale. E’ quanto ha deciso stamane il parlamento israeliano (la Knesset) che ha formalmente legalizzato il controverso trattamento medico di nutrizione forzata destinato ai palestinesi in sciopero della fame. La legge, che sostiene il governo di destra “preverrà il danno causato dallo sciopero della fame”, è passata con 46 voti a favore e 40 contrari dopo un intenso dibattito iniziato ieri notte. Già nella scorsa legislatura, il governo Netanyahu aveva avanzato questa proposta, ma non era riuscito a farla votare in seconda e terza lettura dal plenum della Knesset. La legge è stata rintrodotta lo scorso mese dal ministro della pubblica sicurezza Gilad Erdan.
“Promuoverò la bozza e non permetterò che i [prigionieri] rechino danno alla sicurezza dello Stato o che [Israele] soccomba di fronte alle loro minacce”, aveva detto un sicuro Erdan al Canale 2 della televisione israeliana. “Questa è anche una questione umana. Esattamente come mi aspetto che una guardia carceraria intervenga nel caso in cui dovesse vedere un prigioniero farsi del male, così noi dobbiamo prevenire il rischio di morti causate dallo sciopero della fame”.
Soddisfazione per il voto di stamane è stata espressa dai membri del governo. “Questa legge propone una equilibro tra gli interessi dello stato in difesa della vita del prigioniero e i diritti e la sovranità di quest’ultimo”, ha detto David Amsallem del Likud, il partito del premier Netanyhu. Di tutt’altro avviso è la Lista Araba Unita dove sono raccolti i partiti arabi d’Israele (Ta’al e Balad) e il partito di sinistra Hadash. La legge è “brutale e pericolosa” ha affermato il parlamentare Dov Khenin. “[Il governo] non vuole proteggere la vita dei prigionieri. Nello Stato d’Israele nessun prigioniero è morto per sciopero della fame. Questa è una legge killer che permette pratiche che sono vietate secondo le norme internazionali”.
Durissimo è stato anche il commento del parlamentare palestinese Ahmad Tibi che ha invitato i dottori a rifiutarsi di applicare la legge. Secondo il provvedimento, infatti, sarà il dottore ad autorizzare la nutrizione forzata prima della sua applicazione.
“Lo sciopero della fame è uno strumento non violento che una persona utilizza per ottenere un fine legale e politico”, ha detto Tibi durante l’accesa discussione parlamentare. “Il sistema – ha aggiunto – vuole anestetizzare i prigionieri nutrendoli. Questo è un abuso della debolezza che ha un uomo in stato di detenzione”. L’intervento di Tibi alla Knesset è stato interrotto da Oren Hazan (Likud) che gli ha rivolto contro parole al vetriolo: “Tibi sta usando la sua posizione come membro della Knesset per sostenere e incoraggiare il terrorismo contro lo Stato”. Gli animi alla Knesset si sono riscaldati e, dopo tre richiami da parte del Presidente del parlamento, un inferocito Hazan è stato allontanato dalla sala.
Secondo la legge, in caso di sciopero della fame un rappresentate del servizio penitenziario, con l’approvazione del procuratore generale, può chiedere il permesso alla corte distrettuale di dare assistenza medica ad un prigioniero. Per farlo, però, deve prima dimostrare con un parere medico che la salute del prigioniero è a rischio per via dello sciopero della fame che sta conducendo. Se la corte distrettuale concede il permesso, allora la prigione potrà dare il via al “trattamento medico minimo necessario per mantenere in vita il detenuto e prevenire una danno irreversibile alla sua salute. [Ciò avverrà] anche se dovesse rifiutarsi”. La legge precisa che, prima che il palestinese venga sottoposto ad alimentazione forzata, “verrà fatto ogni sforzo possibile” affinché lo Stato d’Israele ottenga dal prigioniero il permesso per poter precedere. Una precisazione, quest’ultima, inutile se si considera che è stato proprio l’incarcerato a voler portare avanti lo sciopero della fame per ragioni politiche. La nutrizione forzata avverrà alla presenza di un dottore e verrà eseguita, sottolinea la legge, “in modo da assicurare nel miglior modo possibile la dignità del prigioniero”.
