Siria, momenti decisivi

Sono ore decisive e delicate per la “crisi” siriana, o meglio, per la feroce repressione che si è abbattuta sul popolo siriano da ormai 10 lunghi mesi, causando più di 7500 morti, circa 18.000 arresti, e un numero imprecisato di sparizioni, abusi, torture.
La violenza non ha risparmiato donne e bambini civili, mentre il regime di Assad e i suoi sostenitori non fanno che ripetere che “la maggior parte delle vittime sono militari”, cercando di portare l’opinione pubblica a pensare che si tratti di un conflitto interno tra forze militari “ufficiali” e “dissidenti”.
La posizione della comunità internazionale è stata in questi mesi poco chiara: dopo tante negoziazioni, si era giunti dopo Natale ad accordare con il regime siriano una visita di ispettori internazionali della Lega Araba; visita che, proprio perché accordata con il governo, non ha sortito alcun effetto. Gli osservatori sono stati addirittura coinvolti in ripetuti attacchi armati da parte delle forze governative, e su di esse è calato il silenzio. Significativa è stata la testimonianza di un ex membro della missione, che ne ha svelato, per chi non se ne fosse accorto, la completa inutilità.
Lo scorso fine settimana si è votato in seno alle Nazioni Unite una proposta di sanzioni e di dimissioni immediate del governo siriano, a cui Cina e Russia, storici “alleati” del paese, hanno posto il veto. Contrari, dunque, ad un intervento “di forza” sul governo per cambiare il regime e fermare le violenze. Cina e Russia, come i sostenitori di Assad, ritengono che le potenze occidentali, USA in testa, vogliano approfittare di questo momento di debolezza istituzionale del regime per toglierlo di mezzo e favorire l’ascesa di un loro, ipotetico, alleato.
Purtroppo la questione è spinosa e intanto la popolazione siriana continua a morire in modo atroce, come testimoniano due video di questa mattina (di Al Jazeera :  http://www.aljazeera.com/news/middleeast/2012/02/20122614732355122.html e di Associated Press  http://www.sirialibano.com/siria-2/homs-scene-di-un-bombardamento.html ).
Anche sul web e nel mondo delle persone interessate a Medio Oriente, ci si spacca tra “complottisti” (favorevoli di fatto al regime di Assad, o meglio, contrari ad un intervento straniero come Russia e Cina), e contrari al regime (che ne chiedono soltanto le dimissioni, preoccupati delle violenze subite dalla popolazione).
Ad entrambi trovo che manchi un pezzo: coloro che si professano contrari ad un intervento straniero tendono a negare la crudeltà di ciò che sta accadendo, imputandolo ad una montatura occidentale anti-Assad.
Coloro che chiedono le dimissioni del regime non si pongono, a mio avviso, la domanda del “cosa accadrà dopo?”: non si chiedono quale possa essere l’effetto dell’abbandono repentino del potere ad un regime che da decenni governa con il pugno di ferro un paese, peraltro nelle mire strategiche delle potenze occidentali, e non si domandano, al di là della necessità di messa in salvo della popolazione civile, che condivido a pieno, quale possa essere la modalità, se c’è ne fosse una, per evitare che il paese piombi ulteriormente nel caos.
Sono ore decisive, si continua a morire, e, come nei copioni già visti del Medio Oriente (e non solo) l’unico dibattito pubblico è quello del “o con Assad o contro Assad”.

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