17 Novembre. Giornata di diritto alla studio. “Saperi e Cultura vs Crisi”
Video della carica del \’\’Fatto\’\’
Sono passati ormai più di sessant’anni da quando durante una manifestazione in Cecoslovacchia uno studente morì e altri furono deportati nei Lager nazisti.
Circa quarant’anni fa, invece, un carroarmato si scagliò contro gli studenti che protestavano contro la Dittatura dei Colonnelli ad Atene.
Il 17 Novembre è ormai una data ufficiale. E’ la giornata del diritto allo studio.
Oggi come ieri gli studenti sono scesi in piazza per rivendicare ciò che spetta loro di diritto.
La fase storico – economica che ha fatto da sfondo a questa giornata è, inutile dirlo, davvero singolare. A livello globale, infatti, ci troviamo nel bel mezzo di una crisi economico – finanziaria che non ha precedenti. Il sistema capitalista è al collasso. Gli Stati Uniti così come l’ Europa stanno tentando di salvare con ogni mezzo la bolla creata dalle banche e da un sistema non più sostenibile che per sopravvivere sta ricorrendo a scellerate misure di privatizzazione e liberalizzazione che colpiscono lo stato sociale (tagliando i fondi all’istruzione, privatizzando beni comuni e servizi pubblici), il lavoro (la famosa flessibilità attuta da anni non è altro che una precarietà diffusa che uccide i diritti acquisiti in anni di lotte, riduce letteralmente alla fame le persone e permette a capi e datori di lavoro ingiustificati licenziamenti), e tutti i settori che ci riguardano da vicino e che se gestiti mettendo al centro la persona e non la finanza, forse riusciremmo tutti ad ottenere maggior benessere e un’esistenza più stabile.
A Milano l’appuntamento dato era in Piazza Cairoli alle 9.30. Lì si sono riuniti studenti universitari e delle scuole superiori arrivati tutti e tutte dalle rispettive sedi. C’ è chi infatti si è dato un pre – appuntamento, come le scuole di Lambrate, che hanno fatto un corteo numerosissimo che ha bloccato corso Buenos Aires sanzionando banche e scandendo slogan contro BCE e contro il Governo dei banchieri, o come il Collettivo Lab Out che è partito dall’Università Statale…
Per gli studenti e le studentesse del capoluogo Lombardo la data di oggi è occasione per ribadire i motivi di una lotta che dura da anni e anni, passando dalla riforma Moratti a quella Gelmini, sino ad oggi, dove non sono più in ballo solo le rivendicazioni come studenti, ma come cittadini dell’Italia, dell’Europa e del Mondo. Non solo infatti la scuola pubblica deve far a meno dei soldi statali e ripiegare su intervento di associazioni e cooperative per sopperire alla mancanza di personale qualificato per l’insegnamento dell’Italiano come L2 o per il sostegno ai disabili. Non solo i genitori delle scuole elementari devono far colletta per comprare i gessi. Non solo le scuole superiori cambiano un docente ogni anno e non hanno laboratori funzionanti, o curricula completi da seguire. E ancora, non solo molti dottorati di ricerca non esistono più, molti dottorandi devono vivere con dei premi irrisori e molte università non riescono a rientrare nelle spese.
No. Non solo questo. Oggi gli studenti temono soprattutto per il loro futuro. Un futuro che non è garantito, un avvenire di precariato, dove parole come “tredicesima”, “ferie”, “maternità” e “indennità per malattia”, spariranno anche dal vocabolario oltre che nella realtà, come già è accaduto.
Hanno quindi deciso che avrebbero manifestato il loro dissenso alle misure che si stanno prendendo globalmente per salvare la finanza e chi ha creato questo debito.
Hanno deciso che sarebbero andati ad urlarlo sotto l’ufficio del nuovo Primo inistro Monti, un primo ministro banchiere che tanto piace alle consorterie finanziarie, ma che raccoglie così poco consenso da chi questa crisi la deve pagare davvero.
Gli studenti di Rete studenti e Lab Out hanno detto che l’avrebbero fatto. E così è stato.
Si sono diretti verso la Bocconi, sede dell’ufficio di Monti.
Tuttavia la loro convinzione è stata bloccata da pesanti cariche delle forze dell’ordine da cui i ragazzi si sono protetti con gli ormai famigerati Book Blocks.
La carica è stata retta con lanci di uova e fumogeni, ma la determinazione e aggressività della polizia armata di scudi e manganello, ha avuto la meglio e il corteo, dopo aver urlato il proprio disprezzo al nuovo governo che tutto farà meno che salvaguardare il benessere delle persone, ha confluito in Piazza Fontana.
Quello che è sicuro è che non è finita qui. Riprendersi il futuro e non voler pagare la crisi non sono più solo parole d’ordine, ma è quello che verrà fatto.
Non interessano le non soluzioni italiane date dai soliti governi tecnici che soprassiedono a proteste e non si curano di quello che sta a cuore alla gente.
Ci saranno altre giornate, ci saranno altre occasioni e altre proteste. Non è una minaccia, è una promessa.
*Foto di Luca Profenna
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