Una dignità che, però, associazioni per i diritti umani, non vedono affatto. Adalah, il centro legale per i diritti della minoranza araba in Israele, ha definito la legge una “tortura”. “L’obiettivo è rompere lo spirito di [lotta] di un prigioniero in sciopero della fame – si legge in una nota pubblicata ieri dal gruppo – lo Stato d’Israele ha numerose alternative per prevenire gli scioperi della fame: ad esempio può fermare le pratiche di arresto senza accuse [detenzione amministrativa, ndr] e migliorare le condizioni dei prigionieri palestinesi. Ma Israele ha scelto il sentiero criminale che causa una flagrante violazione dell’etica medica e della legge internazionale”. Una portavoce di Adalah ha ieri rivelato al quotidiano The Times of Israel che l’associazione presenterà all’Alta Corte suprema una petizione per fermare la legge.
Nettamente contrario all’applicazione della legge è Avinoam Reches, ex capo dell’Istituto di Etica dell’Associazione medica israeliana (Ima). Reches ha parlato di proposta “folle” e ha informato la commissione governativa che ogni dottore che sarà costretto ad alimentare un prigioniero sarà convocato dalla corte etica medica israeliana. Da quando la proposta di legge è stata introdotta, l’Ima ha presentato vari rapporti che definiscono la pratica, in base ai criteri delle Nazioni Unite, “crudele e una forma umiliante di tortura”. A Reches ha fatto eco il capo dell’Ima, il Dottor Leonid Eidelman che ha promesso che farà “tutto il possibile per ostacolare la pratica della nutrizione forzata”. Lo scorso mese Eidelman aveva scritto ai ministri Erdan e a quello della giustizia Shaked spiegando che ai dottori è proibito violare la loro etica che sarebbe intaccata se eseguissero questa disposizione.
Migliaia di prigionieri palestinesi hanno iniziato lo sciopero della fame per chiedere la loro liberazione o per protestare contro la pratica della detenzione amministrativa, contro processi ingiusti, contro l’uso della tortura durante gli interrogati, ma anche nel tentativo di ricevere le visite dei familiari. Secondo Randa Wahbe, portavoce per l’organizzazione in sostegno ai prigionieri palestinesi, anche richieste elementari come l’accesso a libri e ricevere vestiti regolarmente sono state raggiunte grazie allo sciopero delle fame. “Per questo motivo, sottolinea Wahbe, il governo israeliano vuole reprimere questa forma di resistenza all’interno delle prigioni”.
Tra i prigionieri palestinesi spicca il caso di Khader Adnan, un attivista della Jihad Islamica, che è stato in sciopero della fame per 66 giorni nel dicembre 2011. Rilasciato dalle autorità israeliane, è stato arrestato per la decima volta nel giugno del 2014. Lo scorso 12 luglio è stato liberato dopo aver compiuto un nuovo sciopero della fame durato 55 giorni.
Ma Adnan è solo il caso palestinese più noto di detenzione amministrativa. Un recente articolo del quotidiano israeliano Haaretz ha rivelato come il numero dei palestinesi che subiscono questa pratica sia raddoppiato nel giro di un anno e abbia raggiunto ormai quota 391. L’aumento è stato causato dalla decisione del Procuratore generale militare di abbassare i requisiti per arrestare le persone coinvolte in atti di terrorismo. I palestinesi in detenzione amministrativa erano diminuto significativamente negli ultimi anni: dai 1.000 del 2003 (all’apice cioè della seconda Intifada) si era passati ai 191 del maggio 2014, prima cioè del rapimento e uccisione dei tre coloni israeliani (e della seguente operazione israeliana “Margine protettivo” nella Striscia di Gaza).
Che la situazione all’interno della carceri israeliane sia difficilissima è dimostrato dalla rivolta in corso nelle prigioni di Nafha e Ramon (nel sud d’Israele) dove i prigionieri palestinesi hanno iniziato la disobbedienza civile come forma di protesta contro le misure repressive applicate contro di loro dalle autorità israeliane. Il leader di sinistra Ahmad Sa’adat (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) ha affermato ieri per bocca del suo avvocato che i prigionieri hanno dato fuoco alle stanze a Nafha in risposta ad un violento raid compiuto nella tarda notte di lunedì dall’unità israeliana Metzada. Lo stesso Sa’adat sarebbe stato duramente picchiato nel corso delle operazioni delle forze di sicurezza israeliane. Come forma di punizione per l’iniziativa dei prigionieri, Tel Aviv avrebbero messo in isolamento i detenuti.
Situazione tesissima anche nel carcere Ramon. Il Circolo dei prigionieri palestinesi sostiene che sette sezioni della prigione sono state chiuse per protestare contro i raid compiuti da Israele nel carcere di Nafha. Issa Qaraqe, il ministro palestinese per gli affari dei prigionieri, ha descritto le condizioni delle carceri di Nafha, Ramon, Eshel e Ofer, come difficili e molto tese. Nena News
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