35.000 in corteo contro la miniera di carbone nella “battaglia” di Lützerath

Sono diventare virali sui social le immagini della Polizia antisommossa tedesca impantanata nel fango della spiantata di Lützerath durante un  tentativo di carica contro attiviste e attivisti ambientalisti che lottano contro la riapertura di una gigantesca miniera di carbone. Immagini viste e riviste milioni di volte su smartphone e computer, spesso accompagnate da colonne sonore improvvisate (e deridenti) come quella di Benny Hill o della Stangata. Niente di più simbolico e allo stesso tempo incredibilmente concreto nel palesare come, a volte, sia la natura stessa a porre dei limiti all’arroganza del potere.

Ci eravamo lasciati l’11 gennaio con un dettagliato reportage di Cecilia Fiacco sull’inizio delle operazioni di sgombero, al fine di riaprire una miniera di carbone lì collocata, da parte di un gigantesco dispiegamento di forze dell’ordine del villaggio di Lützerath nella regione tedesca del Nord Reno-Westfalia, che è ormai diventato un vero e proprio simbolo della lotta ambientalista a livello mondiale. Un’operazione di sgombero che, seppur condotta senza andare troppo per il sottile procedeva con enormi difficoltà.

Scriveva Cecilia:

“Ma Lützi è veramente diventata un simbolo della guerra ai combustibili fossili, supportato da movimenti ambientalisti di tutto il mondo. Inoltre è legato a realtà ambientaliste del sud globale del mondo, come STOP EACOP in Uganda. Ed è soprattutto l’esempio tangibile di una società diversa dal sistema estrattivo capitalista. Le circa 100 persone che vivono ed occupano a Lützi sono completamente autosufficienti. Dopo che RWE ha tagliato la corrente alla fine del 2022, il villaggio si sostiene esclusivamente con l’energia  solare. Anche la stragrande maggioranza del cibo è cresciuto autonomamente, anche grazie all’aiuto dei contadini nei villaggi vicini. I giorni prima dell’inizio dello sgombero da parte delle Forze dell’Ordine  (che si stimano essere più di 6.000 e chiamati da 14 regioni tedesche) sono frenetici. Le migliaia di attivisti e attiviste a Lützi costruiscono barricate con ogni materiale disponibile e si preparano a barricarsi nelle strutture, mentre altre centinaia si legano alle piattaforme sopraelevate ad almeno quattro metri d’altezza”.

Nella giornata di sabato 14 gennaio migliaia di persone hanno raggiunto la zona per un corteo solidale con coloro che ancora resistevano all’interno del perimetro obiettivo dello sgombero. Le dimensioni della mobilitazione hanno stupito gli stessi apparati repressivi tedeschi che, a quanto si apprende, si aspettavano meno di 10.000 persone quando in realtà se ne sono presentate più di 35.000.

Presente anche Greta Thunberg, che si è espressa in modo molto chiaro contro il governo rosso-verde che in questo momento guida la Germania:

“Gli accordi con il colosso energetico Rwe – proprietario della miniera – dimostra quali siano realmente le loro priorità. Voi siete la dimostrazione che i cambiamenti non arriveranno da chi sta al potere, dai governi o dalle imprese, dai cosiddetti leader. No, i leader sono qui, sono le persone che da anni difendono Lützerath. I veri leader siete voi!”

 

Va ricordato infatti che in questo momento il governo tedesco è guidato da una coalizione formata dall’SPD (25,7% alle elezioni del 2021) e dai Verdi (14,8%). E proprio contro i Verdi che, come spesso capita alla sinistra istituzionale europea, una volta al governo si stanno dimostrando più realisti del re, si sono levati gli strali dei manifestanti presenti a Lützi per la sciagurata decisione di riprendere a utilizzare in modo massiccio il carbone. Nonostante la spasmodica attenzione dei media mainstream per le “violenze” dei manifestanti (G20 Amburgo 2017 docet) e gli squallidi tentativi dei governanti tedeschi di liquidare le giornate di lotte come un evento minoritario, si è trattato di uno dei più grandi esempi di resistenza ambientale degli ultimi anni in Europa. Tanto è vero che nelle fasce giovanili dell’elettorato verde il discredito nei confronti di Annalena Baerbock e soci è ai massimi livelli.

La giornata del 14 gennaio ha visto, per chi l’ha vissuta, una dinamica molto simile a quella della “battaglia” di Venaus in Val di Susa dell’8 dicembre 2005, con un corteo di migliaia di persone che ha deviato dal percorso autorizzato e, seguendo sentieri secondari, è riuscito ad aggirare i blocchi militarizzati della Polizia raggiungendo di fatto l’obiettivo finale, la miniera. Lo sgombero, che è durato ben cinque giorni, si è concluso nella giornata di ieri quando gli ultimi/e attivisti/e hanno lasciato i rifugi all’interno del perimetro militarizzato.

Dato importante delle giornate di resistenza di Lützerath è la messa in campo pratiche di lotta molto diversificate tra loro, capaci di convivere e comunicare l’una con l’altra. Vedremo se anche questa dinamica farà scuola in Europa.

*foto da Fridays for Future Deutschland 

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