Dure condanne a Milano per il corteo NoGelmini dell’8 Ottobre 2010
4 anni. Questa la pena massima inflitta venerdì 15 Gennaio in uno degli svariati processi in corso a Milano contro le realtà di movimento.
Le condanne per i cinque imputati sono state di: 4 anni per due attivisti, 3 per uno, 1 anno e 6 mesi per un altro e infine un anno per il quinto.
Due degli imputati sono già soggetti a pesanti misure restrittive. Uno è detenuto in carcere per i fatti del Primo Maggio mentre il secondo è ai domiciliari per il sabotaggio ai cantieri del TAV della notte del 13 Maggio 2013.
Il processo riguardava una vicenda di ormai quasi 6 anni fa.
Si era nell’Autunno 2010 e anche Milano stava vivendo quella che si potrebbe definire l’Onda Due, ovvero il secondo movimento universitario (dopo quello più grosso dell’Autunno 2008) contro le riforme della Gelmini, all’epoca Ministro dell’Istruzione del Governo Berlusconi.
In poche settimane quel movimento avrebbe assunto caratteri più generali e sarebbe stato protagonista della rivolta di Piazza del Popolo a Roma, il 14 Dicembre 2010, nel giorno in cui Berlusconi garantiva altri mesi di agonia al suo governo comprandosi allegramente il voto di alcuni parlamentari.
L’8 Ottobre si era dunque all’inzio di un Autunno socialmente molto vivo e a Milano sfilò un imponente corteo fortemente caratterizzato dalla presenza degli studenti medi. Una parte sfilò fino al Provveditorato agli Studi di Via Ripamonti. Una parte raggiunse l’Università Statale per svolgere un’assemblea nel chiostro centrale.
Ci furono alcuni momenti di tensione sia vicino alla Torre Velasca, dove le Forze dell’Ordine avevano bloccato il corteo che all’interno dell’Università.
Nulla che però facesse presagire condanne del genere.
Il fatto che momenti di conflittualità sociale vengano derubricati in episodi criminali fa riflettere.
Ancor più fa riflettere il fatto che episodi che hanno visto coinvolte centinaia di persone vengano ricondotti a pochi singoli usati un po’ come “capri espiatori”.
Prosegue dunque la spirale d’inasprimento repressivo seguita al Primo Maggio 2015.
Processi fermi da mesi (se non da anni) fissati con solerzia con cadenze ravvicinate.
Condanne elevate.
Contestazione dell’ormai “famigerato” articolo 419 del Codice Penale: devastazione e saccheggio.
Uno scenario da continuare a monitorare con attenzione.